Dario Marianelli e l'importanza di "connettere la musica a qualcosa di non musicale"

In occasione del suo compleanno, la nostra intervista esclusiva al premio Oscar Dario Marianelli.

Dario Marianelli
Dario Marianelli

È un sole che già brucia quello che si fa largo in questa mattina del 21 giugno 2020. Un solstizio d'estate diverso dal solito, certo, ma pronto anche quest'anno a celebrare la "Festa della musica". E caso volle che a nascere il 21 giugno di cinquantasette anni fa, fosse colui che con la forza empatica delle sue note musicali ha portato in alto l'Italia del cinema, fino a tenere stretto sul palco degli Academy Awards del 2008 il suo premio Oscar alla "miglior colonna sonora" per Espiazione: stiamo parlando di Dario Marianelli, pisano di nascita, ma cittadino londinese per scelta. Era il 1990 quando Dario lasciò i Lungarni affollati per ritrovarsi nel caos della metropoli inglese. Aveva un biglietto di andata in mano e il sogno di un'avventura fuori dai confini italiani.

L'opportunità di lavorare per una ditta di software musicali fu il trampolino di lancio che lo spinse a inebriarsi degli odori di una città sempre in movimento come Londra. Eppure, nei progetti iniziali di questo futuro premio Oscar non c'era spazio per il cinema. Come tutte le cose belle, l'incontro con le colonne sonore arrivò inaspettato, tra le mura di un pub, quando un regista teatrale gli propose di accompagnarlo al piano durante la sua performance. Una cosa tira l'altra e fu così che quel biglietto di ritorno per l'Italia mai comprato venne sostituito da collaborazioni con registi di fama internazionale.

Keira Knightley e  Matthew MacFadyen in Orgoglio e Pregiudizio
Keira Knightley e Matthew MacFadyen in Orgoglio e Pregiudizio

Trent'anni e un premio Oscar dopo, Dario Marianelli continua a far scorrere veloci le proprie mani sui pentagrammi, componendo alcune tra le più empatiche colonne sonore portate sul grande schermo. Da Orgoglio e Pregiudizio, a Jane Eyre, passando per Stanno tutti bene, a Bumblebee e Il pescatore di sogni, quella di Dario Marianelli è una giostra caleidoscopica di sentimenti fatti in musica. In occasione del suo cinquantasettesimo compleanno, lo abbiamo intervistato per scoprire insieme qualche chicca su Pinocchio, sul suo modus operandi e su quali siano i suoi progetti futuri.

PINOCCHIO E L'ESSENZA DELL'ESSERE TOSCANI

Pinocchio Roberto Benigni
Pinocchio: Roberto Benigni è Geppetto in una scena

Partiamo con una domanda che per quanto banale, posta nel contesto di un periodo così delicato come quello che stiamo vivendo, assume tutt'altro significato: come stai?

Dario Marianelli: Bene, grazie. Il "social distancing" lo pratico da parecchi anni, a causa del lavoro che faccio: scrivendo musica ogni giorno, da solo in una stanza di casa. In realtà ho avuto più compagnia del solito perché, con le scuole chiuse, le mie figlie sono state a casa praticamente sempre. Ho seguito, come tutti, le regole imposteci dai nostri governanti, anche se qui in Inghilterra le istruzioni, devo dire, non sono sempre state chiarissime. E, come tutti, spero che il futuro porti di meglio (e possibilmente meglio anche di quello che avevamo prima del virus, che proprio perfetto non era...)

Cosa ha significato per una mente creativa come la tua superare un periodo di isolamento forzato come quello vissuto negli ultimi mesi? Hai avuto modo di lavorare su progetti nuovi, traendo ispirazione da questo momento di sospensione della realtà?

Per me la "realtà" è sempre abbastanza sospesa... La difficoltà principale è stata la mancanza di scadenze precise: senza quelle non lavoro molto bene. Abituarsi alla scuola online. A casa insieme alla figlia più piccola (9 anni), è stato impegnativo, e non mi ha permesso grande concentrazione. Sono stato fortunato comunque, perché ho ancora del lavoro da finire che mi ha tenuto occupato, anche se disordinatamente.

Il tuo ultimo lavoro, la colonna sonora di Pinocchio, è un'opera che lascia i brividi. Adattandosi perfettamente alla colonna visiva, la tua musica è riuscita a enfatizzare ogni singolo movimento di macchina, sottolineando gli umori e i sentimenti che animano e rendono vivi i personaggi sulla scena. Come è stato lavorare con Matteo Garrone? Una volta entrato a far parte del progetto, hai avuto modo di vedere in anteprima qualche scena e su quella comporre i tuoi brani, oppure ti sei affidato completamente ai suggerimenti del regista e alla tua fantasia?

Sono contento che ti sia piaciuto. Garrone aveva già girato molte scene quando ci siamo sentiti la prima volta, e inizialmente mi aveva mandato delle fotografie di scena da cui si capivano diverse cose. L'unico suggerimento che mi aveva dato era di provare ad usare una voce. Gli ho mandato tre o quattro pezzi, scritti pensando a cosa potrebbe essere stato interessante: un paio gli sono piaciuti subito, e sono stati i punti di partenza per un percorso di esplorazione successivo.

Pinocchio al cinema, da Walt Disney a Matteo Garrone

Sei nato e cresciuto a Pisa. Cosa hai provato quando ti è stata offerta la possibilità di lavorare su un'opera come Pinocchio, non solo fortemente radicata nella sfera dell'infanzia, ma soprattutto al territorio toscano da cui provieni? Cosa significa per te l'opera di Collodi (e delle sue trasposizioni, una su tutte quella di Comencini) in termini di ricordi d'infanzia e crescita personale?

Non lo faccio spesso, ma in questo caso invece di aspettare l'offerta me la sono andata a cercare, e ho fatto sapere io a Garrone che ero interessato. Mi sembrava proprio che come toscano, ed essendo cresciuto sia col libro che con una sensibilità (parlo della "toscanità" della storia) che anche più di cent'anni dopo la pubblicazione del libro non era poi diventata così irriconoscibile, potessi essere posizionato bene, perlomeno per capire qualcosa della sensibilità della storia originale. Spinto dalla curiosità e da un certo desiderio che la storia fosse, musicalmente parlando, trattata con rispetto, mi sono messo in contatto con Garrone e gli ho detto che ero disponibile, e che sarei stato entusiasta di partecipare. Ovviamente non solo per Pinocchio, ma perché mi erano piaciuti moltissimo i lavori precedenti di Garrone, ed ero sicuro che avrebbe fatto un bel film. Il suo è un Pinocchio più dolce e generoso di quello, memorabile, birbante e stizzoso di Luigi Comencini.

Pinocchio 2
Pinocchio: Federico Ielapi con Roberto Benigni in durante una scena del film

Ad accompagnare il commovente brano "Passo Passo" nei titoli di testa di Pinocchio è la voce delicata di Petra Magoni, pisana anche lei. Come è nata questa collaborazione? Vi conoscevate già?

Ci aveva presentati Marco Filippeschi qualche anno fa, quando era sindaco di Pisa. Petra si trovava a Londra per dei concerti, ai quali purtroppo non potei andare, ma ci fu possibile incontrarsi lo stesso. Mi erano piaciute moltissimo le cose sue che avevo ascoltato; Petra ha una voce straordinaria e fantasiosa, piena di carattere e di immaginazione, e ho pensato subito a lei, quando Garrone mi ha accennato che voleva che provassi a usare una voce nella colonna sonora. Con Petra ci siamo sentiti per telefono e lei è stata subito entusiasta di lavorare con me a Pinocchio.

Ospite del cinema Arsenale di Pisa nel dicembre del 2017, il caso volle che parlasti proprio della colonna sonora di un altro Pinocchio, ossia quella composta da Fiorenzo Carpi per Luigi Comencini. Nel corso dell'incontro, rivelasti che anche i tuoi brani - un po' come succede per Carpi - non nascono come temi portanti di un solo personaggio. In effetti, a eccezione del brano "Briony" in Espiazione, o "Il gatto e la volpe" in Pinocchio, le tue composizioni più che ai personaggi, si legano a dei momenti da loro vissuti, come gli stessi titoli suggeriscono ("Leaving New York" da Stanno tutti bene - Everybody's Fine; "The War Rooms" in L'ora più buia ecc.) a tematiche portanti come "la libertà" per V per Vendetta. Cosa puoi dirci al riguardo? Come prendono vita le tue colonne sonore?

Non sono certo che i titoli dei pezzi diano moltissime informazioni sull'intento, ma hai ragione che spesso ho detto, e lo penso, che non è necessario che un tema sia legato a un personaggio in maniera univoca. Credo che la musica in un film abbia più di una funzione; connettere un tema musicale a un personaggio sembra in un certo senso sprecare altre possibilità, visto che il personaggio già lo vediamo sullo schermo. Molto meglio, secondo me, se la musica si riferisce a ciò che sullo schermo non vediamo - sensazioni, aspirazioni, scelte non verbalizzate, possibilità non realizzate, desideri, paure, premonizioni, destini. L'inizio del lavoro a una colonna sonora è sempre molto vago: si va a tentoni. Cerco sempre di avere almeno un senso dello spazio emotivo che potrebbe essere occupato dalla musica, ma si fa presto a dire, e non tanto presto a spiegare.

IL POTERE NARRATIVO DELLA MUSICA

Hugo Weaving in una sequenza di V for Vendetta
Hugo Weaving in una sequenza di V for Vendetta

Per chi ama e conosce a menadito la tua produzione musicale, bastano poche note per riconoscere la tua firma. Ma per coloro che si sono avvicinati per la prima volta alle tue soundtrack, come descriveresti la tua musica?

Credo di essere l'ultima persona al mondo che potrebbe farlo... A me sembra di fare musica diversa per ogni progetto, e faccio molta fatica a riconoscere qualcosa di costante. Sono felice che dall'esterno invece sia più ovvio cosa accomuna una colonna sonora a un'altra.

Hai affermato che per te una colonna sonora è una sorta di "narratore". Ascoltando con attenzione le tue composizioni si riesce a percepire, in effetti, l'essenza dell'opera cinematografica di riferimento. Nel caso di alcune soundtrack, come Anna Karenina, Cose di questo mondo (In This World), Agora, e Kubo e la spada magica, ciò che la tua musica riverbera è anche la componente spazio-temporale degli ambienti in cui i personaggi si ritrovano a muoversi e agire. Che importanza riveste il processo di ricerca di suoni che caratterizzano terre lontane come il Pakistan, l'Oriente, o la Russia di fine Ottocento e l'Egitto del 400 d.C, durante le fasi iniziali di costruzione delle tue colonne sonore?

È sempre importante per me connettere la musica a qualcos'altro di non musicale; un'idea astratta, un aggancio alla storia che non sia generico. A volte l'appiglio è offerto semplicemente da un colore o da un giro di frase che viene dal linguaggio musicale specifico di un luogo, e lo prendo in prestito per costruirci qualcosa di mio. Mi è difficile quantificare la differenza tra il linguaggio che uno usa per dire qualcosa, e il qualcosa che viene detto usando quel linguaggio. Penso sempre al costume con cui vengono vestiti gli attori - utile a posizionarli nello "spazio-tempo" come lo chiami tu, ma anche limitati: se l'attore non pesca qualcosa di "vero" dentro di se, il costume serve a poco. Direi che la musica obbedisce alla stessa regola: se c'è solo il costume, cioè il linguaggio musicale, ma non l'idea, la musica diventa pastiche, rimane vuota.

Keira Knightley e James McAvoy in una scena romantica del film Espiazione
Keira Knightley e James McAvoy in una scena romantica del film Espiazione

Ripensando alla tua ricchissima produzione musicale in ambito cinematografico, qual è stato il film che, rivisto sul grande schermo, ti ha lasciato più soddisfatto del risultato finale in termini di armonia tra colonna sonora e visiva? Stando a un recente sondaggio, ti posso annunciare che il matrimonio più amato tra musica e immagini è stato quello di Espiazione.

Concordo. Espiazione è forse il film dove c'è stata più possibilità di utilizzare in pieno il potere narrativo della musica, e Joe Wright è riuscito a fare uso magistrale di quella forza.

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John Williams e Steven Spielberg; Sergio Leone ed Ennio Morricone; Nino Rota e Federico Fellini: trovare la giusta accoppiata tra regista e compositore significa dar vita a un connubio perfetto tra la componente visiva e quella sonora. Nel tuo caso si potrebbe affermare che non c'è stata collaborazione più proficua di quella con Joe Wright, per il quale hai firmato ben 5 colonne sonore (su 8 film da lui diretti) vincendo un premio Oscar per Espiazione. Cosa rende così speciale e unica la vostra collaborazione?

È sicuramente vero che la musica che ho scritto per i film di Joe Wright ha attirato più attenzione di altre: mi sembra evidente che ha a che fare con il modo in cui Joe ha utilizzato la mia musica; con lo spazio che ha lasciato alla musica-personaggio per dare forma a parte della narrativa. Il merito è soprattutto suo.

LA MUSICA TRA SILENZI, RICORDI E FUTURO

Paddington 2: una scena del film
Paddington 2: una scena del film

Una delle immagini più suggestive di questa quarantena è stata quella delle città completamente deserte. Ad avvolgerle un silenzio assordante, a volte riempito da qualche musica proveniente dai balconi. Se dovessi dar voce alle tue città del cuore, traducendo in musica i ricordi e le sensazioni che ti suggeriscono, che musica sarebbe Pisa? E Londra?

Londra deserta era bellissima. Premetto che per me Londra è sempre bellissima, ne sono innamorato come quando arrivai 30 anni fa. La mattina di Pasqua, prestissimo, questo scorso Aprile, sono andato a fare un giro in bicicletta nel centro; era iniziato da poco il "lock-down", e Saint Paul Cathedral, il Tamigi, il South Bank, Covent Garden, Soho, erano quasi deserti e completamente silenziosi. Credo che il silenzio sia la migliore colonna sonora per una città, anche se capita raramente di acchiapparla in un momento davvero quieto - succede solo la mattina molto presto di un giorno di festa, o a notte fonda. Mi ricordo anche Pisa notturna; prima di partire per l'Inghilterra, un secolo fa, spesso mi ritrovavo a camminare magari con una amico, sui Lungarni deserti, alle due o alle tre di notte; erano i momenti più belli: il silenzio. Insomma, la musica che preferisco per le città che amo è in realtà una pausa, una battuta vuota, dove non suona nessuno.

Una delle attività più in voga in questi mesi di inattività è stata la lettura. Ti è mai capitato di finire un libro e immaginarti una colonna sonora perfetta per quella storia?

A costo di deludere, confesso che i libri che sono riuscito a finire recentemente non sono storie... E non immagino mai musica prima di averla composta, non arriva mai nella testa già formata.

Collegandomi alla domanda precedente, da Orgoglio e pregiudizio, fino a Pinocchio, sono molte le colonne sonore da te composte e destinate a trasposizioni di opere letterarie per il grande schermo. Quali sono state le fasi che ti hanno portato alla nascita dei brani? Hai letto (o riletto) prima il libro, oppure ti sei affidato totalmente alla versione immaginata dal regista?

Non ho seguito una regola particolare. Nel caso di Espiazione, per esempio, avevo letto il romanzo prima di leggere la sceneggiatura, come anche ovviamente nel caso di Pinocchio. Ma molte altre volte non l'ho fatto: in alcuni casi ho letto il romanzo dopo aver scritto la musica (come nel caso di Jane Eyre o Orgoglio e Pregiudizio, per esempio). Il discorso sulla versione immaginata del regista è complicato, e il mio lavoro il più delle volte non consiste né nel seguire "la versione immaginata del regista" (perché non esiste fino a quando, insieme agli altri contributi che vanno a creare il film un pezzetto alla volta, non la costruiamo), né quella del libro, che è affidata esclusivamente alla parola scritta. Penso che per essere rilevante, la musica debba aggiungere qualcosa che non era già esplicito nell'originale; che debba dare un corpo tangibile (udibile) a qualcosa di irrazionale e intangibile, non quantificabile a priori, elusivo, invisibile.

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Incontri ravvicinati del terzo tipo, una scena del film di Spielberg
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Qual è il tuo primo ricordo cinematografico? E la prima colonna sonora che ti ha colpito, imprimendosi per sempre nei tuoi ricordi?

Credo i primi ricordi siano legati agli "spaghetti western": Terence Hill in Lo Chiamavano Trinità lasciò un segno, avevo 7 o 8 anni. La prima colonna sonora che mi ha veramente colpito fu quella di John Williams per Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo (Close Encounters of the Third Kind), che vidi quando avevo 14 anni. Mi colpì moltissimo lo scherzoso "duello" musicale fra gli umani e l'astronave, soprattutto perché era ovvio solo dalla musica che gli alieni avevano uno scherzoso senso dell'umorismo, e che quindi tutto sarebbe andato bene. Ripensandoci a posteriori, è un esempio perfetto di come la musica possa aggiungere uno strato di narrativa a quello che non si può vedere sullo schermo.

Domanda finale di rito. Il tuo prossimo score sarà per Il giardino segreto con Colin Firth e Julie Walters. Cosa puoi anticiparci di questo progetto? Ci sono altre colonne sonore in cantiere?

The Secret Garden doveva essere già uscito lo scorso Aprile, è già completato e sta solo aspettando che i cinema riaprano. È la storia di una bambina che rimane orfana, e che viene mandata a vivere con uno zio. Nella grande casa isolata sulle brughiere dello Yorkshire, scopre di avere un cugino - forse malato - del quale ignorava l'esistenza, e scopre anche che adiacente alla casa c'è un misterioso giardino abbandonato da anni, nel quale riesce ad entrare scavalcando un alto muro. Il giardino si rivela capace di curare la malattia (vera o immaginaria) del cugino. La musica gioca con vari aspetti della storia; la villa misteriosa e la brughiera piena di nebbia a volte suggeriscono una storia di fantasmi, mentre il giardino fa pensare ad una grande, benevola creatura, che si risveglia da un lunghissimo letargo. È stato un progetto molto divertente, e estremamente "british". Il film a cui sto lavorando ora è un'altra storia per bambini - si intitola "A Boy Called Christmas" e parla dell'adolescenza di Babbo Natale, di come un ragazzino di nome Nicholas diventa Father Christmas attraverso una serie di avventure pazzesche. Dovrebbe, se tutto va bene, uscire il prossimo Natale.