Prima vera star del Giffoni Film Festival, Edward Norton è approdato in quel di Valle Piana con tanto di cappellino, dopo una piccola vacanza in Sardegna. "Ma è molto meglio la Costiera amalfitana", si affretta a dire, mentre definisce il festival "una cosa grandiosa: ho incontrato ragazzi provenienti da paesi lontani e diversi, dalla Georgia come dall'Africa. Mi incuriosisce molto il rapporto che hanno i ragazzi oggi con il cinema, perché ne hanno accesso in una maniera molto diversa rispetto a quanto ne avessi io durante la mia adolescenza. Oggi possono chattare, scambiarsi opinioni su Internet, anche su film che magari non sono riusciti a vedere, semplicemente perché le pellicole non sono arrivate nei loro Paesi". Occhi di ghiaccio, carattere schivo, l'anti-divo di Fight Club risponde a fatica alle domande della stampa, mentre con i ragazzi si spreca in un fiume di parole e consigli su come diventare grandi. E nel frattempo, spiega come mai sono anni che aspettiamo di rivederlo sugli schermi in ruoli di spessore, come quelli che gli sono valsi critiche positive e l'inserimento ideale nella rosa dei migliori attori di Hollywood: "A volte è necessario prendere una pausa, fermarsi e intanto lavorare su altre cose, più stimolanti".
Le proposte di cinema che le sono arrivate negli ultimi anni, Fratelli in erba a parte, non la stimolavano abbastanza?
E' difficile fare due film all'anno e farli bene: vedere un attore troppo spesso sullo schermo rischia di far perdere lo stupore al pubblico. Se vedi sempre la stessa faccia ti ci abitui, ti stanca anche, di sicuro non resti più scioccato. Per questo ammiro persone come Dustin Hoffman, che ha sempre avuto il coraggio di fare un passo indietro e accettare quei ruoli che riuscissero a stupire.
Non è stata una pausa di inattività, tutt'altro: ho scritto una miniserie per HBO, e intanto recitato con Wes Anderson sul set di Moonrise Kingdom, insieme a Bruce Willis e Bill Murray. In più ho prodotto una serie con il mio amico Brad Pitt, di cui parlavamo già ai tempi di Fight Club, dal titolo Undaunted Courage. E' incentrata sul viaggio degli esploratori Lewis e Clark nella natura selvaggia dell'America del Nord: furono i primi a percorrere l'America coast to coast, una storia incredibile che a me e a Brad appassionava moltissimo.
La regola di vita che si è dato per diventare la persona che è ora?
Non avere regole: se fai un lavoro creativo, al di là di quale tipologia sia, e qualcuno viene a dirti che ci sono delle regole da seguire, meglio non ascoltarlo.
Bisogna anche studiare, certo, leggere tanto, quanto più possibile, e guardare film che facciano crescere. Perfino un divo "cool" come Johnny Depp non fa altro che leggere libri su libri, è evidente che sia l'unico modo per crescere come artisti e come creativi. E poi, come dicevo, vedere film di spessore che possano arricchirti, come Amarcord di Federico Fellini, che ha influenzato e cambiato tutti i più grandi autori, da Martin Scorsese a Woody Allen, un film fondamentale per costruirsi una cultura cinematografica. Io ho amato tanto anche Tampopo, un film giapponese di Juzo Itami, e Harold e Maude di Hal Ashby.
La sua interpretazione in Fight Club l'ha reso famoso: com'è lavorare con registi come David Fincher?
Fantastico, ci siamo divertiti molto. Un altro regista con cui mi ha fatto piacere lavorare è Spike Lee, che in pubblico dice cose forti e provocatorie, ma nel privato ha la stessa passione e compassione che si coglie nei suoi film, ha sempre grande comprensione per ogni singola persona e categoria, mi piacerebbe tornare a lavorare con lui.