David Cronenberg: i suoi migliori film, fra body horror e storie di violenza

David Cronenberg festeggia 80 anni e una carriera che lo ha consacrato fra i più originali cineasti di sempre: da Videodrome a Inseparabili, ripercorriamo i suoi grandi film.

David Cronenberg: i suoi migliori film, fra body horror e storie di violenza

Io considero i film horror come arte, come film sul confronto. Sono film che ti mettono a confronto con alcuni aspetti della tua vita che sono difficili da affrontare.

È il nome a cui è ricollegato per antonomasia il concetto stesso di body horror: quel filone di cui David Cronenberg è stato, se non il padre fondatore, senz'altro l'esponente di maggior rilievo, colui che ne ha esplorato appieno le potenzialità e le declinazioni. Eppure, al di là dell'immediatezza delle 'etichette', sarebbe limitante ridurre a questo il cinema del regista canadese: un cinema che, a partire dai B-movie della seconda metà degli anni Settanta, ha adoperato - e spesso rinnovato - i codici dell'horror per mettere in scena le inquietudini e le ossessioni dell'essere umano, i suoi lati oscuri e i suoi abissi insondabili. E dall'essere umano, lo sguardo di Cronenberg è andato allargandosi alla società nel suo complesso: i tabù, il rimosso che lotta per riaffiorare in superficie, l'angoscioso connubio fra mostruosità ed eros.

David Cronenberg
Un primo piano di David Cronenberg

Nato a Toronto il 15 marzo 1943, fin dai suoi primi passi nell'industria David Cronenberg ha provveduto a definire una cifra stilistica ben precisa: una cifra rielaborata di volta in volta, in parallelo con le evoluzioni della sua filmografia e con i soggetti alla base di ogni singola opera. Tuttavia, il marchio del cineasta canadese è diventato inconfondibile: il suo approccio alla narrazione non offre mai facili appigli allo spettatore, ma al contrario gioca con le ambiguità morali, le pulsioni inconfessabili e le paure senza nome. Ricompensato con il Leone d'Oro alla carriera al Festival di Venezia 2018, un anno fa Cronenberg è tornato alla regia, dopo quasi otto anni di assenza dal set, con Crimes of the Future, riproponendo alcuni elementi-cardine della sua poetica, mentre in questi giorni dovrebbero avere inizio le riprese del suo nuovo lavoro, The Shrouds. Nell'attesa, celebriamo gli ottant'anni di David Cronenberg con una rassegna in ordine cronologico di alcuni tra i migliori film (nonché i più rappresentativi) di un percorso artistico che non avrebbe potuto essere più audace e conturbante.

1. Videodrome

Videodrome 1983
Videodrome: James Woods e Debbie Harry

Quando dirige Videodrome, nel 1983, David Cronenberg può già vantare altri cinque lungometraggi, incluso Scanners, che lo hanno reso uno dei talenti emergenti dell'horror; ma è questo film, facendo leva sulle derive più sinistre della tecnologia e della realtà mediatica del proprio tempo, a segnare una cesura nella produzione del regista canadese. Assumendo il punto di vista di Max Renn (James Woods), proprietario di una piccola emittente televisiva dai contenuti hard, Videodrome trascende i confini del genere in favore di un amalgama in cui le allucinazioni del protagonista si intrecciano a una nuova tipologia di body horror. Il risultato è un film anticipatore di temi e suggestioni di fine millennio, laddove l'assuefazione alla violenza si accompagna anche a uno spaventoso senso di fascinazione.

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2. La mosca

The Fly
La mosca: un'immagine di Jeff Goldblum

Se Videodrome, opera non del tutto compresa alla sua uscita, diventerà solo in seguito un cult-movie, nel 1986 ottiene un riscontro ben più immediato La mosca, che si attesterà di gran lunga come il maggior successo commerciale nell'intera carriera di David Cronenberg, con circa venti milioni di spettatori. Liberamente ispirato a un racconto di George Langelaan, La mosca si impone come una delle pietre miliari del body horror: la metamorfosi di Seth Brundle, lo scienziato interpretato da Jeff Goldblum, in un'orripilante creatura ibrida entrerà infatti nell'immaginario cinematografico di quegli anni. Ma se per certi aspetti l'opera rimane una fra le più 'accessibili' della filmografia di Cronenberg, dall'altro la parabola del protagonista riflette in chiave simbolica spauracchi e aberrazioni della psiche umana.

3. Inseparabili

Dead Ringers
Inseparabili: un'immagine di Jeremy Irons

Dall'orrore manifesto, che si concretizza davanti ai nostri occhi con le trasformazioni del corpo, a un orrore sommerso, che si annida invece nell'animo dei personaggi. È il salto emblematico che collega La mosca al film successivo di David Cronenberg, Inseparabili, realizzato nel 1988 sulla base di un romanzo di Bari Wood e Jack Geasland: dal cinema di genere si passa infatti al dramma psicologico, eppure i temi, le atmosfere e perfino i codici narrativi restano quelli propri del regista, benché qui vengano riadattati a una sorta di gelido, doloroso melodramma. Uno straordinario Jeremy Irons dà vita alla sua migliore performance nel duplice ruolo di Beverly ed Elliot Mantle: una coppia di gemelli, entrambi affermati ginecologici, il cui rapporto sarà messo in crisi dall'incontro con Claire Niveau (Geneviève Bujold) e dal sentimento autodistruttivo che la donna susciterà in Beverly. Da Inseparabili, fra i capolavori di Cronenberg, è stata tratta una serie televisiva con Rachel Weisz, Dead Ringers, che debutterà il mese prossimo su Prime Video.

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4. M. Butterfly

M Butterfly
M. Butterfly: John Lone e Jeremy Irons

Ed è ancora Jeremy Irons, cinque anni dopo, che torna a farsi dirigere da David Cronenberg in M. Butterfly: in apparenza uno dei suoi film più atipici, lontanissimo dagli stilemi del regista, ma intimamente correlato all'indagine sull'identità, sul corpo e sul concetto di illusione insito nelle passioni umane. Trasposizione del 1993 dell'omonimo dramma teatrale di David Henry Hwang, M. Butterfly è la cronaca del sentimento fra René Gallimard (Jeremy Irons), diplomatico francese nella Pechino degli anni Sessanta, e Song Liling (John Lone), cantante d'opera che saprà incarnare un irresistibile oggetto del desiderio. Tra le pellicole più sottovalutate e più belle di Cronenberg, M. Butterfly costituisce una storia d'amore tanto anomala quanto struggente, nonché una tragica riflessione sul rapporto fra la realtà e la sua rappresentazione artistica.

5. Crash

Crash
Crash: Deborah Kara Unger e James Spader

Si continua a parlare di desiderio in Crash, adattamento del romanzo di J.G. Ballard, in cui la sessualità dei protagonisti è coniugata alle pulsioni necrofile derivanti dagli incidenti d'auto. James Spader presta il volto a un produttore cinematografico chiamato proprio James Ballard, che insieme alla moglie Catherine (Deborah Kara Unger) si troverà ad esplorare un inedito senso di eccitazione legato appunto alla sinforofilia, l'ossessione erotica per i disastri, spingendo il loro rapporto in una direzione sempre più estrema. Ricompensato con il Premio della Giuria al Festival di Cannes 1996, Crash è considerato uno dei film più controversi e disturbanti nella produzione di David Cronenberg, nonché un fondamentale punto d'arrivo nel discorso legato alla contaminazione fra la biologia umana e la tecnologia.

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6. A History of Violence

A History Of Violence David Cronenberg
A History of Violence: Viggo Mortensen e Maria Bello

La violenza endemica di una nazione che tende a obliterare il proprio lato oscuro dietro l'idillio di facciata della provincia americana: è il tema al cuore di A History of Violence, tratto nel 2005 dall'omonima graphic novel di John Wagner e Vince Locke e accolto da subito da un grande consenso di critica e di pubblico. Viggo Mortensen, qui alla prima delle sue quattro collaborazioni con David Cronenberg, veste i panni di Tom Stall, benevolo padre di famiglia e gestore di un diner in una quieta cittadina dell'Indiana; ma l'improvvisa irruzione di un "fattore esterno" porterà a conseguenze sanguinarie, che faranno riemergere di colpo il passato dell'uomo. La descrizione della brutalità è condotta in maniera cruda e con le pennellate grottesche tipiche del regista, ma ancor più inquietante è il sottotesto psicologico di A History of Violence, l'allusione alla ferocia che si annida perfino nei luoghi più insospettabili.

7. Maps to the Stars

Maps To The Stars
Maps to the Stars: un'immagine di Mia Wasikowska

Penultima fatica di David Cronenberg, a cui avrebbe fatto seguito una pausa dalle scene di ben otto anni, Maps to the Stars è lo spettrale affresco di una Hollywood da incubo, dipinta dal regista canadese con toni che vanno dal thriller alla satira, passando addirittura per la ghost story. La natura vampiristica della celebrità fa da fil rouge alla narrazione corale del film, ma è solo uno degli elementi di un'opera densissima e affascinante, popolata da personaggi quanto mai ambigui: dalla diva narcisista Havana Segrand (Julianne Moore, premiata come miglior attrice al Festival di Cannes 2014) alla sua minacciosa assistente Agatha Weiss (Mia Wasikowska), dall'aspirante sceneggiatore Jerome Fontana (Robert Pattinson) all'adolescente Benjie Weiss (Evan Bird), giovanissimo e tormentato divo alle prese con le trappole della fama nell'età contemporanea.