Tutti siamo cresciuti con il mito di Hollywood, che ci piacesse o no. Un immaginario così imponente, larger than life, che nell'accompagnarci nel corso della nostra crescita in qualche modo l'ha inevitabilmente segnata, imponendo canoni estetici che in qualche modo sono diventati anche nostri. Un mito che affonda le sue radici nel passato, in un'epoca d'oro in cui il cinema poteva racchiudere in sé una potenza evocativa che oggi deve condividere con altri mezzi espressivi altrettanto, se non più, popolari. Un mito a cui guardano i fratelli Coen nel loro ultimo lavoro, Ave, Cesare!, giunto a Berlino per aprire l'edizione 2016 del festival tedesco e portare un po' delle sue star sul tappeto rosso della Berlinale.
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Il mondo delle star
Ed è giusto che sia così, per un film che si guarda alle spalle per raccontare una Hollywood diversa, allo stesso tempo più semplice e più complessa di quella che sforna i blockbusters odierni, quella degli inizi degli anni '50 in cui i grandi studios la facevano da padrone. I Coen ce la raccontano attraverso il personaggio di Eddie Mannix, che per uno di questi grandi studi si occupa di risolvere ogni tipo di problema. E ne capitano eccome! Per esempio accade che la star del titolo di punta in produzione, Hail, Ceaser! proprio come il film portato fuori concorso a Berlino, venga rapita da un bizzarro gruppo di cui non anticipiamo la natura; o che due giornaliste, simili ma opposte, gli stiano con il fiato sul collo per ottenere lo scoop di cui hanno bisogno; o che una delle dive del momento abbia un piccolo problema da gestire in modo da non rovinare la sua immagine, una gravidanza senza un marito. Insomma, una Hollywood in cui può capitare ogni tipo di sfida e costringe ad inventarsi ogni tipo di misura d'emergenza.
Benvenuti a Hollywood
Viviamo la Hollywood che era attraverso il Mannix di un solido Josh Brolin, ma la vediamo prendere vita attraverso le varie figure che gli gravitano intorno, dalla starlet interpretata da Scarlett Johansson al divo rapito di George Clooney o il sempliciotto Hobie Doyle di Alden Ehrenreich e il regista interpretato da Ralph Fiennes, fino a quelli che hanno meno spazio come le due giornaliste, entrambe interpretate da Tilda Swinton, o il legale Jonah Hill. Figure eccessive che tratteggiano un mondo variegato, assolutamente pittoresco e imprevedibile, che solo in alcuni casi risultano un filo troppo sopra le righe. Un cast di interpreti che con (auto)ironia raccontano un mondo che è stato e forse ancora un po' esiste, che sanno prendersi in giro e non si preoccupano di fare gli stupidi pur di mettersi al servizio della commedia targata Coen, la più divertente dai tempi di Burn After Reading - A prova di spia.
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Per un pugno di idee
Abbiamo accennato a un buon cast ben valorizzato (pensiamo per esempio al caso di un Channing Tatum straordinario catalizzatore dello spirito del film), abbiamo parlato del film dei recenti Coen più divertente, ma un difetto dobbiamo trovarlo: accanto all'ironia sfrenata su Hollywood, si accenna a tanti altri temi paralleli e secondari che avrebbero meritato (o per i quali avremmo desiderato) un maggior approfondimento. Spunti che danno vita anche ad alcune delle sequenze più divertenti ed incisive, come lo straordinario dialogo tra religiosi sulla figura di Dio e di Cristo o il monologo di Clooney su come il cinema possa essere usato dal sistema per controllare lo status quo, ma che restano in superficie senza affondare il colpo e completare l'affresco, ironico e graffiante, su un mondo e un modo di pensare. Per questo, forse, si esce dalla visione con un senso di soddisfazione un pizzico inferiore ad altre opere dei Coen, non ultimo il recente e bellissimo FILM=/film/a-proposito-di-davis_31383/]A proposito di Davis[/FILM].
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Il valore della confezione
Ave, Cesare!, però, non si limita ad essere divertente, ma riesce a colpire con una messa in scena curatissima che poggia su una scrittura altrettanto solida. Non mancano i piccoli tocchi di classe, come il titolo Ave, Cesare! presentatoci attraverso quello del film nel film, quello in produzione presso gli studi di Mannix con la star rapita, né sequenze complesse e coreografie elaborate, come l'esuberante e trascinante balletto con protagonista Channing Tatum, ma quello che colpisce è la padronanza complessiva dei fratelli Coen per quanto riguarda approccio, tono e tempi narrativi. Insomma non ci troveremo al cospetto del miglior film della coppia di fratelli del Minnesota, ma ce ne fossero di film minori di questa qualità!
Movieplayer.it
3.5/5