Io ascoltavo la pop music perché ero un infelice, o ero infelice perché ascoltavo la pop music?
"Alta fedeltà", altrimenti detta Hi-Fi (dall'inglese High Fidelity), è l'espressione con cui si indicano prodotti audio e video di qualità superiore. Ma corrisponde anche, intesa in un'accezione diversa, al sentimento che spinge i clienti abituali di Rob a comprare dischi nel suo negozio, nonostante il servizio offerto non sia proprio dei più efficienti. Dal 31 marzo del 2000, quindi, il giorno in cui usciva nelle sale statunitensi la commedia diretta da Stephen Frears tratta dall'indimenticabile romanzo di Nick Hornby, Alta fedeltà è anche il titolo di uno dei film che più amiamo rivedere. Forse per l'allegria istantanea che ci trasmette. E forse anche perché ci riconosciamo nel protagonista, prevalentemente per quei difetti che ce lo rendono simpatico, nonostante sia insopportabile. Quindi vogliamo imitarlo e stilare la Top Five degli aspetti per colpa dei quali nella nostra vita ci incartiamo continuamente: quelli per cui dentro ognuno di noi, che lo vogliamo o no, campeggia un Rob Gordon.
1. Scambiare l'essenza di una persona con i suoi gusti
Dalla Londra del romanzo, nel film veniamo trasferiti nella periferia di Chicago, dove Rob (John Cusack) gestisce stancamente il Championship Vinyl, un negozio di dischi che sopravvive grazie all'ossessività di coloro che lui stesso ha soprannominato "feticisti musicali", tra i quali sente di rientrare a pieno titolo. E tra i quali sicuramente rientrano i suoi assurdi collaboratori, Dick (Todd Louiso) e Barry. Il volto diafano di Dick lo ricorderemo in Jerry Maguire, dove l'attore interpretava "la tata" Chad, e dove curiosamente vestiva già i panni di un fanatico musicale insicuro, che in quel caso prestava controvoglia, ma per uno sballato senso del dovere, al piacione Tom Cruise l'audiocassetta di jazz con cui mettere a suo agio la dolce Dorothy. In Alta fedeltà anche Dick farfuglia, poco ascoltato, le sue appassionate opinioni musicali, ma offre volentieri il suo timido sostegno emotivo a chiunque lo voglia raccogliere. Purtroppo, all'interno del Championship Vinyl, Rob non lo tollera ma non ha il cuore di licenziarlo, e Barry, un Jack Black vulcanico e integralista, lo aggredisce se i loro pareri musicali non coincidono, o se Dick aggiunge un articolo di troppo al nome di un album.
In parole povere, con sfumature diverse, sono tre snob, che valutano le persone in base ai loro gusti musicali e che sghignazzano se i clienti si dimostrano poco esperti di dischi: Barry addirittura li scaccia a male parole, indirizzandoli con disprezzo al centro commerciale più vicino. Tutti e tre comunque passano il loro tempo, piuttosto che a vendere dischi, a stilare "top five", classifiche musicali su qualsiasi tema: i primi brani degli LP, o il lunedì mattina, o addirittura la morte. E tutto l'impegno che Rob non incanala nel lavoro, lo profonde nel creare possibili compilation. Così, se lui ci ricorda la nostra tendenza a giudicare superficialmente le persone in base ai loro gusti, che siano musicali o cinematografici, ci fa tornare alla mente anche l'epoca delle audiocassette, quando stavamo col dito premuto su "play" e "record" per registrare una canzone che passavano in radio, e quando ci spremevamo le meningi per creare una compilation stellare e regalarla a qualcuno di importante. E quindi, su questa scia teneramente nostalgica, lo perdoniamo.
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2. La paura di diventare grandi
Qualora non fosse ancora chiaro, Rob soffre della sindrome di Peter Pan, e il suo rifugio è la musica. "Io ascoltavo la pop music perché ero un infelice, o ero infelice perché ascoltavo la pop music?". Rompendo la quarta parete di continuo con le sue vacue questioni esistenziali, Rob ci ha scelti come confidenti dei suoi fallimenti sentimentali, di cui non può che stilare una livorosa classifica partendo addirittura dall'adolescenza. Laura (Iben Hjejle) lo ha appena lasciato, andandosene dal suo appartamento e costringendolo a fare i conti con la propria immaturità: "Al massimo avrai cambiato i calzini, da quando ti conosco". Alta fedeltà così diventa quasi un film di formazione, dove a crescere è un adulto insoddisfatto anziché un ragazzino, e dove Rob presenta aspetti molto simili allo Hugh Grant di About a boy - Un ragazzo, film di due anni dopo, significativamente tratto anch'esso da un romanzo di Nick Hornby, che evidentemente aveva pure lui qualche problemuccio con l'età adulta. Comunque noi non siamo gli unici confidenti di Rob: lo è anche nientemeno che Bruce Springsteen. Il Boss infatti fa un memorabile cameo dove, nella parte di amico immaginario e guru, consiglia schitarrando a Rob di contattare le sue ex, per capire da loro dove avrà mai sbagliato nelle relazioni sentimentali. Chissà, forse molti di noi condivideranno con Rob anche la sua tendenza a umiliarsi di continuo, nell'assillante ricerca di risposte.
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3. Mitizzare le persone sbagliate
Tra coloro con i quali Rob ci fa provare quell'imbarazzo interposto sintetizzato dall'espressivo vocabolo tedesco "fremdschämen", annoveriamo certamente Ian, un Tim Robbins con "la coda di cavallo alla Steven Seagal" e molti piercing, che ha l'imperdonabile colpa di frequentare Laura subito dopo la sua storia con Rob. E che il protagonista non può fare a meno di immaginare avvinghiato alla sua ex, tra lenzuola sudate. Così, quando Ian ha l'ardire di presentarsi al negozio di dischi per chiedere a Rob di non telefonare più ossessivamente a casa sua, Rob vagheggia scene pulp in cui lo aggredisce, con l'aiuto dei suoi due scalcinati collaboratori, facendolo stramazzare col volto ricoperto di sangue. I più irascibili tra noi forse condivideranno con Rob anche crude fantasie di questo tipo. L'immaginazione di Rob però non si focalizza soltanto sulla vendetta, ma soprattutto sul contornare alcune persone di un'aura leggendaria. È il caso di Charlie (Catherine Zeta-Jones), una sua seducente ex che Rob non ha mai dimenticato. "Un'extraterrestre, una dea, un mito". Rob si stupisce perfino di trovare il suo nome nel vile elenco telefonico. Quando la incontra a distanza di anni però ha un'epifania, che molti di noi avranno avuto con un ex venerato e poi rivisto secondo un'ottica un tantinello più consapevole. "All'improvviso ho capito: Charlie è pessima. Lei non ascolta nessuno, dice stupidaggini, cose palesemente assurde, e solo ora mi accorgo che non ha il minimo senso dell'umorismo, e che spara cavolate a raffica per ore. Forse lei è sempre stata così. Come ho potuto ignorare i suoi difetti? Come ho fatto a vedere in questa ragazza la risposta a tutti i miei problemi?". Balle di fieno che rotolano e mosche che ronzano: per dignità, lasciamo all'etere la risposta che lui e noi meriteremmo.
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4. Autosabotarsi
Mai sentito parlare di "profezia auto-avverantesi"? È quella che mette in atto Rob ogni volta che non si sente all'altezza di un compito. Con Charlie, per esempio, la storia era finita dato che lui non trovava risposta alla domanda: "Perché una donna come Charlie sta con me?". Temeva di essere lasciato per un altro, e Charlie lo ha lasciato per un altro: profezia auto-avverantesi. Anni di psicanalisi risparmiati se al tempo avessimo guardato Alta fedeltà con uno spirito meno superficiale. Va detto che a volte sono proprio i nostri genitori a infierire, anziché supportarci, quando veniamo scaricati: la madre di Rob addirittura scoppia in lacrime al telefono alla notizia che Laura ha fatto i bagagli.
Per distrarsi un po' dalla malinconia, Rob si infatua della cantante Marie DeSalle (Lisa Bonet), e sospira mentre la sente rivisitare languidamente dal palco il brano di Peter Frampton, Baby, I Love Your Way. "Voglio vivere con una musicista, che scriva canzoni a casa mia, che mi chieda consiglio, e che magari scriva tra le note di copertina un nostro segreto", dice trasognato a Dick e a Barry. La fascinazione verso i musicisti accomuna molti di noi, e dovremmo sapere che il più delle volte non porta a niente di buono. Tutto sommato, però, in questo caso è il flirt più innocente che Rob si conceda, considerando che durante la sua storia con Laura non fosse proprio un modello di fedeltà (nonostante il titolo del libro e del film di cui è protagonista). Ma piuttosto che farsi un salutare esame di coscienza, Rob preferisce cercare risposte nelle stelle e, quando scopre che la sua prima fidanzatina si è sposata con la persona per la quale l'aveva mollato, esulta all'idea che almeno quella volta non era stata una propria responsabilità, ma che l'aveva inconfutabilmente voluto il Fato.
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5. Non capire che la felicità è simile al nostro presente
A piccoli passi e con enorme lentezza, Rob alla fine comprende che le sue relazioni sono naufragate per colpa della sua incapacità a mettersi nei panni altrui e della sua resistenza a maturare. È Laura a fargli capire, dopo aver trovato un foglio con la top five dei suoi lavori da sogno, che a Rob per essere felice basterebbe perfezionare il suo presente, anziché stravolgerlo. E così Rob offre un contratto discografico a due ragazzotti che avevano tentato di rubare nel suo negozio, che si rivelano musicalmente in gamba, e fonda la sua etichetta: la "Top 5 Records". Perché le risposte in fondo le abbiamo già: basta setacciare con attenzione la nostra vita. Capisce inoltre che verso le altre ragazze lui nutre soltanto banali fantasie, allettanti perché non gli creano alcun problema reale. "E io sono stanco di immaginarmi le cose. Di quasi tutto mi sono stancato, ma mai credo che mi stancherò di te". È finalmente riuscito, dopo aver recriminato per tutto il corso del film, a sfornare una dichiarazione romantica per Laura, con cui torna insieme, e inizia a pensare a una cassetta per lei: conosce i suoi gusti e cercherà di farla felice. Per la prima volta, vinti egoismo e insicurezze, sa perfino di potercela fare. Nel romanzo di Nick Hornby, Rob ci regalava una delle più belle definizioni di tutti i tempi, dicendo che "la musica sentimentale ha un grande potere: ti riporta indietro nel momento stesso in cui ti porta avanti, così che provi, contemporaneamente, nostalgia e speranza". E adesso che finalmente le sue aspettative coincidono con il presente, pensiamo a maggior ragione che la musica e le playlist abbiano sulla nostra vita un effetto non solo salvifico, ma quasi magico.