Recensione Marrakech express (1989)

"Non bastano tutti cammelli del deserto per comprarti un amico" Con questa frase che già in sé rivela il significato e l'essenza stessa del film, si apre Marrakech Express, il primo lungometraggio della quadrilogia del viaggio di Gabriele Salvatores

Caro amico ti scrivo

"Non bastano tutti cammelli del deserto per comprarti un amico".
Con questa frase che già in sé rivela il significato e l'essenza stessa del film, si apre Marrakech Express, il primo lungometraggio della quadrilogia del viaggio di Gabriele Salvatores (Marrakech Express, Turnè, Mediterraneo, Puerto Escondido).

Analizzato nel dettaglio il film affronta in maniera piuttosto intelligente ed ironica, anche se a tratti un po' superficiale e buonistica, il tema dell'amicizia, trovando il suo punto di forza sicuramente nell'efficace sceneggiatura, scritta da Carlo Mazzacurati, Umberto Cantarello, Enzo Monteleone e vincitrice del premio Solinas nel 1987.
Ironia quindi e intelligenza ma non solo: Marrakech Express sa essere anche cinema evocativo, cinema malinconico, metafora di un mondo che va avanti, incurante di ogni cosa, incurante del passato, quel passato che, nostalgico bussa alla porta dei quattro protagonisti e sembra disperatamente rivendicare il suo essere migliore. Le riprese, spesso statiche e talvolta un po' troppo rivelatorie ma comunque espressive, non gli valgono certo l'Oscar, ma costituiscono un banco di prova, un farsi le ossa che darà i suoi frutti due anni dopo con l'effettiva vittoria della prestigiosa statuetta con Mediterraneo, miglior film straniero.
La recitazione dei protagonisti, all'inizio un po' meccanica, tende a farsi più sciolta e spontanea verso la fine, risente infatti positivamente dell'affiatamento che si crea anche nella realtà tra gli attori; Salvatores infatti, traendo egli stesso beneficio dalla morale del film, forma un gruppo di amici, destinato a crescere e a durare nel tempo.

Il tema musicale più ricorrente non poteva che essere "Caro amico ti scrivo" di Lucio Dalla, che accompagna le scene più sentimentali diventa essa parte integrante del film, comunque denso di allegorie, stereotipi e simbolismi: il viaggio inteso come evasione, come fuga dalla quotidianità, lo scatto del gettone di una cabina telefonica che scandisce l'inizio di quest'evasione, col suo fastidioso ed inesorabile ritmo, le telefonate e il ricordo delle figlie da parte di Paolino, che diverrà in effetti l'unico esile legame con la realtà, uno sguardo malinconico ad una foto di gruppo, che ricorda quanto era bello quando erano tutti insieme, l'indimenticabile partita a calcio ( ripresa in Tre uomini e una gamba da Aldo, Giovanni e Giacomo, molto influenzati dal cinema di Salvatores - lo stesso Chiedimi se sono felice presenta molte analogie con Marrakech Express) che segna il nuovo inizio, dividendo a metà il film, dà origine alla rinascita del gruppo, lasciando alle spalle i rancori provati e infine il tatuaggio, patto d'amicizia firmato letteralmente col sangue.

Lo spettatore, quando il film acquista il suo ritmo, è coinvolto e si rende conto di essere diventato il quinto passeggero del Marrakech Express, sottomettendosi alle pene e alle gioie provate dai protagonisti, contribuendo a portare il gruppo alla vittoria, una vittoria data dall'apprendere senza troppe pretese né eccessiva serietà il concetto ideale d'amicizia e cameratismo, e una vittoria che Salvatores ottiene brillantemente.