Collateral: il poliziesco britannico ai tempi di Brexit

Disponibile su Netflix, la nuova miniserie della BBC scritta da David Hare e interpretata da Carey Mulligan è un ritratto amaro e coinvolgente del Regno Unito di oggi, visto attraverso un'indagine per omicidio e un misterioso complotto.

Collateral: una scena con Carey Mulligan
Collateral: una scena con Carey Mulligan

Abdullah Asif, fattorino per la Regal Pizza, viene ucciso nella periferia londinese dopo una consegna. La cliente, e testimone-chiave dell'accaduto, è Karen Mars, ex-moglie del parlamentare David Mars, attualmente ministro ombra dei trasporti. Il caso viene assegnato alla poliziotta Kip Glaspie, recentemente promossa, e lei si rende presto conto di avere a che fare con un vero e proprio complotto, al quale si interessano il governo, le forze armate e persino i servizi segreti. A complicare ulteriormente l'indagine è la condizione legale di un'altra testimone, Linh Xuan Huy, costretta a mentire sulla propria identità poiché il suo permesso di soggiorno è scaduto...

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Inghilterra oggi

Nel giugno del 2016 c'è stato il famigerato referendum legato a Brexit, l'iniziativa che prevede l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea ed è attualmente al centro di controverso negoziazioni, tra leader politici che non sono per forza a favore del progetto e forti divisioni interne (la Scozia ha votato prevalentemente contro, così come tutta l'area di Londra, la cui vita economica sarebbe colpita in negativo dai nuovi accordi da siglare con l'UE). Gli effetti dell'iniziativa, fomentata in larga misura da una non indifferente componente razzista e xenofoba, si stanno facendo sentire anche a livello di produzioni audiovisive: al cinema è uscito di recente l'ironicamente profetico The Party, arrivato in sala dopo i risultati delle votazioni ma scritto prima e girato durante, mentre sul piccolo schermo ben due progetti della BBC in onda dall'inizio del 2018 affrontano di petto la questione degli immigrati, legali o meno, nella capitale inglese (ed è imminente, con una lettura più comica degli eventi, il ritorno di Alan Partridge, celebre personaggio creato e interpretato da Steve Coogan). A gennaio è stato trasmesso il crime drama McMafia, dove la City è dominata da loschi patti gestiti dalla mala russa (in Italia è disponibile su Amazon Prime Video), mentre il mese successivo è iniziato Collateral, ambizioso racconto seriale scritto dal drammaturgo e sceneggiatore David Hare (candidato all'Oscar per i copioni di The Hours e The Reader - A voce alta) e diretto da S.J. Clarkson (Jessica Jones, The Defenders).

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Collateral: Nicola Walker e John Simm in una scena della serie
Collateral: Nicola Walker e John Simm in una scena della serie

Si tratta del primo progetto televisivo di finzione per Hare, pur essendo lui al servizio della BBC dal 1973, e non sono mancate le polemiche: tra la messa in onda del quarto e ultimo episodio, trasmesso in patria il 5 marzo, e la messa a disposizione dell'intera miniserie su Netflix a livello internazionale quattro giorni dopo, il noto quotidiano britannico The Telegraph si è scagliato contro il servizio audiovisivo pubblico e l'autore a causa del contenuto politico del programma, dando alle stampe un articolo intitolato "Cara BBC - Dopo Collateral, smettetela di dare soldi a David Hare, per favore". Un giudizio duro nei confronti di quello che, al netto della riflessione non proprio ottimista sulla situazione attuale dell'Inghilterra, vuole essere un buon prodotto di entertainment, capace di giustificare lo slogan che precede l'inizio di quasi tutti i programmi di finzione delle reti ammiraglie del Regno Unito: "Pure Drama". Una dicitura che in questo caso è piuttosto meritata, dato che Collateral, oltre ad essere un thriller ben congegnato (i quattro episodi corrispondono al numero di giorni che dura la storia), è un dramma allo stato puro, senza particolari aloni di speranza o leggerezza.

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Da un potere all'altro

Collateral: Carey Mulligan in una scena
Collateral: Carey Mulligan in una scena

Dato l'evento scatenante della miniserie, abbinato alla presenza di John Simm nel cast, è difficile non tornare indietro di quindici anni, quando sempre la BBC trasmise un'altra miniserie, State of Play, dove si indagava sul rapporto tra la politica e i media (sei anni dopo è stato realizzato un rifacimento cinematografico per il mercato americano, dove si affronta anche la crisi della stampa cartacea). Ai tempi Simm interpretava un giornalista, eticamente compromesso poiché il caso di turno riguardava un suo amico; qui invece è passato dall'altro lato della barricata, nei panni di un membro del cosiddetto governo ombra (Shadow Cabinet, da sempre un argomento interessante nella serialità britannica quando c'è di mezzo il potere politico), anch'egli in difficoltà dal momento che la sua ex-moglie è in qualche modo coinvolta nella morte di Abdullah. Decesso intorno al quale ruota gradualmente una cospirazione al cui centro c'è il tema spinoso dell'immigrazione clandestina, affrontato con non poca amarezza e disillusione nei confronti dell'andamento di una nazione profondamente danneggiata dalla recente volontà del popolo (la storyline complottistica comporta anche una presenza internazionale di un certo peso per il pubblico italiano, quella di Maya Sansa che torna a Londra dove ha studiato recitazione anni addietro).

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Collateral: una scena con John Simm
Collateral: una scena con John Simm

Altro elemento significativo sul piano paratestuale, il fatto che la miniserie si sia conclusa in Inghilterra e arrivi su Netflix nella settimana della Festa della Donna (che la piattaforma di streaming ha omaggiato a suo modo rendendo disponibile la seconda stagione di Jessica Jones), dato il ruolo importante che hanno proprio le figure femminili, continuando quel percorso molto particolare che Hare si è ritagliato negli anni. E chi scegliere per il ruolo della poliziotta Kip Glaspie se non Carey Mulligan, che torna sul piccolo schermo dopo anni di assenza - quando era ancora emergente l'avevamo vista in Bleak House e un memorabile episodio di Doctor Who - con un ruolo forte e molto attuale, quello di una professionista che non si lascia mettere i piedi in testa né tanto meno definire in quanto appartenente al cosiddetto "sesso debole" (è particolarmente notevole che la vera gravidanza dell'attrice ai tempi delle riprese sia stata inclusa nella sceneggiatura senza diventare una sottotrama dominante). Rimane da vedere se questo, come State of Play, rimarrà un racconto isolato o se, complice il successo di pubblico, sarà possibile continuare con le indagini di un personaggio di cui la serialità inglese aveva bisogno, checché ne pensi il Telegraph.

Movieplayer.it

4.0/5