Con Nine ritorna il musical, ma è Glee la vera sorpresa

Ritorno di fiamma per canzoni e coreografie al cinema come in tv, ma i giovani emergenti della serie targata Fox si dimostrano ben più appassionanti delle tante star hollywoodiane dell'adattamento felliniano.

Approdano in Italia quasi in contemporanea il film di Rob Marshall (Chicago e Memorie di una Geisha) e la serie tv creata da Ryan Murphy (Nip/Tuck e il lungometraggio Correndo con le forbici in mano): Nine debutterà nelle sale italiane venerdì 22 gennaio, mentre Glee andrà in onda su Fox ogni giovedì a partire dal 21 gennaio, dopo aver già esordito il giorno di Natale con un'anteprima speciale. Alla base di entrambi i titoli ci sono ovviamente coreografie e canzoni ma le due opere non potrebbero avere un approccio più diverso alla tradizione del musical, e soprattutto arrivano ora in Italia dopo aver compiuto un percorso esattamente opposto.

Nine - un adattamento dell'Otto e mezzo di Federico Fellini - già quasi trent'anni fa era stato un grande successo a Broadway ed immediatamente era diventato uno dei film più attesi e chiacchierati dello scorso anno, prenotando da subito un posto da protagonista per la Oscar Race e al boxoffice: dopo l'esordio avvenuto nel 2002 con Chicago, Rob Marshall sembrava essere l'unico in grado di poter garantire qualità e successo e il cast all-star formato da alcuni dei migliori attori delle ultime generazioni (Nicole Kidman, Penelope Cruz, Marion Cotillard ed ovviamente il protagonista Daniel Day-Lewis) non faceva altro che confermare l'appetibilità del titolo. Ad un mese dall'esordio negli USA il film di Marshall arriva da noi invece da grande sconfitto della award season (ovviamente per gli Oscar c'è ancora tempo, ma le premesse non sono certo buone) e con nemmeno 20 milioni incassati a fronte degli oltre 80 di budget. Un flop abbastanza sonoro per la Weinstein Company che cerca adesso di rifarsi almeno all'estero, sarà il caso del nostro paese da sempre attratto dallo star system e indissolubilmente legato al mito di Fellini?
Glee invece arriva nel nostro paese all'apice del successo: la serie è stata appena rinnovata per la seconda stagione, ha appena trionfato ai Golden Globes come Migliore Serie Commedia/Musical (ma aveva già fatto incetta di premi ai Satellite Awards, American Film Institute Awards, WGA, DGA e SAG) e le vendite USA di colonne sonore e dvd della prima parte della stagione (ovvero i 13 episodi finora trasmessi d'oltreoceano, gli altri nove riprenderano il 13 aprile) sono alle stelle. Risultati davvero straordinari per una serie su cui all'inizio avevano creduto davvero in pochi e che era stata accolta da critiche non troppo positive e poco lungimiranti da parte di quella stampa che invece qualche mese dopo l'avrebbe incoronata come la migliore serie della nuova stagione televisiva.
Al contrario di Nine, Glee non ha star e anche il nome del suo creatore non è certo sinonimo di grandi ascolti o incassi, eppure la serie è diventata ancor prima che un successo di critica un vero e proprio fenomeno mediatico, per una volta non costruito a tavolino ma figlio di quell'entusiasmo e quel coinvolgimento che dovrebbe essere alla base di ogni prodotto seriale ma che ormai è sempre più raro riscontrare. La furbizia degli autori e della Fox ovviamente è stata quella di puntare su questo entusiasmo, su quella joie de vivre che da sempre i musical più riusciti sanno trasmettere e di trasformare passo dopo passo, episodio dopo episodio, quel pilot dalle grandi potenzialità ma ancora acerbo in una serie di grande qualità e grandi ambizioni: una serie che è soprattutto un omaggio alla musica, al ballo e più in generale all'arte come il più grande dei maestri di vita nonché strumento di riscatto.
Non siamo infatti dalle parti di Saranno famosi o dei musical più classici (a cui si rifa ovviamente anche Nine) in cui coloro che esibivano il proprio talento erano personaggi cool e vincenti anche nella vita di tutti i giorni, in questo teen comedy-drama i protagonisti sono i classici losers da high school americana, quelli costretti a nascondersi per i corridoi della scuola o sperare di non catturare l'attenzione del bullo di turno. Soltanto per la durata di una canzone o di una performance il glee club permette a questi brutti anatroccoli di trasformarsi in magnifici cigni grazie al loro talento. E il messaggio si fa ancora più universale grazie alla perfetta scelta del repertorio canoro: si va dai successi più recenti di Beyoncè, Rihanna e Amy Winehouse a classici hip hop quali Push it e Bust a Move, dal rock di Queen, Creedence Clearwater Revival, The Rolling Stones e Van Halen al soul di Otis Redding, Dionne Warwick e delle Supremes; applaudiamo soprattutto il coraggio di non concentrarsi solo su canzoni appetibili per il grande pubblico, ma di andare ad omaggiare le radici musical teatrali e cinematografiche con estratti dai popolari Grease, Dreamgirls e Wicked ma anche i più ricercati My Fair Lady, West Side Story, Funny Girl, Cabaret e perfino la splendida Smile scritta da Charlie Chaplin per Tempi moderni. Per Glee insomma c'è spazio veramente per tutti - non è un caso che abbia già conquistato personalità così diverse quali Madonna o Joss Whedon - basta lasciare da parte pregiudizi e paure e credere nella magia del musical e di una delle serie più coraggiose ed originali degli ultimi anni. E infatti la canzone simbolo della serie e dei suoi giovani protagonisti è una vecchia hit dei Journey a lungo dimenticata ma sempre attuale: Don't Stop Believin, ovvero non bisogna mai smettere di crederci.