Da Brendan Fraser a a Ke Huy Quan: il sapore della (ri)vincita

Prima gli Emmy, poi gli Oscar: tra cinema e TV si sta assistendo a una trasposizione nella vita reale di quella narrazione tanto cara a Hollywood della seconda occasione. Ne sono un esempio i casi di Brendan Fraser, Michelle Yeoh, Ke Huy Quan e Jennifer Coolidge, qui raccolti e approfonditi.

Da Brendan Fraser a a Ke Huy Quan: il sapore della (ri)vincita

Ci sono momenti che ti colpiscono a pieno volto, gettandoti inerme nel profondo dell'oceano. Sono incontri, persone, o più semplicemente i casi della vita: dietro le pacche sulla spalle, si nasconde una promessa per una chiamata che non arriverà, un buio che avanza travolgendoti. Poi quello stesso caso che ti ha voltato le spalle si ricorda di te, e ti sorride. La luce inizia a filtrare da quelle acque fitte; e allora inizi a nuotare, risalendo verso la superficie, ritornando a respirare. Brendan Fraser, Ke Huy Quan, Michelle Yeoh e Jennifer Coolidge: talenti diversi, che hanno segnato anni e generazioni differenti, ma con un destino analogo. Quattro nomi, quattro telefoni che hanno smesso di suonare. Le loro sono carriere lanciate verso una discesa senza fiato, che ha permesso loro di diventare parte di un patrimonio culturale di caratura universale. Erano la Geisha che si muove a passi di arti marziali; l'avventuriero che combatte contro le mummie; il Goonie che non dice mai la parole "morte"; la mamma di Stifler.
Poi il nulla; un viaggio in salita che si arresta, finché quella rivincita così tanto narrata sullo schermo diventa parte della vita, permettendo loro di ritornare a brillare in quel firmamento che li ha rigettati come un Lucifero senza colpa.

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Everything Everywhere All at Once: un'immagine del film

Non solo Brendanaissance, ossia la rinascita della carriera di Fraser: in questi ultimi due anni abbiamo assistito al Rinascimento personale e professionale di altri interpreti, che il mondo dei critici, degli spettatori, e degli stessi membri di associazioni come quelle dell'Academy, hanno colto e premiato, sulla scia di interpretazioni impeccabili. È la narrativa della seconda opportunità, un tema caro a Hollywood, narrato e interiorizzato, realizzato e vissuto dentro e fuori dal set. È la realtà che squarcia lo schermo, lasciando che finzione e quotidianità si incontrino per ritrovare quella stella perdutasi sul fondo dell'oceano e farla tornare a brillare. Una rivalsa a tratti amara, dolorosa, ma che alla fine ha lasciato sul palato di Fraser, Coolidge, Yeoh e Ke Huy Quan il dolce sapore della (ri)vincita.

Brendan Fraser

Brendan Fraser
Brendan Fraser, un'immagine dell'attore

Era la fine degli anni Novanta e l'inizio del Duemila. Tra i tanti attori la cui comparsa sullo schermo cullava il proprio spettatore nella propria zona di comfort c'era lui: Brendan Fraser. Da George re della giungla, passando a La Mummia, fino a Indiavolato, l'attore divenne il simbolo di quel periodo di infanzia e (prima) adolescenza in cui si era felici, ma non lo sapevamo fino in fondo. Forse, però, Fraser così felice non lo era veramente. Dietro a quel sorriso bonario e affabile, si nascondevano i primi segni di quel mostro che avrebbe allontanato l'attore dal cinema e dagli occhi di tutti. Non è stato facile sconfiggere la depressione, e uscire dal proprio guscio.

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The Whale: un primo piano di Brendan Fraser

Non è stato facile ritornare al centro di quel mondo che tanto gli ha dato, ma molto gli ha tolto, fisicamente, mentalmente e psicologicamente. Poi sulla sua strada Fraser ha incontrato Darren Aronofsky, un regista dall'abilità unica di prendere un attore fragile, ammaccato, ma non distrutto, e ricomporlo come un vaso giapponese decorato d'oro. E così, come Mickey Rourke prima di lui, anche Fraser ha ricominciato a camminare e, passo dopo passo, come il suo Charlie nel finale di The Whale, ha potuto innalzarsi verso il cielo dei grandi, tenendo stretta quella statuetta tanto ambita, quanto meritata, come "Miglior Attore Protagonista".

The Whale di Darren Aronofsky è un'esperienza fisica

Michelle Yeoh

Michelle Yeoh in La tigre e il dragone
Michelle Yeoh in La tigre e il dragone

È un corpo che volteggia e un volto che incanta, quello di Michelle Yeoh. Un abito leggero sospinto da movimenti eleganti, a volte impercettibili, che colpiscono il proprio spettatore in pieno volto quando meno se lo aspetta. Da Memorie di una Geisha, a La tigre e il dragone, passando per Il domani non muore mai e, più recentemente, a Crazy & Rich e Last Christmas: di primo acchito, il nome della Yeoh sembra quasi stonare nel contesto di questo articolo. Una carriera, la sua, arricchita ogni anno da un nuovo titolo, un nuovo set in cui misurarsi, un nuovo personaggio da creare. Eppure, stando a quanto rivelato dalla stessa attrice, vi erano agenti, colleghi, altre personalità dello spettacolo, che quella carriera non volevano che si integrasse di nuovi progetti. Troppo inadatta a un mondo che corre veloce e lontano dai canoni artistici e interpretativi portati sullo schermo dall'attrice: la Yeoh agli occhi miopi degli altri doveva dire addio al proprio talento, declinando nuove proposte, ignorando nuovi progetti come Everything, Everywhere all at Once. Fortunatamente la voglia di dimostrare che c'è ancora un fuoco che bruciava nel cuore dell'attrice ha prevalso, e il resto è storia.

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Everything Everywhere All At Once: Michelle Yeoh in una scena d'azione

Ke Huy Quan

Ke Huy Quan
Everything Everywhere All at Once: un primo piano di Ke Huy Quan

C'è qualcosa di fanciullesco, di puro, di bello e commovente in Ke Huy Quan. Nella gioia che emana, nella riconoscenza che straripa in ogni battito di mani, o salto di gioia, brilla un'incredulità per un ritorno sempre sperato, ma ogni volta disilluso. Quel bambino che da un barcone partito da un Vietnam in guerra e giunto nell'universo americano delle grandi possibilità, il suo sogno lo stava veramente realizzando. Prima Indiana Jones e il tempio maledetto, poi i Goonies, Ke Huy Quan si eleva ben presto a simbolo di un'infanzia vissuta e poi perduta, ma comunque senza tempo, perché facilmente recuperabile a ogni visione. Ke si fa dunque mito intergenerazionale, sebbene la sua aura di eterno Peter Pan famelico di avventure inizi ben presto a indebolirsi.

Sul set de I Goonies: Jeff Cohen, Sean Astin, Corey Feldman e Jonathan Ke Quan
Sul set de I Goonies: Jeff Cohen, Sean Astin, Corey Feldman e Jonathan Ke Quan

La sua luce di abbagliante ottimismo lascerà sempre più spazio a un'ombra dilagante per un'assenza colmata solo dal simulacro dei suoi personaggi cinematografici. E così lo stesso Ke Huy Quan smise di credere a quel sogno, lo ripose in un cassetto fino a quando quel cinema che lo aveva lanciato, e poi allontanato, non lo richiama a sé. Assistendo a una proiezione di Crazy & Rich l'attore comprende che non tutto è perduto, e che forse è veramente giunto il tempo per il cinema asiatico di unirsi a quello americano. Un'illuminazione quanto mai azzeccata dato che da lì a poco una chiamata lo riporterà là dove tutto è iniziato: al centro di un set cinematografico. Per Ke Huy Quan è tempo di ritornare a credere, a riaprire il cassetto dei propri sogni e lasciarsi trascinare in un multiverso cinematografico intitolato Everything, Everywhere all at Once. Ci ha creduto davvero questo interprete in una rinascita; ha sognato in grande realizzando quel desiderio che ogni attore immagina davanti allo specchio nella propria cameretta: tenere in mano un premio e poter dire "Mamma, ho vinto un Oscar".

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Jennifer Coolidge

American Pie - Ancora insieme: la provocante Jennifer Coolidge in una scena del film
American Pie - Ancora insieme: la provocante Jennifer Coolidge in una scena del film

Ci sono attori che come meteore, illuminano il cielo per poi sparire nel buio dell'universo infinito. Ci sono attori che bucano lo schermo e scrivono la storia. E ci sono attori che barattano il proprio nome con quello del proprio personaggio, diventando un'icona, un mito, una figura immortale, ma destinata a svanire nello spazio della sua comparsa sullo schermo. Era il 1999 quando uscì nelle sale American Pie e Jennifer Coolidge perse la propria identità per diventare per tutti la madre di Stifler. Con quell'aria svampita, e un'atteggiamento da Milf della prima ora, la Coolidge divenne un tutt'uno con il proprio personaggio, lasciandosi sostituire da esso. Dalla matrigna di_ A Cinderella Story_, al ruolo di  Paulette Bonafonté in Una bionda in carriera, la Coolidge si ritrova a perfezionare un abito da indossare continuamente, film dopo film, performance dopo performance. La sua personalità si amalgama fino a mescolarsi con quella del tipo cinematografico da lei riproposto sempre nelle vesti della comparsa, o della spalla comica.

The White Lotus
The White Lotus: un'immagine di Jennifer Coolidge

A Mark White serviva un personaggio del genere per il suo The White Lotus: una donna all'apparenza frivola, sulle nuvole, ma attenta a comprendere i colpi bassi del mondo che la circonda, e a tramortire con la forza delle proprie parole. E così per Jennifer Coolidge quel personaggio che le è stato complice e ostacolo nella sua avanzata lungo la collina di Hollywood, diventa adesso uno strumento imprescindibile per illuminare una carriera in ombra, e assaporare finalmente il calore della luce della ribalta. Con The White Lotus arrivano i premi, gli Emmy, le congratulazioni e i meriti a una caratterista pronta a rivivere una seconda occasione, rimanendo pur sempre per tutti l'eterna madre di Stilfer.