300, o il fascino discreto della violenza

Frank Miller sollecita, nello spettatore, uno degli istinti più antichi e radicati nel cuore umano: il fascino della violenza, del truculento, della guerra.

Fortunatamente, questa volta il giudizio della critica va di pari passo con quello del pubblico. 300, uno dei grandi successi della stagione, grazie a numerose ed innovative caratteristiche, supera i limiti del film di genere (storico, di guerra, mitologico), ponendosi prepotentemente come un'ineliminabile pietra di paragone per il futuro. Paradossalmente, la critica, rispecchiando il gradimento delle sale, evidenzia la spettacolarità di 300, esaltandone la capacità di tenere desta l'attenzione dello spettatore per tutta la durata della pellicola.

In realtà, il valore del film va ben oltre. Il talento di Frank Miller presente nel suo graphic novel ha avuto la fortuna di essere trasposto da una squadra, forse, più attenta alle sue esigenze rispetto a quella di Sin City, pellicola più discontinua ed eterogenea. In particolare, la fotografia vuole colpire lo spettatore, affascinarlo con la sua vasta gamma di colori, creando scenari e sfondi del tutto irreali ma di grande impatto visivo. I campi di grano di un giallo luminoso e la danza divinatoria della donna al cospetto di Leonida sono soltanto due esempi di un campionario molto più vasto. Ma, ancora, tutto ciò non spiega il successo del film. Frank Miller sollecita, nello spettatore, uno degli istinti più antichi e radicati nel cuore umano: il fascino della violenza, del truculento, della guerra. Inoltre, il mondo occidentale ha da sempre subito il fascino dell'Oriente, visto come terra del lusso, dell'esotico, della magia, del mistero e del piacere. 300 usa liberamente il contesto storico della battaglia delle Termopili, esaltando questi elementi archetipici. Le numerose scene di battaglia si soffermano sulle mutilazioni, le ferite, le decapitazioni, il sangue, il rumore delle armi che trafiggono la carne e spezzano le ossa.

A differenza di altri colossal storici o mitologici, come Troy, Alexander, Il patriota, la violenza è un elemento essenziale, attraverso il ricorso a scene a velocità rallentata che la evidenziano e quasi la impongono allo spettatore. Non si tratta di una violenza sgradevole ma necessaria, come nei film citati o in altri di genere diverso, come quelli sulla malavita: Il padrino, Quei bravi ragazzi. Zack Snyder, per di più, è molto attento nell'esaltare la plasticità dei corpi: gli attori ricordano le statue dell'antichità classica. Il gusto, del tutto evidente, di far combattere elefanti, rinoceronti, mostri umanoidi, soldati con antiche bombe a mano, guerrieri sfigurati con il volto coperto da maschere d'argento e la cura quasi maniacale nel mostrare divise sempre diverse (l'impero persiano, come sottolinea la stessa voce narrante, è una fonte inesauribile di trucchi e sorprese): considerato tutto ciò, è evidente che questo tipo di violenza ha il compito di affascinare lo spettatore. Del resto, la scena al rallentatore della decapitazione, ad opera di un mostro umanoide dotato di chele, di un generale persiano, è un efficace riassunto di quanto detto sino a qui. Sempre sulla linea di una violenza "piacevole", un ruolo essenziale è dato da Serse e dalla sua corte. Il re è un gigante muscoloso, molto più alto di Leonida e dei greci. Vestito con ornamenti d'oro e pietre preziose, egli incarna il dispotismo orientale che vuole espandersi a scapito del mondo greco. Se questo è un dato storico, l'interesse di Miller è tutto puntato sull'esotismo: fondamentale, a riguardo, la sequenza in cui il deforme Efialte si reca nella tenda di Serse. La lussuria sembra l'elemento fondamentale, grazie ad una musica avvolgente, belle donne compiacenti, cibi invitanti, oro ed altri oggetti preziosi, danze seducenti, il tutto dominato dal gigantesco e sensuale Serse. Lo spettatore, al pari di Efialte, è sedotto da questo mondo così lontano dal nostro. Ancora un indizio, quindi, che i fiumi di sangue che scorrono in 300 non vogliono disturbare lo spettatore, bensì incantarlo.

L'originalità di Frank Miller, ben compresa e sviluppata dall'intero staff del film, è quella di avere compreso l'Arte possa usare la violenza anche per scopi ludici e piacevoli. Se così non fosse, in effetti, non si spiegherebbe il successo del genere horror, sia nel cinema che nella letteratura, per non parlare di altre altissime manifestazioni artistiche (pittura, film impegnati...). Spesso si dimentica come anche testi "insospettabili" come le favole di Perrault contengano efferatezze: in Cenerentola, ad esempio, un uccello divora gli occhi delle sorellastre della protagonista. L'accusa di essere un film politicamente scorretto, pertanto, va ridimensionata a fronte di un uso "non violento" della violenza.