Qualcuno ha ordinato del crauti flambè?
La vendetta è un piatto che va servito freddo, ma Rick Dalton non è d'accordo. Quentin Tarantino anche. Il loro lanciafiamme brucia un manipolo di nazisti mentre l'attore gode assieme al pubblico divertito. Il cinema che vendica la storia. Di nuovo. Ancora una volta. Impossibile guardare questa scena di C'era una volta a... Hollywood senza essere catapultati tra le stesse fiamme di Bastardi Senza Gloria, quando il cinema bruciò lo scempio della storia facendone cenere. Riferimento compiaciuto, ammiccante, voluto, sottolineato da un Quentin Tarantino intenzionato a ribadire il potere manipolatorio del cinema. Ovviamente seguono spoiler , quindi attenzione.
Un potere immaginifico immenso, unico, capace di ridefinire e alterare anche solo per due ore la realtà. Perché poche cose riescono a rievocare il mito, a essere mito meglio della settima arte. E Quentin Tarantino è uno che il mito lo maneggia spesso e volentieri. Come una pistola nelle mani di un abile cowboy, Tarantino prende il mito e lo gira, lo rigira, lo svuota e lo riempie con quello che gli va. Con quello che gli fa più comodo raccontare, spesso con raffiche di parole, citazioni e rimandi a un mondo altro. Il mito è sempre stato il passeggero preferito da Quentin. Il veicolo, ovviamente, è il cinema. Un posto nel quale il mito viaggia comodo e veloce, puntando dritto verso il pubblico. Gli eroi duri e puri dello spaghetti western, l'ingenuità cruda del poliziottesco, le mirabolanti arti marziali del kung fu: Tarantino ha capito che il mito non è altro che ripetizione, rievocazione, riproposizione di fatti, di storie, di personaggi.
E allora, tanto vale divertirsi con le icone mitiche, con le storie mitiche. Tanto vale prendere qualcosa che ha fatto la storia e ridefinirlo con l'unico mezzo possibile, sfruttare l'onnipotenza del grande schermo per riscrivere la storia a suo piacimento. Perché il cinema è un prestigio dal quale amiamo essere ingannati, e Bastardi senza gloria e C'era una volta a... Hollywood, seppur con toni diversi, sono lì a ricordarcelo tra le ceneri. Ecco come Quentin Tarantino ha redento la storia attraverso il cinema. E come ha elevato il cinema attraverso la storia. Ecco perché è valsa la pena scottarsi almeno due volte.
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Bastardi con gloria: salvare la storia con il cinema
Si apre raccontando una fiaba. Come se la fiaba fosse l'unico modo per raccontare in modo nuovo una storia atroce, in cui il lieto fine non è mai stato contemplato. "Once upon a time in Nazi-occupied France" recita l'incipit di Bastardi senza gloria. Un altro legame tra il sesto e il nono film di Quentin Tarantino. Non un modo per prendere le distanze, ma ribadire che il cinema sa raccontare favole tutte sue. Se Walt Disney per decenni ha edulcorato la crudeltà dell'immaginario fiabesco, anche Quentin Tarantino quella crudeltà la sposta, le veicola altrove, ribaltando le figure delle vittime e dei carnefici, riscrivendo la morale della favola. Violento, brutale e a tratti grottesco, Bastardi senza gloria ha riscritto la storia con un tono e un tatto che soltanto uno come Tarantino poteva scovare. In perfetto equilibrio tra farsa e tragedia, parodia e dramma, un tema delicato come l'ideologia nazista viene ridicolizzato e deriso nella sua totale mancanza di senso.
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Tutto questo diventa possibile grazie al cinema, inteso sia come luogo fisico (una sala che diventerà una trappola per topi) che come territorio immaginario in cui ribaltare il corso delle cose. Un posto nel quale ridere della vanagloriosa propaganda nazista, un posto in cui rinchiudere Hitler e la sua cricca di deliranti seguaci, un mezzo attraverso cui una giovane ebrea si è vendicata dei suoi aguzzini imprimendo il suo sdegno su pellicola. La potenza di quello schermo che brucia, con il volto angelico e diabolico di Shoshanna che domina la scena, è il punto massimo di un revisionismo storico infarcito di cinefilia. Una svolta che trasforma la magia del cinema in un'ancora di salvezza per la storia alla deriva.
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Proteggere a oltranza: salvare il cinema con una nuova storia
Una bambina e un uomo condividono il set. Entrambi fanno gli attori. Lei ci appare subito molto più matura e meno insicura di un collega che sembra diretto verso il tramonto di una discreta carriera. Poi, dopo aver girato un'intensa scena assieme, la piccola sussurra un complimento all'orecchio di Rick Dalton e il talento immenso di Leonardo DiCaprio riempie lo sguardo di un uomo fragile di tante cose: sorpresa, soddisfazione, commozione, gloria. La morale di C'era una volta a... Hollywood irromperà violenta soltanto nel suo roboante finale, ma a ben pensarsi è tutta racchiusa il quel sussurro: a volte è solo un attimo, spesso è solo un'illusione, ma il cinema ha il potere di farci stare bene. Di salvarci, persino.
È quello che fa Quentin Tarantino con Sharon Tate (e tutto quello che Sharon Tate rappresenta): la salva, la protegge, la rinchiude in un luogo magico e ovattato come solo una sala cinematografica sa essere per tenerla lontana dal suo orribile destino. E così la Manson Familiy viene fatta a pezzi, bruciata, derisa, disprezzata, ridotta a parodia volutamente superficiale proprio come era toccato ai nazisti. Immersa in una Hollywood sognante, la Sharon Tate di Margot Robbie è un'eterna ragazzina dalla curiosità indomita, pronta a meravigliarsi davanti a uno schermo e godersi ogni nota di una canzone, a godersi la vita in tutti i modi possibili. Musa angelicata, Tate si aggira per il film come un'entità metafisica, di cui Rick Dalton sembra quasi la vera controfigura.
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Laddove Sharon Tate sorride felice e leggiadra, Rick Dalton piange, si spaventa, soffre, suda, si sporca le mani. Perché, alla fine, a essere salvato dal cinema non sarà soltanto il ricordo di Sharon Tate, ma anche il personaggio di DiCaprio. Un attore alla disperata ricerca di finzione per sentirsi reale, un uomo che si sente realizzato soltanto nella sua percezione mediata e mediatica fornita dai miti del cinema. È il cinema a renderlo un eroe nella realtà, grazie a quell'assurdo lanciafiamme gelosamente custodito nel ripostiglio. Se Bastardi senza gloria ha salvato la storia con il cinema, C'era una volta a... Hollywood ha salvato le icone del cinema con una nuova storia. Una storia nostalgica, quasi consolatoria, perfettamente riassunta in quell'abbraccio finale tra Dalton e Tate, ripreso con discrezione, dall'alto verso il basso. Per ribaltare anche il modo in cui si guardano (e proteggono) le grandi stelle.