Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini e Martin Scorsese; questi sono i registi cui Dante Ferretti ha legato a doppio nodo la sua carriera e i ricordi personali di una vita ricca di suggestioni. Pensieri e immagini che, oltre ad aver caratterizzato e arricchito pellicole indimenticabili come Amleto di Zeffirelli e Il Vangelo secondo Matteo, compongono oggi la leggenda di un italiano capace d'incantare Hollywood con le sue visioni. Candidato all'Oscar per ben dieci volte, la prima con Le avventure del barone di Munchausen di Terry Gilliam, Ferretti ottiene l'ambita statuetta grazie al connubio artistico con Scorsese (L'età dell'innocenza, Casinò, Al di là della vita, Shutter Island). Così, dopo aver provato con Kundun e Gangs of New York, gli viene consegnato il riconoscimento più ambito per ben tre volte grazie a The Aviator, Sweeney Todd e Hugo Cabret. Premi che rappresentano solo in minima parte la grandezza di una carriera composta da ben cinquanta pellicole e che, con Cinderella di Kenneth Branagh, unisce la tradizione della ricostruzione con l'applicazione della computer grafica.
Signor Ferretti, lei ha il compito di rendere reale la visione di un regista che, molto spesso, non ha alcuna conoscenza tecnica del suo lavoro. Come riesce a dialogare con lui? Dante Ferretti: Le parole sono fondamentali. Per questo motivo, ancor prima di mostrare i bozzetti, comincio con raccontare le immagini. In questo modo il regista si rende conto della parte visuale del suo film. A quel livello l'autore può accettare completamente il progetto o apporta dei cambiamenti, dei suggerimenti personali. In Italia, però, rispetto all'abitudine americana, il regista è più presente, un pò intrusivo, visto che vuol mettere tutto se stesso nella storia che racconta. Personalmente, le mie esperienze sono state positive. Io mi sono sempre adattato al volere dei registi e loro a me.
Uno dei registi cui è più legato personalmente e professionalmente è Martin Scorsese. Com'è il vostro rapporto creativo? Dante Ferretti: Per prima cosa parliamo molto. Lui mi mostra dei film, anche pellicole che sembrano non centrare nulla con quello che dobbiamo fare. Dopo di che inizio a disegnare e a fare dei modelli. L'unica cosa veramente drammatica è portarlo a controllare le scene. Una volta dentro, però, si guarda intorno e dice great.Lei ha realizzato film molto diversi tra loro. Quali sono le difficoltà che si incontrano in questo continuo cambiamento di epoche e suggestioni? Dante Ferretti: Alla base di tutto c'è lo studio. Per questo mi affido molto alla ricerca bibliografica e, come fanno gli attori americani, provo a calarmi profondamente in una certa epoca. Più di qualsiasi cosa, però, sono importanti gli sbagli. Quando al cinema si costruisce qualche cosa di perfetto, sullo schermo appare sempre innaturale. Perché, in fondo, la realtà è imperfetta. Questo è un segreto che ho appreso sui set di Fellini in cui molto si inventava senza ricercare la perfezione.
Quando è iniziata la sua avventura americana? Dante Ferretti: Il primo film fu Le avventure del barone di Munchausen di Terry Gilliam. Ricordo che ottenemmo delle buonissime critiche proprio per la parte visuale del film e la mia prima nomination all'Oscar. La critica lo ha considerato come una delle migliori pellicole a livello scenografico. Dopo quell'esperienza, poi, c'è stata la preparazione di altre progetti che non sono stati mai realizzati, fino a quando non mi ha chiamato per la terza volta Martin Scorsese. Mi aveva già contattato per L'ultima tentazione di Cristo, cui avevo rinunciato per altri impegni. Quella volta, però, ho accettato e realizzato L'età dell'innocenza. Da quel momento si è creato un profondo sodalizio composto da ben sette pellicole, senza contare il prossimo, Silent, su cui inizierò a lavorare appena terminato Cenerentola di Kenneth Branagh.Lei mette la sua sensibilità sempre al servizio del regista. Come riesce a non ostentare il suo lavoro? Dante Ferretti: Non faccio molti sforzi, credo che sia una caratteristica che fa parte di me. Il fatto è che mi piace sognare, la differenza rispetto agli altri è che io lo faccio quando sono sveglio. Ho cominciato ad inventare le mie visioni proprio per il piacere di Federico Fellini. Per molti anni ho sognato quello che faceva piacere a lui. Federico sapeva che non stavo dicendo la verità, ma gli piaceva capire fino a che punto potevo arrivare con questi racconti. Alcuni sono stati utilizzati proprio per i film.
Quale, tra le pellicole realizzate, l'ha affascinata maggiormente? Dante Ferretti: Sicuramente Casino. Prima di tutto perché c'era una donna incredibilmente bella come Sharon Stone e, poi, perchè ho vissuto in un mondo assurdo e fantastico come Las Vegas. Nel mesi in cui sono stato lì l'ho vista cambiare sotto gli occhi velocissimamente.Lei si sente più vicino al cinema italiano o a quello americano? Dante Ferretti: Il cinema italiano è nel mio cuore. Io, in realtà, sono un emigrante perché proprio grazie al mio lavoro qui sono stato chiamato negli Stati Uniti. Hollywood mi ha voluto solo dopo aver visto le meravigliose opere italiane di Fellini e Pasolini. Ad esempio, anche l'incontro con Martin Scorsese lo devo a Federico. Stavamo girando La città delle donne e Martin venne a trovarci sul set con Isabella Rossellini che allora era sua moglie.
Qual'è il suo rapporto con la computer grafica e con le scenografie digitali? Dante Ferretti: Sul set di Sweeney Todd la produzione pensava di fare gran parte del lavoro con il green screen per problemi economici. A quel punto ho chiesto cinquemila dollari per ricostruire gran parte dell'ambiente e dare agli attori dei riferimenti visibili. Per quanto riguarda il film di Branagh abbiamo riprodotto molto e utilizziamo la grafica solo per allargare e ampliare. Ad esempio, la casa di Cenerentola è stata progettata su due piani. Abbiamo ricostruito perfettamente il primo, mentre il primo è stato realizzato con la computer grafica. Questo non cambia molto il mio lavoro, visto che il film lo devo comunque disegnare tutto e controllare le immagini. E vi posso garantire che la qualità visiva è inalterata.Si parla molto del Don Chisciotte di Terry Gilliam e della possibilità che venga girato in Puglia. È stato coinvolto anche in questo progetto? Dante Ferretti: Dopo Il barone ho disegnato altri cinque film per Terry che non sono mai stati realizzati per motivi economici. In questo momento, però, sta lavorando con uno scenografo inglese che mi ha fatto da assistente durante le riprese di Hugo Cabret. Quindi non so dire se il film si farà e se verrà girato in Puglia come pensato in origine.