The OA: gli autori parlano del finale e di una possibile seconda stagione

Brit Marling e Zal Batmanglij hanno svelato qualche dettaglio del processo creativo alla base della serie di Netflix.

The OA: Brit Marling in una foto della serie
The OA: Brit Marling in una foto della serie

Brit Marling e Zal Batmanglij hanno creato la serie The OA che, al suo debutto quasi a sorpresa su Netflix, ha immediatamente attirato l'attenzione del pubblico e della critica.
In un'intervista rilasciata a The Hollywood Reporter i due autori hanno svelato qualche curiosità sulla storia di Prairie, la giovane che viene ritrovata dopo sette anni dalla sua misteriosa scomparsa.

La serie è rimasta avvolta nel mistero perché Zal e Brit non sono particolarmente famosi e hanno potuto agire un po' in segreto, chiedendo poi agli attori di non pubblicare annunci e informazioni riguardanti lo show. Durante le riprese, inoltre, è stato utilizzato un logo di The OA in braille quindi sul set non c'erano simboli legati al progetto. La produzione ha cercato di non farsi notare e sembra esserci riuscita.

Brit Marling in The OA
Brit Marling in The OA

Brit ha spiegato che molti anni fa hanno incontrato una ragazza che ha quasi rischiato di morire e ha descritto la sensazione di lasciare il proprio corpo e fluttuare all'esterno, guardando se stessa nella stanza di ospedale. La ragazza ha descritto la sensazione di pace che aveva provato e il suo unico pensiero era "le persone a cui voglio bene sanno quanto le amo?". L'attrice ha quindi iniziato a leggere numerosi testi riguardanti questo tipo di esperienze e ha trovato molto affascinante il fatto che non ci sia un metro scientifico per affrontare la situazione. I racconti in prima persona di quello che hanno provato e hanno visto queste persone quando l'encefalogramma era piatto per qualche minuto sono tutto quello che si può conoscere su quei momenti. La storia si è poi intrecciata a quella del mondo quotidiano: quello composto dai licei pubblici e della periferia. I due creatori di The OA hanno trascorso molto tempo nelle scuole del Midwest, parlando con gli alunni e gli insegnanti, o seguendo gli eventi sportivi. Brit e Zal si sono quindi interessati all'idea del processo di diventare adulti nella società contemporanea, analizzando come le storie di cui i giovani sono consumatori li possano aiutare oppure ostacolare.

Leggi anche: The OA: la nuova serie Netflix è tanto misteriosa quanto impossibile da raccontare (e recensire)

Batmanglij ha spiegato che si è deciso di provare a mettere tutto quello che amano dei romanzi e dell'esperienza di leggere un libro nel formato seriale. Non tutti i personaggi sono così presenti nella prima ora e non tutti i capitoli hanno la stessa lunghezza. Insieme a Brit ha poi cercato di costruire la storia su un'idea in cui credevano, cercando di provare qualcosa di nuovo rispetto ai canoni televisivi. Non avere spazi pubblicitari ha permesso inoltre di raccontare la storia dandole lo spazio e la durata di cui aveva bisogno.

Il concetto alla base era quello legato all'idea di creare una comunità e una tribù dove in precedenza non esistevano. All'inizio degli episodi ci sono quindi cinque persone disperate e alienate a Crestwood e nella realtà al centro del racconto di Prairie, in cui i prigionieri sono diventati folli e disperati. Raccontare diventa la forza che li unisce e li lega attraverso il rituale e quello che accade, oltre al desiderio di parlare e condividere una storia con qualcuno. Secondo Brit Marling tutto ciò rappresenta un elemento ricco di speranza in cui possiamo riconoscersi.
Zal ha quindi ricordato che molti filmmaker sostengono delle tesi nichiliste ma lui non è convinto che il mondo sia indifferente, agisca in modo casuale e con cattiveria. Batmanglij è consapevole che ci sono questi elementi nel mondo ma pensa ci sia anche dell'altro, come ad esempio i rapporti tra le persone, in particolare con chi non ti aspetti, e nella fede in qualcosa. Lo sceneggiatore ha sottolineato che accade come nei film: quando si vede tutto si deve credere in quello che viene mostrato ma se manca la luce alla fine della storia si rimane in sospeso e si è obbligati a interpretare gli indizi che si hanno a disposizione; ogni reazione diventa quindi accettabile: l'ira, la commozione, il divertimento.

Attenzione, la seguente parte della notizia riguarda il finale della serie. Non proseguite se non avete concluso la visione degli episodi.

Nella scena finale avviene una sparatoria in un liceo e si tratta di un argomento su cui i creatori hanno letto molto, come accaduto per quanto riguarda l'elemento della prigionia. Si tratta di due elementi difficili da accettare ma legati all'esperienza orribile e traumatica vissuta dalla protagonista perché la sequenza finale è quasi l'equivalente per i teenager di quanto vissuto dalla ragazza. All'interno della vita dei teenager quell'evento è l'equivalente della violenza impossibile da immaginare e inaspettata che potrebbe aver vissuto la protagonista. Secondo Brit si trattava dell'elemento in grado di rappresentare il volto del nichilismo, dell'allontanamento, dell'assenza di significato e dei comportamenti maschili portati all'estremo. Quella situazione appariva quasi naturale e ogni spettatore poteva aggiungere qualcosa o darle un significato. La scena non ha dialoghi, proprio per sottolineare come quegli eventi e sentimenti siano impossibili da descrivere con le parole.

La storia è stata ideata con attenzione senza pensare a una possibile seconda stagione. Quando il lavoro è iniziato Brit e Zal hanno trascorso due o tre anni ideando un intero mondo prima di proporlo o condividerlo con qualcuno. Gli autori hanno pensato come si poteva costruire qualcosa con un finale soddisfacente. Ogni domanda e questione rimasta in sospeso nelle puntate hanno delle risposte e tutto ha una direzione precisa. La speranza è quindi quella di poter raccontare fino all'epilogo il racconto ideato. Brit ha così confermato che nella loro mente c'è un inizio e una fine per la seconda stagione.