La corsa di C'è ancora domani di Paola Cortellesi non accenna a fermarsi. È il film più visto dell'anno in Italia per quanto riguarda le presenze in sala, non ancora per quanto riguarda gli incassi dove è dietro solamente a Barbie. Merito di un passaparola che ha premiato un film di qualità di cui vi abbiamo parlato a lungo (qui la nostra recensione). C'è ancora domani è forte per il tema potentissimo che racconta, il patriarcato e il maschilismo tossico, e per la forma che usa, quella del cinema in bianco e nero degli anni Quaranta, il cinema del Neorealismo, usando questo stile come matrice di partenza su cui costruire sequenze sorprendenti e spiazzanti. Paola Cortellesi, però, non si appiattisce sull'immaginario del Neorealismo per raccontare il mondo di quell'epoca, ma lo arricchisce di vari virtuosismi.
In particolare ci sorprende ancora con varie scelte musicali. Con cui, quasi in tutto il film crea degli anacronismi. Ed è quando la musica dei nostri tempi irrompe nel film che anche lo stile cambia, come ad esempio nel ralenti dei titoli di testa. Le canzoni che ci hanno stupito di più sono Calvin di The Jon Spencer Blues Explosion, tra blues e funk, l'hip-hop degli Outkast di B.O.B. (Bombs Over Baghdad) e il northern soul di The little things di Big Gigantic featuring Angela McCluskey. Ma è molto interessante anche l'uso di canzoni che, in fondo, anacronistiche non sono. In particolare, vi raccontiamo l'uso delle canzoni italiane, perché contribuiscono al senso del film anche attraverso il testo.
1. Aprite le finestre (Fiorella Bini)
Aprite le finestre di Fiorella Bini, la canzone che apre il film, è una canzone del 1956, non c'era ancora all'epoca in cui sono ambientati i fatti, il 1946, ma è comunque una canzone d'epoca, molto vicina allo stile di quegli anni. Scritta da Pinchi e Virgilio Panzuti, vinse il Festival di Sanremo nel 1956, cantata da Franca Raimondi. Nella versione di Fiorella Bini, nel film sembra stare senza stonare, anzi evoca proprio i suoni e le melodie di quegli anni, e contribuisce, insieme alle immagini in bianco e nero, a immergerci immediatamente in quell'epoca. Però poi ascoltiamo le parole e capiamo che sono usate a contrasto, in un senso ironico, beffardo.
Servono a raccontarci la vita che Delia e la sua famiglia vivono. E anche ad anticipare quello che vedremo nel film. Ascoltiamo queste parole: "Il tempo bello viene ad annunciar / Aprite le finestre al nuovo sole / È primavera, è primavera / Lasciate entrare un poco d'aria pura / Con il profumo dei giardini e i prati in fior". E proprio in quel momento Delia apre le finestre, capiamo che siamo in un seminterrato e l'aria che entra non è proprio pura e profumata. Ma il testo prosegue così: "Aprite le finestre ai nuovi sogni / Bambine belle, innamorate / È forse il più bel sogno che sognate / Sarà domani la felicità / Quella canzone Aprite le finestre al nuovo sole è primavera, aprite le finestre ai nuovi sogni bambine belle innamorate". È un presagio di quello che vedremo. Un matrimonio che non è affatto un sogno e non è affatto amore, come quello di Delia. E quello della figlia, che un sogno lo sembra davvero, non si rivelerà tale.
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2. M'innamoro davvero (Fabio Concato)
M'innamoro davvero di Fabio Concato è il momento in cui capiamo davvero che C'è ancora domani non sarà un semplice film in bianco e nero, una pedissequa riproduzione del cinema neorealista. Non lo avevamo mai pensato, certo, ma è con la scena in cui sentiamo questa canzone che capiamo che il film di Paola Cortellesi sarà costellato di piacevoli anacronismi musicali, che daranno significati ulteriori al film, e una sorta di geniale "rottura", con lo stile classico del film. Dopo pochi istanti senti la voce, una voce inconfondibile, e capisci che è Fabio Concato, un cantante che negli anni Quaranta non c'era. E allora ecco che Ancora domani comincia ad essere un film che fa dialogare continuamente passato e futuro.
Ma è l'intera scena ad essere emozionante, perché, uno di fronte all'altro, ci sono Paola Cortellesi e Vinicio Marchioni, nei panni di Delia, la protagonista, e Nino, il suo amore perduto, il ragazzo con cui stava e che ha lasciato. Si guardano negli occhi, e la macchina da presa inizia a girare intorno a loro. È un movimento di macchina che non appartiene al linguaggio del Neorealismo. Ed è un movimento bellissimo. Avete presente quando siete innamorati e ci siete solo tu e lei, o tu e lui, e tutto il mondo intorno non conta. Ecco, quel movimento di macchina racconta quel momento. M'innamoro davvero, tratta dall'album Fabio Concato del 1999, parla proprio di questo, di come tutto sia migliore con una persona amata intorno, quella persona che ti rende la vita completa. "Mi sento strano davvero / Da un po' di tempo è così / Succede sempre ogni volta che sei qui / Tutto mi sembra migliore / Capisco bene cos'è / Capisco che m'innamorerò di te". Perfetta.
3. Nessuno (Musica Nuda, Petra Magoni & Feruccio Spinetti)
Il momento in cui arriva Nessuno è uno dei più importanti - e anche contestati - del film. Sulle note di Nessuno, la canzone portata al successo da Mina negli anni Sessanta, assistiamo a una scena molto forte. È una scena di violenza domestica: Delia ha fatto qualcosa che non doveva, secondo Ivano. E Ivano la picchia, mentre lei è quasi rassegnata. Paola Cortellesi ha scelto di non mostrare questa scena in tutta la sua violenza, ma di sublimarla, di astrarla. Mentre va questa canzone, allora, Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi si muovono in quello che è una sorta di balletto, una coreografia fortemente simbolica in cui la violenza domestica non esplode, ma è comunque rappresentata in tutta la sua follia e durezza. Paola Cortellesi ha spiegato la scena: voleva che fosse un rituale, qualcosa di quotidiano, di banale, un'abitudine. È anche un modo per non aggiungere altra violenza a un film contro la violenza.
Ma quella canzone non è lì per caso. Quella parole, che raccontano di due innamorati inseparabili, se vista dall'altro lato può essere letta come l'impossibilità di fuggire da un amore tossico, come una prigione. "Nessuno, ti giuro, nessuno / Nemmeno il destino / Ci può separare / Perché questo amore / Che il cielo ci dà / Sempre vivrà". Nessuno, scritta da Antonietta De Simone per il testo e da Edilio Capotosti e Vittorio Mascheroni per le musiche, in realtà du presentato da Wilma De Angelis e Betty Curtis al Festival di Sanremo 1959, prima di essere cantato e portato al successo nello stesso anno anche da Mina. La canzone di Mina aveva un arrangiamento nuovo, swing, ma la cantante la interpretava con un piglio quasi rock. Non a caso, a Canzonissima, con una gag studiata ad arte, Wilma De Angelis e Mina cantavano le loro due versioni della canzone con Mina che, sullo sfondo, annoiata, fingeva di fare altro prima di entrare in scena e cantare la sua versione in modo molto più potente. Negli anni Nessuno è stata cantata da Fiorello, Marco Mengoni, Marte sui tubi con Antonella Ruggero. E ora, nella versione che sentiamo nel film, da Musica Nuda, Petra Magoni & Feruccio Spinetti.
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4. La sera dei miracoli (Lucio Dalla)
È un altro momento molto intenso del film. Ormai abbiamo capito che Paola Cortellesi ci conquisterà con immagini d'altri tempi, significati e canzoni attuali. La voce di Lucio Dalla si staglia altissima, magica, magnetica, in un momento riflessivo del film. Delia è sola con se stessa. È tardi, e sta leggendo quella lettera che per lei è così preziosa. E capiremo perché. La sera dei miracoli è una canzone di Lucio Dalla del 1980, dedicata a Roma. È un momento molto particolare quando Dalla scrive questa canzone: sono finti gli anni di piombo e sono iniziate le Estati Romane, l'idea di Gualberto Niccolini.
Dalla in quegli anni viveva a Roma, in un appartamento a Trastevere. Racconta di aver visto una Roma incendiata da feste, allegria, gente ubriaca, ma nel modo giusto. Un momento di grande gioia collettiva. Tornato a casa, si mise al pianoforte e scrisse questa canzone. "È la sera dei miracoli fai attenzione / Qualcuno nei vicoli di Roma / Con la bocca fa a pezzi una canzone / È la sera dei cani che parlano tra di loro / Della luna che sta per cadere / E la gente corre nelle piazze per andare a vedere". È una canzone che racconta una comunanza, una collettività che si muove insieme. In modo diverso, la collettività sarà protagonista di quello che accadrà un po' dopo quella scena, quell'evento storico per cui "c'è ancora domani", e che vedremo alla fine del film.
5. A bocca chiusa (Daniele Silvestri)
È il grande finale del film. Quello in cui capiamo quello che Delia sta progettando da tempo, il suo desiderio. C'entra quella lettera. C'entra un appuntamento. Ma non è quello che crediamo. È un appuntamento con la Storia. È il momento del suo diritto, è il momento del suo dovere. È il momento in cui parte quella canzone così particolare di Daniele Silvestri A bocca chiusa. Che inizia citando una famosa canzone romana, La società dei magnaccioni, ti spiazza per un attimo, solo un istante prima di capire che è un'altra canzone. "Fatece largo che... passa il corteo", inizia Silvestri. Un altro grande momento di cinema, in cui la recitazione degli attori, per un attimo, si muove secondo la musica (extradiegetica): seguendo la canzone, anche loro mimano un canto a bocca chiusa.
A bocca chiusa è una canzone del 2013, che Daniele Silvestri ha presentato al Festival di Sanremo. È una canzone semplice, cantautorale, che inizia voce e piano, sommessa, ma che poi si apre e cresce, entrandoci dentro. È la storia di uno sciopero, uno sciopero immaginario, su via Merulana. È una canzone che parla di partecipazione, di diritti, di manifestare il dissenso. Perfetta per il momento che deve raccontare il film. "Fatece largo che / Passa il corteo e se riempiono le strade / Via Merulana così pare un presepe / E semo tanti che quasi fa paura / O solo tre sfigati come dice la questura / E le parole, sì lo so, so' sempre quelle / Ma è uscito il sole e a me me sembrano più belle / Scuola e lavoro, che temi originali / Se non per quella vecchia idea / De esse tutti uguali".