Otto minuti nel passato per salvare il futuro
Mostri giganteschi, invasioni aliene, drammi pre e post-apocalittici, cataclismi, terremoti e maremoti. Questo ha offerto di recente la fantascienza made in Usa, un genere intrigante che Hollywood ha sempre guardato con fascinazione ma che raramente è riuscita a onorare, e solo grazie al talento fuori dall'ordinario di cineasti come Ridley Scott, Steven Spielberg, George Lucas e pochi altri. Poi nel 2009 un piccolo film indipendente intitolato Moon, semplicemente, aveva fatto gridare al miracolo. Davanti alla macchina da presa un magistrale Sam Rockwell in versione astronauta sulla Luna alle prese con una crisi d'identità e con i risultati della clonazione, mentre dietro la macchina da presa l'esordiente Duncan Jones, un giovane britannico che deve aver ereditato dal padre, il 'figlio delle stelle' David Bowie, la passione sfrenata per l'ignoto, per l'alienazione, per l'amore, per l'universo e per l'esplorazione del tempo e dello spazio.
Ci si aspettava una conferma nella Hollywood che conta dunque, conferma che è arrivata puntualmente due anni dopo con questo Source Code, un action sofisticato e avvincente che coniuga la fantascienza classica e la spettacolarità dei blockbuster moderni con una naturalezza spiazzante.
Protagonista assoluto dell'avventura ai confini della realtà il capitano Colter Stevens (Jake Gyllenhaal), elicotterista dei Marines che si ritrova su un treno di pendolari diretto a Chicago senza sapere come ci è arrivato e per quale motivo. Davanti a lui una donna molto bella di nome Christina (Michelle Monaghan) che sembra conoscerlo bene ma di cui lui non sa assolutamente nulla. Totalmente spaesato l'uomo si alza alla disperata ricerca di un bagno in cui rifocillarsi e capire meglio cosa succede, ma quando si guarda allo specchio senza riconoscere la sua faccia capisce che qualcosa di grave gli sta succedendo. I documenti parlano chiaro, il corpo in cui è racchiuso è quello di Sean Fentress, un insegnante di Chicago, e quella donna è la sua fidanzata. Qualche istante dopo un boato, il treno esplode e muoiono tutti. Al suo risveglio Colter si ritrova in un'unità di isolamento high-tech, unica via di comunicazione vocale è quella che ha con Goodwin (Vera Farmiga), una donna in uniforme che lo incalza chiedendogli di raccontare per filo e per segno tutto ciò che ha visto. Alla richiesta di spiegazioni la donna lo mette al corrente della realtà: Colter è coinvolto in un'operazione top secret denominata Source Code che gli permetterà di assumere l'identità di uno dei passeggeri e di saltare indietro nel tempo agli otto minuti che precedono l'esplosione del treno, otto minuti in cui Colter dovrà cercare indizi e prove per smascherare l'attentatore ed evitare così un secondo attacco già preannunciato nel cuore della città. Duncan Jones consacra dunque il suo talento di narratore e di cineasta confezionando un film capace di regalare un'ora e mezza di intrattenimento di alto livello senza un attimo di respiro, un thriller-action di fantascienza tutto incentrato su un unico personaggio, un eroe, un uomo alle prese con una crisi di identità, combattuto tra la sua natura di soldato e il suo inconscio, coinvolto da sentimenti contrastanti e smarrito in una realtà che non gli appartiene in cui deve far emergere il suo spirito di adattamento per far fronte ad una situazione irreale di cui non conosce nulla. Proprio come avveniva in Moon, definito senza esagerazioni come uno degli sci-fi movies più appassionanti e alienanti degli ultimi vent'anni, anche in Source Code ci si sofferma poco sul lato 'scientifico' della vicenda per dedicare maggiore attenzione alla narrazione, alla scansione del tempo, al lato umano delle relazioni che si instaurano tra le persone coinvolte in questo viaggio fantastico avanti e indietro nel tempo. Coinvolto nel progetto grazie all'intercessione dello stesso Jake Gyllenhaal, desideroso di lavorare con il geniale creatore di Moon, Jones porta sul grande schermo l'ingegnosa intuizione dell'esordiente sceneggiatore Ben Ripley con l'aiuto del maestro del montaggio di Paul Hirsch, storico montatore dei film di Brian De Palma e premio Oscar nel 1978 per il montaggio di Guerre Stellari, dello scenografo Barry Chusid (2012, L'alba del giorno dopo, Daredevil) che usando un green screen per gli esterni dal finestrino e un vagone scorrevole a grandezza naturale ricostruito interamente in un teatro di posa, smontabile per consentire il posizionamento e il movimento della macchina da presa in qualunque punto, ha praticamente riprodotto la corsa di un treno diretto verso Chicago permettendo di ripetere la stessa sequenza più e più volte senza spreco di risorse. L'evoluzione della storia è intricata e non lineare ma mai confusa: il protagonista torna indietro nel tempo con un bagaglio di informazioni sempre maggiore e per questo ogni 'ritorno al passato' è a suo modo coinvolgente, nuovo, pieno di colpi di scena fino al sorprendente finale, che poteva (anzi doveva) essere anticipato di qualche minuto per evitare di sprofondare nel consueto buonismo e nel lieto fine a tutti i costi tipico dello standard hollywoodiano. Il bello della storia è che il suo tenore si mantiene costantemente nel terreno del plausibile senza mai risultare assurdo offrendo punti di vista psicologici e risvolti ipertecnologici intelligenti abbinati ad una realizzazione elegante e mai cafona della messa in scena.
Stilisticamente impeccabile, Source Code attraversa tanti generi diversi e grazie al talento visivo di Jones e alla bravura di Gyllenhaal, grandioso nel reggere da solo l'intero peso della storia, e riporta in auge un genere ormai saturo e declinato all'inverosimile, sfruttando un'idea di fondo nuova e stimolante che potrebbe prestarsi benissimo per uno sviluppo in lunga serialità. Un duo vincente quello composto da Duncan Jones e Jake Gyllenhaal che promette grandi cose per il futuro - o per il passato, a seconda dei punti di vista.
Movieplayer.it
4.0/5