Hai un momento Dio?
Elizabeth Gilbert avrebbe realizzato tutti i sogni della sua vita. E' una giornalista di successo, ha una casa nuova di zecca e un marito, Steven (Billy Crudup) che la ama senza riserve. Che non sia vera gloria, però, lo si comprende dalle notti insonni passate a piangere in bagno. Spinta dalla profezia di un simpatico sciamano sdentato, Liz ferma il mondo e scende, giusto il tempo per capire davvero cosa voglia. Tra tormenti e sensi di colpa divorzia, trova in David (James Franco) un nuovo amore e subito si rende conto di non aver ancora afferrato quello che le manca, ovvero la sua identità. Decide allora di prendersi un anno sabbatico. Parte alla volta di Roma per ritrovare il piacere per il cibo, poi si sposta in India, nell'ashram della sua guru, per imparare a pregare, infine approda a Bali dove attua la personale sintesi tra corpo e spirito innamorandosi perdutamente di Felipe (Javier Bardem), un brasiliano che riesce a guarire vecchie ferite sentimentali grazie al rapporto con la scrittrice. Lei lo ringrazia scrivendo il libro della svolta, artistica ed umana.
Non poteva essere che Julia Roberts la protagonista del film di Ryan Murphy, Mangia, prega, ama. Solo l'inconfondibile "pretty woman" del cinema hollywoodiano poteva rendere con grazia le angustie di Liz Gilbert, l'autrice del best seller autobiografico che ha ispirato migliaia di donne americane a cambiare vita. E sgombriamo subito il campo: è semplicemente perfetta nel ruolo della "donna perfetta" che scopre di avere qualche piccolo conto in sospeso con se stessa e con gli uomini. Talmente in parte che perfino il suo alter ego fittizio finisce per assomigliarle. Non si chiede in continuazione alla povera Gilbert di sorridere "anche con il fegato"? Di essere spumeggiante e radiosa? Di essere Julia Roberts, in poche parole. Pur evitando i paragoni con il libro, un'opera minuziosa e densa nonostante la leggerezza di fondo, dobbiamo ammettere che il film non riesce a stare dietro alle mille riflessioni della scrittrice. Se questo aspetto diventa un valore soprattutto nella parte ambientata a New York, decisamente più fluida rispetto alle pagine del romanzo, non si può dire la stessa cosa del blocco italiano (o meglio romano). Difficile non sobbalzare sulla poltroncina quando sentiamo la doppiatrice della Roberts parlare in romanesco mentre ordina un pranzo luculliano in una trattoria del centro. Difficile rimanere impassibili quando davanti ai nostri occhi si compone il classico ritratto dell'italiano che ama il dolce far niente, la mamma, gli spaghetti e le belle donne (non vedevamo un gruppo di bulletti intenti a corteggiare il fondoschiena di una ragazza dai tempi di Poveri ma belli).
E il discorso vale anche per la rappresentazione degli altri scenari; l'ashram indiano è una sorta di comune hippy in cui gli inviti alla spiritualità vengono sparati a raffica come slogan, mentre Bali è una via di mezzo tra il paradiso terrestre e un lussurioso luogo di piacere. Due ore e mezza sono tante per un film che non armonizza le immagini patinate e il racconto di una crisi profonda. Ryan Murphy possiede stile ed eleganza da vendere nel girare e neanche un goffo prodotto come questo può intaccarne le grandi qualità, ma stavolta l'autore di Indianapolis non riesce a centrare l'obiettivo principale, cioè accompagnare emotivamente lo spettatore nel lungo viaggio della protagonista alla scoperta di se stessa. Tanto per cambiare, l'ingrediente in più è Julia Roberts che riesce ad illuminare una storia difficilmente digeribile nella sua versione cinematografica, proprio per l'eccessiva frammentarietà. Tra le pecche inseriamo il pessimo trattamento "linguistico" riservato a Javier Bardem che nella versione italiana si esprime in un portoghese risibile, mentre Richard Jenkins è fin troppo sacrificato nel ruolo di Richard del Texas, mentore spirituale della protagonista, dal passato tormentato.
Movieplayer.it
2.0/5