Per la Disney il 2023 è un anno particolare: ricorrono infatti i 100 anni dalla fondazione dell'azienda di Burbank da parte di Walt Disney e suo fratello Roy O. Disney. Purtroppo, però, i festeggiamenti di un traguardo così importante per una delle company più redditizie del mondo dell'intrattenimento sono stati oscurati da una crisi evidente della multinazionale stessa, culmine di un processo iniziato qualche anno fa e che ha visto un'inflessione notevole con l'avvento della pandemia, quando la Disney è stata sotto la direzione di Bob Chapek, in particolare dal 2020 al 2022.
Detto questo, è chiaro che il ritorno di Bob Iger al timone di questa complessa macchina economica (dopo una gestione pluriennale dal 2005 al 2020) non sembra aver cambiato le cose e recentemente Iger si è trovato costretto ad ammettere una serie di errori strategici dell'azienda. C'è qualcosa di più dietro queste ammissioni pubbliche o si tratta solo di manovre strategiche per gettare fumo negli occhi agli investitori e al pubblico? Proviamo a scoprirlo con un'analisi dedicata.
Crisi nera per la Casa di Topolino
Prima di analizzare puntualmente ogni dettaglio di questa storia, è necessario capire quale portata abbia questa crisi che la Disney sta affrontando. Come molte altre aziende, è assolutamente normale e fisiologico che la Casa di Topolino abbia subìto direttamente i danni economici che il Coronavirus ha generato, colpendo, con diverse misure, non solo il settore cinematografico e seriale, ma anche altri campi. Tra film rimandati, riprese congelate e case di produzione smantellate, lo scenario generale è stato catastrofico anche se, apparentemente, la percezione generale ha visto la Disney riuscire, più o meno, a sostenere questa situazione anche considerando le sue robuste fondamenta. Delle radici che però, passo dopo passo, si stanno disgregando sempre di più: con i bilanci aggiornati in mano, è proprio adesso che il contraccolpo economico della pandemia si sta facendo più forte (come testimoniano molti cambi dirigenziali e licenziamenti massicci, con alcune divisioni aziendali accorpate), mentre sempre più voci di corridoio gridano ad una possibile acquisizione dell'azienda californiana da parte di Apple.
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La caduta durante lo sciopero
Dopo il Covid, un altro scossone potente e imprevedibile ha colpito il mondo dell'intrattenimento ed in particolare l'industria dei sogni americana, Hollywood: a maggio 2023, infatti, sono cominciati gli scioperi degli sceneggiatori facenti parte del sindacato WGA, seguiti, successivamente, a luglio, da proteste diffuse anche per gli attori del sindacato SAG-AFTRA. In questi mesi di trattative (che si sono concluse da poco tempo per ambo gli schieramenti), le richieste erano improntate su un migliore salario, maggiori garanzie contrattuali nonché una presa di posizione forte nei confronti delle intelligenze artificiali che stanno minando da un lato il lavoro creativo degli sceneggiatori, mentre dall'altro rischiano di sostituire progressivamente gli interpreti stessi, derubati della propria immagine. In questo caos, proprio Bob Iger si è lasciato andare ad affermazioni decisamente fuori luogo che hanno scatenato ancora di più le ire delle rappresentanze in campo: pur riconoscendo l'esigenza di una ristrutturazione legislativa, l'AD di Disney ha definito le loro richieste, senza mezzi termini, "irrealistiche", "aggiungendo dei problemi alle sfide che stiamo già affrontando, situazione che, francamente, è davvero dannosa".
Dopo il crollo, la deresponsabilizzazione
Uno scivolone, quello di Iger, che ha avuto una risonanza enorme, ma che sembra abbia portato, indirettamente, ad una presa di posizione più netta riguardo la crisi Disney. Guarda caso, infatti, dal momento in cui le sue parole hanno alimentato contro risposte piccate, il manager ha iniziato a "ripulire" parzialmente la sua immagine, iniziando ad essere più onesto e trasparente agli occhi degli altri. Oltre a mettersi in prima linea, come era scontato, Iger ha però ritenuto fondamentale deresponsabilizzarsi, almeno un po', dichiarando, ad inizio dicembre, di essere molto rammaricato dalla gestione Chapek, in quando, a detta sua, ha perso l'obiettivo aziendale principale, fossilizzandosi più sui messaggi positivi che sulla reale concretezza. Un modo sottile per dire che il suo predecessore non ha avuto abbastanza polso, senza però spendere nemmeno una parola sulla difficile situazione che comunque Bob Chapek ha dovuto superare, indipendentemente dalla sua risposta streaming che si è rivelata controproducente.
Metterci la faccia
Se spostare l'attenzione su un altro era una mossa da mettere in conto con tutta certezza proprio perché la più scontata e facile, non era per nulla leggibile il mea culpa martellante di Iger che, da qualche giorno, ha iniziato a riempire i siti d'intrattenimento di tutto il mondo. Se, di fronte alle performance economiche negative di The Marvels, il manager si è limitato a sottolineare la necessità di un maggiore controllo qualitativo da parte dei dirigenti (a discapito della quantità di prodotti rilasciati, ovviamente), sono state decisamente più tangibili le sue affermazioni riguardo il fallimento dei sequel nell'universo Disney. In quest'ottica, l'Amministratore delegato ha messo in evidenza che la company continuerà a produrre seguiti, ma solo nel momento in cui ci siano storie "degne di essere raccontate" con la possibilità di avere più "storie in grado di funzionare anche come film a sé e non esclusivamente come continuazione". Tutte parole da non prendere sottogamba perché sottintendono, in realtà, un possibile cambio di rotta dell'azienda.
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Un primo passo significativo
Mentre non abbiamo la certezza matematica che tali dichiarazioni di Iger siano solo degli specchietti per le allodole per salvare temporaneamente l'integrità della company, è pur vero che assumersi tutti i rischi del caso e spostare l'attenzione su di sé porta una serie di problemi strutturali per nulla semplici da gestire perché, in questo modo, sia gli investitori che il pubblico iniziano a credere in un possibile cambiamento de La Casa di Topolino. Per carità, sappiamo bene come la retorica e le false speranze continuino ad essere dei motori molto potenti in qualsiasi ambito, ma già il fatto stesso di ammettere le fragilità e gli errori di un'azienda può essere un buon punto di partenza per un rinnovamento. Un'ipotetica trasformazione che, difficilmente, vedremo in tempi brevi, considerando che ora dovranno arrivare sul mercato tutti quei prodotti che, inevitabilmente, hanno rallentato la propria corsa in sala o in streaming, ma che potremmo vedere attuata nel 2026, quando Iger lascerà definitivamente la sua carica dirigenziale.