Bastardi senza gloria: quando il cinema di Tarantino è più forte della storia

Bastardi senza gloria usciva 10 anni fa: ecco in che modo Quentin Tarantino ha firmato uno dei suoi migliori film riscrivendo la storia della Seconda Guerra Mondiale.

Io adoro le chiacchiere. I fatti possono essere fuorvianti; le chiacchiere, vere o false, possono essere rivelatrici.

Christoph Waltz in una scena del film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino
Christoph Waltz in una scena del film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino

In quei rumors, le "chiacchiere" che il colonnello Hans Landa contrappone alla rigorosa asciuttezza dei fatti, Quentin Tarantino sembra alludere al senso profondo di un film come Bastardi senza gloria. Un film in cui alla verità storica viene anteposta quella che potremmo definire una verità estetica; in cui il gusto per il racconto, per l'invenzione narrativa, prende inesorabilmente il sopravvento sull'oggettività della cronaca, generando una sorta di realtà parallela. La frase d'apertura, del resto, non potrebbe essere più emblematica: "Once upon a time in Nazi-occupied France", con quella formula da incipit fiabesco che da subito denuncia il carattere fittizio di quanto andremo a vedere (non a caso, la stessa formula è stata ripresa da Tarantino per la sua ultima fatica, C'era una volta a... Hollywood).

Bastardi senza gloria veniva presentato trionfalmente al Festival di Cannes il 20 maggio 2009, facendo conquistare a Christoph Waltz il premio per la miglior interpretazione maschile, per poi debuttare il 21 agosto nei cinema americani. Per Quentin Tarantino, reduce dal tonfo commerciale di Grindhouse - A prova di morte, si sarebbe rivelato un decisivo riscatto: recensioni positive quasi all'unanimità, un incasso di trecentoventi milioni di dollari (all'epoca il risultato più alto della sua carriera) e circa quarantacinque milioni di spettatori in tutto il mondo, oltre alle otto nomination agli Oscar e alla statuetta come miglior attore supporter per l'austriaco Christoph Waltz. A distanza di un decennio, Bastardi senza gloria rimane non solo uno dei titoli più popolari nella produzione del regista del Tennessee, ma un autentico film-manifesto tanto della poetica tarantiniana, quanto del postmodernismo nel cinema del nuovo millennio.

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C'era una volta in Francia...

Il soldato Brad Pitt in una scena di Inglourious Basterds
Il soldato Brad Pitt in una scena di Inglourious Basterds

Perché l'assunto di partenza di Bastardi senza gloria consiste proprio in questo: una riscrittura in ottica postmoderna della storia della Seconda Guerra Mondiale e dell'occupazione nazista della Francia, con un prologo ambientato nel 1941 e il resto dell'azione che si svolge in un fatidico 1944. In tale riscrittura, pertanto, Tarantino mescola con piena libertà ingredienti, atmosfere e codici ripresi da una pluralità di generi diversi, dal war movie al thriller di spionaggio, dalla commedia nera al western: il western classico hollywoodiano, a partire da un esplicito omaggio al capolavoro di John Ford Sentieri selvaggi, e soprattutto lo spaghetti western, con il riutilizzo di numerose partiture composte da Ennio Morricone per film come La resa dei conti, Il ritorno di Ringo, Il mercenario e perfino La battaglia di Algeri.

Bastardi Senza Gloria
Bastardi senza gloria: Christoph Waltz e Denis Ménochet in una scena del film

Ma il citazionismo di Bastardi senza gloria è dichiarato già dal titolo, che ricalca quello internazionale - The Inglorious Bastards - di un film di guerra di Enzo G. Castellari del 1978, Quel maledetto treno blindato. E la divisione dell'opera in capitoli, così come la sua struttura corale imperniata su differenti storyline, contribuisce a definirne la natura ibrida e multiforme: perché in Bastardi senza gloria, come accade in ogni film di Tarantino, l'ironia e l'orrore si alternano nell'arco di una manciata di secondi, e spesso convivono nella medesima inquadratura. Basti considerare quel formidabile primo capitolo, un prologo di quasi venti minuti in cui il colonnello Hans Landa, il "cacciatore di ebrei" impersonato dal superbo Christoph Waltz, si siede al tavolo del contadino Perrier LaPadite (Denis Ménochet): il loro dialogo, orchestrato su un doppio binario linguistico - e con verve mefistofelica - dal mellifluo ufficiale nazista, è un duello in cui la tensione si fa sempre più tagliente, fino ad esplodere nella carneficina della famiglia Dreyfus e nella corsa disperata di Shosanna (Mélanie Laurent).

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La tragedia di una guerra ridicola

Martin Wuttke in una scena del film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino
Martin Wuttke in una scena del film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino

Il paradosso di Bastardi senza gloria è appunto questo: trattare una materia narrativa drammaticamente seria (la guerra, le persecuzioni antisemite) con il piglio vivace e scanzonato con cui, fin dai tempi de Le iene, gli antieroi tarantiniani affrontano ogni situazione. Il tutto, però, sempre in un miracoloso equilibrio fra la tragedia e la farsa: la tragedia, come quella che ha segnato l'esistenza di Shosanna e che la indurrà a progettare una spietata vendetta, e la farsa dell'Adolf Hitler isterico e grottesco dell'attore Martin Wuttke, o dei "Bastardi" di Aldo Raine (Brad Pitt), costretti a spacciarsi goffamente per italiani; così come ridicoli appaiono, il più delle volte, i gerarchi nazisti o il fittizio film di propaganda - Orgoglio della nazione - confezionato dal Ministro Joseph Goebbels (Sylvester Groth) e dal vanesio soldato-divo Wilhelm Wicki (Daniel Brühl), quasi uno scimmiottamento dei documentari di Leni Riefenstahl.

Michael Fassbender in un'immagine del film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino
Michael Fassbender in un'immagine del film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino

Per Tarantino, dunque, non c'è distinzione fra 'alto' e 'basso', né esistono timori reverenziali nei confronti della Storia e dei suoi tabù: la Storia, semplicemente, è l'immaginario da cui attingere per ricavarne personaggi e tópoi narrativi, e la cornice entro cui disegnare storie sempre nuove. A lui, come al colonnello Landa, non interessano i fatti, quanto i rumors: Bastardi senza gloria è essenzialmente un "film di chiacchiere", come lo erano a loro modo pure Le iene e Pulp Fiction ma anche, in misura più o meno ampia, gli altri lavori di Tarantino. Sono le chiacchiere, le divagazioni, i pettegolezzi il terreno su cui si combatte la partita fra il Terzo Reich e le forze alleate: si pensi solo alla lunga sequenza nella taverna sotterranea, in cui ancora una volta è il linguaggio - il bizzarro accento del tenente Archie Hicox (Michael Fassbender) - lo strumento per ingannare gli avversari o per smascherare chi fa il doppio gioco.

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Putting Out Fire: l'angelo sterminatore

Diane Kruger in un'immagine del film Bastardi senza gloria
Diane Kruger in un'immagine del film Bastardi senza gloria

La commistione di generi e l'ironia (altro elemento-cardine del postmodernismo), la fantapolitica e l'importanza del linguaggio (il plurilinguismo, perlomeno nella versione originale, è una colonna portante del film), ma in Bastardi senza gloria c'è almeno un'altra componente imprescindibile, forse quella in grado di fornirci la sua chiave di lettura più autentica: la cinefilia. Della passione per il cinema è imbevuta l'intera pellicola, e non solo per le citazioni e i rimandi ad altri film: in Bastardi senza gloria la cinefilia è il leitmotiv di tutto il percorso di Shosanna, che a Parigi gestisce una piccola sala in cui vengono proiettati Henri-Georges Clouzot e Georg Wilhelm Pabst ("Li rispettiamo i registi, nel mio paese... perfino quelli tedeschi"); Archie Hicox ottiene l'ingaggio nella missione dei Bastardi per il suo curriculum di studioso di cinema tedesco (e grazie a un paragone fra Goebbels e David O. Selznick); e nella taverna in cui incontrerà la diva Bridget von Hammersmark (Diane Kruger), il famoso gioco degli indovinelli riguarda quasi esclusivamente personaggi cinematografici.

Shosanna
Bastardi senza gloria: Mélanie Laurent nel ruolo di Shosanna
Mélanie Laurent in un'immagine di Bastardi senza gloria
Mélanie Laurent in un'immagine di Bastardi senza gloria

Ma è in particolare nell'ultimo capitolo che la cinefilia, ben lungi dal restare un puro vezzo, assume un ruolo centrale sul piano narrativo: dal momento in cui, in una delle scene cult del cinema di Tarantino, una Shosanna in abito rosso fuoco si prepara ad incenerire l'intera classe dirigente nazista sulla sinistra melodia di Cat People (Putting Out Fire), accompagnata dalla voce cavernosa di David Bowie. E la vendetta di Shosanna, l'angelo sterminatore, si consumerà puntualmente con una catasta di pellicole in nitrocellulosa pronte a trasformare la sala in cui viene proiettato Orgoglio della nazione in un gigantesco rogo senza vie di scampo, in cui troveranno la morte i gerarchi del Reich, divi del regime come l'attore Emil Jannings e lo stesso Adolf Hitler. Il volto di Shosanna, proiettato sullo schermo e 'divorato' dalle fiamme, diventa così la personificazione del cinema che fagocita - in senso quasi letterale - la Storia. Perché l'oggetto della celebrazione di Bastardi senza gloria è proprio questo: l'arte e la sua forza immaginifica, strumenti in grado di opporsi a qualunque forma di potere... o, peggio ancora, di metterlo in ridicolo.

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