A leggere il suo'albero genealogico vengono fuori, in maniera lampante, i motivi della sua accelerata, folle, visione del mondo. Poi, anche l'infanzia, nonostante sia nato a pochi chilometri da Londra, nella compassata cittadina britannica di Hatfield, dove le giornate sono sempre troppo lunghe e l'erba è sempre troppo verde, pare uscita direttamente da un film.
Magari di quelli tanto strampalati quanto cult. Magari, proprio come uno dei suoi, di film. Il padre era un membro dello storico battaglione dei Seaforth Highlanders, mentre la madre, dopo essersi risposata (più e più volte) divenne Lady. Non solo, perché nelle sue vene, da parte del papà, scorre, e scusate se è poco, il sangue blu di Edoardo I d'Inghilterra. Ma, a pensarci bene, nemmeno da grande le giornate hanno preso una piega, diciamo, lineare: espulso da una facoltosa scuola a soli quindici anni, il primo film prodotto grazie all'Hard Rock Café e, ancora semi-sconosciuto, incontra e sposa la donna più famosa del pianeta: Madonna. Considerando ciò, sarebbe stato impossibile non essere Guy Ritchie.
La genesi del (primo) successo
Diciassette anni prima di Operazione U.N.C.L.E., Guy Ritchie approda nella schiera dei nuovi registi europei (dal forte respiro statunitense) - dopo aver girato il primo cortometraggio, The Hard Case - grazie all'aiuto di Peter Morton, co-fondatore degli Hard Rock Café. La musica nella vita di Guy Ritchie è fondamentale, perché Morton, tra un ristorante e l'altro, gli presenta Trudie Styler, moglie di Sting e importante produttrice cinematografica. Lei gli co-produce il film, e in otto mesi nasce il memorabile, pazzo, veloce lungometraggio d'esordio: Lock & Stock - pazzi scatenati. Il titolo è una bomba, gli incassi pure e la critica (europea) azzarda: voi americani avete Quentin Tarantino? Beh, noi abbiamo Guy Ritchie!
Non ci teniamo ad analizzare il paragone, ma quello che Lock & Stock mostra, relazionato in un periodo in cui i film action erano tutti abbastanza standardizzati, è clamoroso: trama serrata piena di azione e humour, una colonna sonora che spazia da James Brown a Robbie Williams, battute citate ancora oggi e un manipolo di attori inglesi mai sentiti prima di allora: Jason Statham, Dexter Fletcher, Nick Moran, con l'aggiunta del navigato Jason Flemyng. A completare il cast anche Sting, Lenny McLean e Vinnie Jones, al primo film dopo una carriera da calciatore all'insegna del cartellino rosso.
L'ossessione pop, tra Brad Pitt e Madonna
Con un solo film all'attivo ma già sull'onda del successo, il nuovo Millennio parte alla grande. Infatti il 2000 è l'anno di Snatch - Lo strappo. L'esuberante pellicola con protagonista un bellissimo e zingaresco Brad Pitt, per Guy Ritchie equivale a una sorta di manifesto delle sue capacità narrative, registiche e stilistiche. È chiaro, nel secondo film, che si avvale di un cast internazionale (oltre Pitt, Benicio Del Toro, Dennis Farina e i suoi affezionati compatrioti Jason Statham, Stephen Graham e Vinnie Jones), vengono fuori, quasi con prepotenza, tutti i caratteri peculiari di Ritchie: storia incrociata, dialoghi fitti che alterano slang e inflessioni di mezzo mondo, azione sincronizzata, black humour, personaggi borderline e ralenty a più non posso.
Insomma, il britannico Guy diverte (e si diverte) dichiarando tutto l'amore spudorato che ha per il pop. Un pop curato, ricercato, innovativo. Un pop cinematografico che combacerebbe alla perfezione con un altro pop: quello musicale. Tant'è che Ritchie, reduce dal successo di Snatch, si innamora e si sposa con la regina, l'imperatrice del popolare, Madonna. Senza scendere nei meandri del gossip, la storia d'amore durerà otto anni, nei quali Guy Ritchie, oltre dirigere sua moglie nel discusso videoclip di What it Feels Like for a Girl, la scrittura, insieme ad Adriano Giannini, in Travolti dal destino, remake di Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto di Lina Wertmüller. Inutile girarci attorno, il film è un flop e la critica lo boccia senza riserve. Trama stravolta rispetto all'originale, significati stravolti e una Madonna non all'altezza della situazione.
Arthur Conan Doyle all'ennesima potenza
Otto anni dopo Travolti dal Destino - che hanno visto uscire due film: Revolver (prodotto da Luc Besson) e lo spassoso RocknRolla (interpretato da Gerard Butler), entrambi sulla falsariga di Snatch, senza però eguagliarne gli applausi - Guy Ritchie cala l'asso e riscrive uno dei personaggi letterari più importanti di sempre. Inaspettato, imprevedibile, inconsueto, eppure lo Sherlock Holmes all'ennesima potenza di Guy è un altro esempio (se non il migliore) di tutto il talento creativo del regista. Per il character si basa sia sul fumetto di Lionel Wigram che, naturalmente, sulle pagine di Sir Arthur Conan Doyle. Lo svecchia, lo modernizza, lo rallenta e poi l'accelera nuovamente, in un gioco di rallenty che è diventato culto. L'alchimia con Robert Downey Jr. è perfetta, così come con Jude Law eccezionale Watson. Una delle migliori coppie mai viste sul grande schermo, complementari e essenziali. Replicando, tre anni dopo, la performance nel sequel Sherlock Holmes: Gioco di ombre, questa volta con Jared Harris volto del Professor Moriarty. Le pellicole invadono così il botteghino e i puristi dell'originale Sherlock restano a bocca aperta: entrambe le opere sono strapiene di citazioni letterarie e (ancora) pop, la messa in scena incolla allo schermo e Guy Ritchie traduce per immagini l'anatomico, ingegnoso, geometrico pensiero di Holmes. Cosa tutt'altro che semplice.
La Guerra Calda di Operazione U.N.C.L.E.
Adesso, prendete il vintage fascinoso degli anni '60, la Guerra Fredda (che non è mai stata così hot), una serie TV statunitense andata in onda troppi anni fa (Organizzazione U.N.C.L.E., dal '64 al '68) e il tocco sincopato di Guy Ritchie. Frullate tutto ed esce fuori il nuovo (ma nostalgico) Operazione U.N.C.L.E..
L'ultimo film di Guy Ritchie gioca ancora sul doppio, questa volta su quello nazionalistico: USA e URSS, CIA e KGB. I volti sono quelli belli e puliti Henry Cavill e Armie Hammer, l'umorismo, l'action, il montaggio esasperato, sono invece quelli di Guy Ritchie. Con l'immancabile tocco pop, per l'occasione affidato ad un divertente Hugh Grant. Un marchio di fabbrica ormai collaudato, che si adatta bene anche ai completi gessati e ai siparietti scoppiettanti del film. Pensare che Operazione U.N.C.L.E., in vent'anni di irriverente carriera, è solo l'ottavo film del regista venuto da Hatfield. Almeno fino al suo prossimo progetto (estate 2016), incentrato nientemeno che su Re Artù e intitolato regalmente Knights of the Roundtable: King Arthur. Ah, quasi dimenticavamo, tra tavole rotonde, spade e luoghi magici ci sarà anche l'amico David Beckham. Se non è un film di Guy Ritchie questo!