Gli occhi del cuore non è soltanto intrattenimento: Gli occhi del cuore è arte, e questo perché affronta i grandi temi della vita con coraggio, come l'amore, i soldi, il dolore, il tradimento... l'eleganza, i soldi...
Se un giorno fosse necessario raccontare ai posteri l'immaginario televisivo italiano a cavallo fra vecchio e nuovo millennio, con tutti i riflessi sociali che da sempre tale immaginario si porta dietro, nulla sarebbe altrettanto efficace di Boris. Trasmessa in origine sulla rete satellitare Fox fra il 2007 e il 2010 e trasformatasi ben presto in oggetto di culto, tanto da raggiungere negli anni successivi un pubblico sempre più vasto, Boris è stato definito non a caso "la fuoriserie italiana": non è un'iperbole infatti considerarlo quanto di più innovativo ed originale la TV del nostro paese abbia prodotto nel campo della fiction, un prodotto talmente peculiare da essere rimasto una sorta di UFO.
La serie ideata da Luca Manzi e firmata da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo, autori e co-registi nel 2011 anche di Boris - Il film, ci offre uno sguardo satirico, eppure terribilmente lucido e realistico, all'universo della televisione italiana prima delle 'rivoluzioni' di Romanzo criminale e Gomorra. E nel farlo, mette alla berlina gli stereotipi e le convenzioni stagnanti delle fiction nostrane con un'ironia ferocissima, in grado di dar vita a personaggi memorabili e a un vasto campionario di scene e battute da antologia. Non c'è da stupirsi, pertanto, se uno degli aspetti più intriganti di Boris risieda nella sua dimensione metatelevisiva: la precisione diabolica con cui ha saputo riprodurre alcuni modelli canonici della TV italiana, ma talvolta anche di quella americana.
Di seguito, dunque, vi proponiamo un'analisi di alcuni fra i principali elementi narrativi di Boris, ma pure del suo spin-off cinematografico, e dei loro riferimenti alla 'realtà' artefatta delle fiction. E spesso non si tratta solo di un semplice gioco di citazioni: perché in Boris la parodia e la satira, per quanto esilaranti, funzionano contemporaneamente da veicoli per una riflessione amarissima su noi stessi, sull'Italia del berlusconismo e su un quadro sociale che conserva, perfino oggi, un disperante senso di attualità...
Gli occhi del cuore (perché a noi la qualità c'ha rotto il cazzo)
È tutto un po' nebuloso, comunque la storia ruota tutta attorno a questa clinica dove ci sono tre famiglie: una di ricchi buoni, una di ricchi cattivi e una di poveri un po' buoni e un po' cattivi.
Per i fan di Boris, Gli occhi del cuore non ha certo bisogno di presentazioni. Per tutti gli altri, vi basti sapere che si tratta del principale ingrediente metatelevisivo alla base della serie: lo "show dentro lo show" che il regista René Ferretti e la sua sgangherata troupe tentano faticosamente di "portare a casa", un giorno dopo l'altro. E per quanto sia arduo farsi un'idea precisa del suo intreccio (pure per gli stessi attori coinvolti), Gli occhi del cuore costituisce, già a partire dal titolo, l'esempio per antonomasia delle fiction di prima serata schierate in campo nella guerra di ascolti fra Rai e Mediaset negli anni Novanta e Duemila: una buona dose di sentimenti e colpi di scena a profusione nella cornice di una fotografia puntualmente 'smarmellata'.
Gli occhi del cuore, insomma, è talmente paradigmatico da inglobare un'intera categoria di fiction italiche; ma se proprio dovessimo individuare una fonte d'ispirazione per gli amori e gli intrighi di Villa Orchidea, sarebbero probabilmente gli amori e gli intrighi della Clinica Life di Incantesimo, serial di punta della Rai fra il 1998 e il 2008. E se ne Gli occhi del cuore si sprecano le raccomandazioni (un nome su tutti, Corinna Negri), vale la pena ricordare che nel 2008 Incantesimo è finito al centro di un caso giudiziario per corruzione, legato al fatto che diversi membri del cast fossero stati 'sponsorizzati' da un certo Silvio Berlusconi.
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Dalla Moldavia al Burmini: l'attentato a Villa Orchidea
"Quindi tu mi stai dicendo che stiamo facendo tutto questo per..." "Per i greci."
È il grande evento di chiusura della prima stagione di Boris, ma anche della seconda stagione de Gli occhi del cuore, perlomeno per gli spettatori greci: apposta per loro è stato confezionato infatti l'episodio conclusivo della fiction, con l'attentato a Villa Orchidea che costerà la vita a (quasi) tutti i personaggi, proprio nel momento in cui "nessuno è più basito" e "ognuno di voi ha capito tutto". Artefici del massacro, dal quale uscirà incolume solo l'eroico dottor Giorgio Corelli, sono tre separatisti laici del Burmini, determinati a far fuori il perfido dittatore Isaia Panduri facendosi esplodere nel corso del ricevimento alla clinica. Vi sembra esagerato? Ebbene, sappiate che oltre vent'anni prima di Boris un espediente pressoché identico era già stato adoperato... e non da una fiction italiana, bensì dal più popolare serial statunitense del decennio.
Era il 15 maggio 1985 quando la ABC trasmetteva il finale della quinta stagione di Dynasty, un finale che avrebbe scritto un capitolo di storia della televisione: la puntata del cosiddetto "massacro di Moldavia". Mentre tutti i personaggi sono riuniti nel palazzo reale di Moldavia per il matrimonio fra Amanda Bedford, figlia segreta di Alexis Carrington, e il Principe Michael, la cerimonia di nozze viene interrotta dall'irruzione di un manipolo di terroristi rivoltosi che aprono il fuoco sugli invitati, compiendo un (apparente) massacro di fronte a ben ventisei milioni di americani.
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Chi ha sparato al Conte?
Quando tre anni fa mi hanno offerto questo ruolo mi dicevano: 'Questo Conte è un personaggio che cambia, che è cattivo ma poi diventa buono, 'sto Conte si trasforma, 'sto Conte è 'na sinfonia, 'sto Conte questo'... e invece 'sto Conte stocazzo!
Chi ha sparato al Conte? È il grande mistero che fa da leitmotiv alla seconda stagione di Boris, ma soprattutto che terrà con il fiato sospeso i fan de Gli occhi del cuore fino alla puntata conclusiva... o piuttosto, fin quando gli exit poll non daranno un'indicazione sugli equilibri politici del paese, permettendo alla rete di stabilire l'identità del colpevole. E per quanto il dottor Giorgio sia il principale sospettato, gli indiziati non mancano di certo, perché "questo Conte ammazza, questo Conte stupra... stupra e fa stuprare!", senza contare la sua malsana fissazione per il fantomatico pacchetto azionario di Villa Orchidea. E pur evitandovi spoiler sul giallo del tentato omicidio del Conte, qui il modello non potrebbe essere più palese: chi ha sparato a J.R.?
Questa domanda, a partire dal 21 marzo 1980 e per i successivi otto mesi, avrebbe catalizzato l'attenzione del pubblico americano e mondiale dell'altro serial simbolo degli anni Ottanta insieme a Dynasty, ovvero Dallas. Nel finale della terza stagione lo spregiudicato magnate J.R. Edwig, un villain paragonabile al malefico Conte de Gli occhi del cuore, veniva ferito da un colpo di pistola, generando di fatto un fenomeno mediatico che avrebbe fatto scuola; al punto che, prima ancora di Boris, nel 1995 ci avevano già pensato I Simpson a parodiare il clamoroso cliffhanger di Dallas con una magistrale doppietta di episodi dal titolo Chi ha sparato al signor Burns?.
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Machiavelli e i suoi fratelli
È una bufala, è un progetto che non si farà mai! Lo danno ai registi, quelli che vogliono fare fuori. È una specie di avvertimento mafioso della rete, come a dire: 'Tu hai chiuso!'.
Vi ricordate quando, all'inizio di Inland Empire, si scopre che la pellicola per la quale la Nikki Grace di Laura Dern è stata scelta come protagonista è in realtà un remake di un "film maledetto" abbandonato dopo l'omicidio degli interpreti? Ecco, qualcosa di simile all'ultimo film di David Lynch accade verso la fine della seconda stagione di Boris, quando la rete affida al malcapitato René Ferretti la regia di Machiavelli: una fiction storica dalla sceneggiatura mastodontica e dalla reputazione mortifera, che aveva spinto il suo primo regista, tale Sandroni, a togliersi la vita. All'inizio della terza stagione si scopre però che questo "thriller rinascimentale" è considerato dalla rete "troppo caldo, troppo attuale" e che rischia di riaprire "una ferita ancora aperta nella coscienza del nostro paese" quale la Repubblica Fiorentina (oltre al fatto che gli manca un 'ingrediente' fondamentale).
A riaprire la dolorosa piaga della Firenze rinascimentale ci avrebbe pensato comunque, qualche anno più tardi, I Medici. Machiavelli, tuttavia, non è che una delle fiction-satellite di cui si compone la galassia di Boris: da Caprera, ovvero la "monnezza" nel passato di René Ferretti (ma nel suo curriculum fa capolino anche La bambina e il capitano), a Libeccio, l'altro titolo di punta della rete (che farà anche schifo, come riconosciuto dal dottor Cane in persona, ma allora "perché mia figlia, che è una persona intelligente, non perde una sola puntata di Libeccio?"), passando per la serie per famiglie per eccellenza, Un nonno di troppo, il cui protagonista eponimo potrebbe riportare alla mente un certo nonno Libero. E poi, ovviamente, non poteva mancare il glorioso filone delle agiografie ecclesiastiche: Il beato Frediani, che nonostante l'intervento di Gesù Cristo in persona vedrà un entusiasta Mariano Giusti snobbato a favore di un attore "di prima fascia", e Il giovane Ratzinger, che al termine di Boris - Il film ci regalerà l'emozionante ralenti di Stanis La Rochelle mentre corre felice in un campo fiorito.
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Medical Dimension: un'altra televisione è possibile?
"E come le sembra questo Medical Dimension?" "Le puntate sono una meglio dell'altra." "Ah, sì? Sono tutte belle?" "No, intendevo dire che sono due: una è un po' meglio dell'altra."
"La rivoluzione è iniziata, René: stiamo per cambiare la televisione italiana!": con questa frase il giornalista d'inchiesta Bruno Staffa, definito "il Roberto Saviano della sanità italiana", preannuncia a René Ferretti l'impatto di una pionieristica fiction intitolata, in maniera molto poco italiana, Medical Dimension. Il nuovo progetto di René & company nella terza stagione di Boris dovrebbe segnare un radicale cambio di rotta rispetto a Gli occhi del cuore, pur mantenendo come protagonista il dottor Giorgio di Stanis La Rochelle ("Con lui ci portiamo dietro nelle intenzioni tutto un pubblico fatto di zie, macellai, ragazzine che lo adorano... al quale ci aggiungiamo il nuovo pubblico, il pubblico del futuro. Poi in un secondo momento, chi lo sa, quel pubblico lo mandiamo a fanculo").
Un'altra televisione è possibile? È la sfida che René si propone con Medical Dimension, che per ritmo, realismo e tensione vorrebbe rievocare i fasti di E.R. - Medici in prima linea e Grey's Anatomy. L'operazione del medical drama più o meno all'americana (ma spesso e volentieri all'amatriciana) ha rappresentato, del resto, uno dei filoni della fiction italiana dei primi anni Duemila, ma un filone destinato a raccogliere ben scarsa fortuna. Nel 2001 ci prova Canale 5 con Camici bianchi, reiterando il tentativo nel 2006 con Nati ieri; nel 2007 arriverà la risposta di Rai 1 con Medicina generale, a cui nel 2007 verrà dietro Rai 2 con Terapia d'urgenza. Per i vari epigoni di E.R., i risultati in termini di auditel si riveleranno fallimentari. Un po' come capiterà a Dimension Six, il diretto concorrente di Medical Dimension: "due prodotti gemelli creati tutti e due con lo stesso intento, quello cioè di essere uccisi". Il motivo di questo harakiri della rete? Dimostrare che un'altra televisione è impossibile. Con l'eccezione di Boris...
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