Recensione Resident Evil: Extinction (2007)

Non più spazi claustrofobici e limitati come campo d'azione, bensì ampi paesaggi, coraggiosamente filmati in pieno giorno. Nel complesso, tuttavia, questo terzo capitolo ha ben poco di diverso dagli altri zombie-movie sfornati negli ultimi tempi.

Dopo l'apocalisse, l'estinzione

Con questo Resident Evil: Extinction, si chiude (forse) la fortunata trilogia di Resident Evil, formata da pellicole di grande successo internazionale che hanno letteralmente conquistato il mercato dell'entertainment. L'intento esplicito del regista Russell Mulcahy, era quello di creare una storia originale che si svolgesse in un mondo che gli appassionati del videogioco potessero riconoscere già dalle prime inquadrature. D'altro canto, sono stati inseriti anche degli elementi "sorpresa" che vanno in direzioni diverse rispetto alla strada già nota, di modo che non fossero scontati la sorte dei personaggi e gli accadimenti in generale. A detta degli appassionati più incalliti però, queste incongruenze sono un po' troppe, e il risultato finale non è del tutto convincente.

E' la fine del mondo. Il virus T, progettato dalla Umbrella Corporation, ha distrutto l'intera umanità che ora ha assunto le sembianze di affamati carnivori senza coscienza: i non-morti. Il pianeta si è prosciugato, ridotto ad un cumulo di erbacce secche: il deserto si è ripreso tutto quello che era suo. Un gruppo di sopravvissuti, scampati all'epidemia, si è riunito e organizzato; al suo interno ritroviamo volti noti del secondo capitolo, come Carlos Olivera e L. J. che, assieme a nuovi protagonisti -Claire, K. Mart e l'infermiera Betty - cercano altri sopravvissuti non infetti, attraversando le autostrade del deserto in un convoglio armato. I viveri scarseggiano e il petrolio non è più sufficiente: l'unica speranza di sfuggire ai non-morti resta l'Alaska. Parallelamente, nascosti sotto terra, all'interno di una stazione radio del Nevada, ci sono gli eleganti uffici della Umbrella Corporation, al riparo da tutto e da tutti. In questo freddo e anomalo ambiente il Dottor Isaacs prosegue i suoi esprimenti, costantemente alla ricerca dell'unica persona fondamentale per trovare una cura, nonché dell'unico e reale risultato di tutti gli esperimenti della Umbrella: Alice.

Contrariamente a Resident Evil: Apocalypse - che iniziava proprio dove il primo capitolo finiva, snocciolando tutti i perché e i per come - questo Extinction prende vita tre anni dopo la fine del secondo film e, in questo lasso di tempo, si perde qualcosa e qualcuno per strada, lasciando non pochi dubbi allo spettatore: dove è finita la figlia dello scienziato Ashford? E la poliziotta tutta botte e niente distintivo Jill Valentine? Detto questo bisogna comunque riconoscere che, di questi smarriti personaggi, lo spettatore si dimentica molto presto, sbattuto e presto conquistato, dagli eventi. Per dirla tutta, il merito, è di colei che tiene elegantemente le redini della situazione, ovvero l'instancabile Milla Jovovich, sempre più convincente e accattivante nei panni della guerriera Alice. Potremmo restare incollati allo schermo per ore, ad ammirare soltanto lei, la sua implacabile furia e le sue convincenti performance durante i combattimenti.

Come già detto, forte è lo stacco tra questo ultimo capitolo e i due precedenti, sia a livello visivo, che negli intenti. Nel tracciare una sorta di marcata differenziazione, è stata caratterizzante la scelta di un'ambientazione fortemente futuristica e allarmante, che richiama alla mente paesaggi tipici dei film western e dei post- apocalittici. Non più spazi claustrofobici e limitati come campo d'azione, bensì ampi paesaggi, coraggiosamente filmati in pieno giorno. Tuttavia, nonostante gli evidenti sforzi, questo terzo capitolo non ha nulla di diverso dagli altri zombie-movie sfornati negli ultimi tempi: questa fabbricazione in serie di prodotti, un po' tutti uguali, rischia davvero di stancare, peccato.

Tutto sommato la pellicola fa il suo dovere e intrattiene piacevolmente, soprattutto se si è amanti del genere. Assolutamente da non perdere le due citazioni presenti nel film, ispirate a due grandi maestri del cinema. Una perché molto ben realizzata (il violento attacco dei corvi infetti, che va ad omaggiare il grande Alfred Hitchcock) e l'altra perché molto mal riuscita, quasi inserita a forza (il tentato approccio educativo del dottor Isaacs verso un non-morto, che intende omaggiare l'unico e indiscusso papà di tutti gli zombie, George A. Romero).