È da due decenni una delle voci di punta della narrativa americana contemporanea, in perenne equilibrio fra satira di costume, minimalismo, pulp e venature horror. Cinquantacinque anni, originario dello Stato di Washington, Chuck Palahniuk ha conosciuto un improvviso, sorprendente successo alla fine degli anni Novanta grazie alla sua opera d'esordio, Fight Club, pubblicata nel 1996 e adattata per il grande schermo tre anni più tardi con il film omonimo di David Fincher.
Una produzione estremamente prolifica, quella di Palahniuk, che comprende best-seller come Invisible Monsters e Ninna nanna. E al Festival di Roma 2017, che l'ha visto fra gli ospiti di punta per un incontro con il pubblico, lo scrittore si è concentrato sulla sua grande passione, il cinema, per un appuntamento dal titolo American Gothics, dedicato appunto al cinema gotico americano. Fra risposte di loquacità incontenibile alternate a lunghissime pause di imbarazzante silenzio, era doveroso tuttavia spendere qualche parola sul film Fight Club, a cui Chuck Palahniuk deve buona parte della propria fama...
Leggi anche: Nei labirinti oscuri di David Fincher: sette vizi capitali di un regista inquieto
Fight Club e le regole della violenza
Com'è nata l'idea per il romanzo Fight Club?
Fight Club è un esperimento in cui ho usato determinate regole per passare fra diverse idee. Ho creato un luogo in cui si potesse combattere arbitrariamente, un po' come si danza in un locale da ballo. Un film è in grado di fornire informazioni in maniera molto rapida: il pubblico ti segue subito, non hai bisogno di dare troppe spiegazioni e si creano transizioni immediate, come accade anche nei fumetti: perciò Fight Club l'ho creato seguendo una sorta di montaggio cinematografico, con frasi nette e 'pulite'. Ho assistito pure a buona parte delle riprese del film, portando con me vari amici e il mio capo; all'epoca infatti lavoravo in un'industria che fabbricava furgoni.
Cosa pensi dei fenomeni di violenza di massa così diffusi negli Stati Uniti?
Nel mio prossimo libro sto provando a elaborare una teoria sul legame fra tutti questi fenomeni di violenza. Quando la violenza si consuma all'interno di una minoranza, l'opinione pubblica vi presta pochissima attenzione: ci sono categorie specifiche, come i neri e i gay, che a volte commettono stragi all'interno dei rispettivi gruppi, ma non ce ne sentiamo coinvolti, a differenza di quando un maschio bianco commette una strage con una sparatoria. Questo sarà il tema del mio nuovo libro: volevo intitolarlo Il nuovo Mein Kampf americano, ma la casa editrice non era d'accordo.
Leggi anche: Gli insoliti finali: i colpi di scena più sconvolgenti degli ultimi 20 anni
Il cinema gotico in sei cult horror (o quasi)
Session 9
Questo film è il più atipico che vedrete mai: non ha subplot amorosi, non ci sono protagoniste donne e per tutta la durata si ascoltano le registrazioni audio di sedute di terapia di un uomo psicotico. Session 9 non usa gli elementi standard del cinema, ma funziona in modo fantastico: ci sono solo sei uomini a cui succedono cose terribili. È un grande film, simile a un dramma teatrale.
Miriam si sveglia a mezzanotte
Gli studiosi di David Fincher sostengono che sia il suo film preferito, e in effetti tutto ciò che ha fatto, film e video musicali, può essere ricondotto a Miriam si sveglia a mezzanotte. Ero al college quando uscì nelle sale e ricordo che fu completamente ridicolizzato dai critici e ignorato dal pubblico; in compenso la sua unicità lo ha reso un classico dopo l'iniziale insuccesso, proprio com'è accaduto anche con Fight Club. Miriam si sveglia a mezzanotte è uno dei primi film in cui vengono adoperati vari tipi di immagini, come fotografie Polaroid e video-riprese: ci sono tantissimi elementi visivi, una caratteristica fino ad allora inedita e oggi diventata invece un cliché, anche grazie a David Fincher. E la scena finale in slow-motion, quando Catherine Deneuve è agonizzante sul pavimento, è quasi identica alla sequenza del flashback in The Elephant Man.
Leggi anche: Catherine Deneuve: 70 anni di un'icona senza tempo
Non si uccidono così anche i cavalli?
È un film che ha reinventato la storia gotica a modo suo: dei personaggi per i quali proviamo empatia si trovano in uno stato di isolamento e sono sottoposti a diverse prove, fino a essere decimati. In pratica, è la stessa situazione di Dieci piccoli indiani: abbiamo dei poveracci impegnati in una maratona di ballo, chiusi in un locale senza sapere neppure se fuori sia giorno o notte, mentre la loro sofferenza diventa una forma d'intrattenimento. Ogni personaggio impazzisce o muore, e nella sequenza clou Jane Fonda danza con un cadavere pur di rimanere in gara... se non è un horror questo!
Rosemary's Baby
Questo film contiene ogni elemento del genere gotico. C'è una coppia che pensa di poter iniziare una nuova vita in un appartamento di New York: comincia invece il loro isolamento in un luogo in apparenza meraviglioso, ma in cui i personaggi si scopriranno intrappolati. È il meccanismo tipico di altri romanzi di Ira Levin. E poi c'è un umorismo che spazza via il dramma, come nella sequenza in cui Ruth Gordon raccoglie un coltello e si preoccupa che non abbia lasciato segni sul pavimento. Roman Polanski, come David Fincher, è specializzato in casting insoliti: pensate che Mia Farrow, prima di questo film, recitava nella parte della ragazza ingenua nella soap opera I peccatori di Peyton Place! Rosemary's Baby segna una prosecuzione del filone aperto da Che fine ha fatto Baby Jane? e Piano... piano, dolce Carlotta, in cui grandi star del passato interpretavano ruoli grotteschi: Polanski qui ha fatto lo stesso con Ralph Bellamy.
Ballata macabra
È un esempio più debole degli altri, ma è tratto da un grande romanzo. Una coppia affitta per l'estate un'enorme villa isolata in campagna, a un prezzo irrisorio: la famiglia sembra avere tutto ciò di cui ha bisogno, ma poi la vegetazione attorno alla casa li imprigiona e verranno uccisi uno a uno. Vi ricorda qualcosa? È come Shining, ma in anticipo e ambientato in estate: Ballata macabra ha lanciato questo filone.
Coma profondo
Qui il gotico si sviluppa in un'altra realtà circoscritta, un ospedale, in cui la protagonista, appena arrivata, non realizza che attorno a lei avvengono cose terribili. Inoltre c'è una scena con tanti cadaveri, simile a quella del successivo Poltergeist: io però preferisco Coma profondo a Poltergeist, amo il suo realismo tipicamente anni Settanta. Come ha scritto Stephen King, l'horror ci permette di affrontare argomenti e paure con cui altrimenti non oseremmo cimentarci nella vita reale: Coma profondo, ad esempio, anticipa il tema del traffico illegale di organi, di cui non si era ancora mai parlato.
Leggi anche: 10 film indipendenti che hanno trasformato il cinema horror
La paura al cinema e i 'plagi' di Stephen King
A proposito di Stephen King, qual è la tua opinione su di lui?
Carrie è un romanzo assolutamente innovativo, con un personaggio con il quale ogni teenager può rapportarsi. Però molti altri suoi romanzi sono estremamente simili a b-movie realizzati in precedenza: Brivido somiglia a Duel, Shining a Ballata macabra e Christine a La macchina nera. In pratica, i suoi libri hanno le stesse trame di quei film a basso budget che guardavamo nei drive-in: bisogna essere culturalmente ciechi per non accorgersene!
Leggi anche: Stephen King al cinema: è giunto il momento di rendere giustizia al Re dell'Horror?
In passato hai detto che il cinema è un'arte superiore alla letteratura: perché?
Il cinema è sempre il frutto di un team. Restando in ambito di eccellenze, la sua natura collaborativa dà al cinema un valore superiore a quello dei migliori romanzi, che rappresentano la visione di un singolo autore; i film, al contrario, sono il frutto della visione di un ampio gruppo di persone.
Cosa ti spaventa maggiormente?
Guidare su ponti molto elevati... ma mi rendo conto che non è una paura abbastanza cinematografica! Da bambino invece, guardando Pinocchio, mi ha spaventato moltissimo il Paese dei Balocchi, in cui i bambini vengono trasformati in asini e non possono fare altro che emettere ragli... quella scena mi faceva cagare sotto!
A parte Pinocchio, quali sono i film che ti incutono più paura?
Alien. Quando uscì lavoravo come maschera in un cinema, quindi ho dovuto vederlo un centinaio di volte, e terrorizzava me e i miei colleghi a ogni visione! Da ragazzo, invece, sono rimasto molto colpito da un film in stile pseudo-documentaristico, The Legend of Boggy Creek: il suo approccio così realistico mi ha fatto venire incubi a non finire!