Con la fine imminente di Stranger Things, chi ne apprezza il lato più cupo può riscoprire Elfen Lied, anime controverso dei primi anni Duemila. Un racconto duro e divisivo che ha influenzato proprio i fratelli Duffer per la saga Netflix, con la sua trama ricca di traumi, violenza e identità.
Tra laboratori, infanzia violata e poteri fuori controllo
Chi ha seguito Stranger Things sin dalle origini sa che, sotto la patina nostalgica anni Ottanta, si nasconde un racconto sorprendentemente oscuro. La serie ha costruito gran parte della sua forza narrativa sul trauma infantile, in particolare attraverso Undici e Will, due bambini costretti ad affrontare esperienze che nessuno dovrebbe vivere.
Se la storia di Will resta più legata all'orrore atmosferico, è quella di Undici a catalizzare l'attenzione, soprattutto nelle prime stagioni, grazie all'idea - non del tutto inedita ma ancora efficace - di un laboratorio governativo che sperimenta su bambini dotati di abilità straordinarie.
Proprio questo elemento rappresenta il ponte più evidente con Elfen Lied, anime horror composto da 13 episodi, andato in onda in Giappone nel 2004. La protagonista Lucy appartiene a una specie evoluta di esseri umani ed è rinchiusa in un laboratorio dove viene studiata e torturata. Come Undici, possiede poteri telecinetici, anche se declinati in modo differente, e come lei fugge dalla prigionia ritrovandosi a interagire con persone comuni, in particolare giovani che incarnano una normalità ormai irraggiungibile.
Le differenze, tuttavia, sono sostanziali. Lucy non è una figura innocente nel senso classico del termine e la violenza che esercita sugli altri è esplicita, disturbante e spesso brutale. Inoltre, dopo la fuga, sviluppa una seconda personalità, elemento che sposta il racconto su un piano psicologico ancora più instabile. Eppure, nonostante le divergenze narrative, le affinità di fondo sono tali da parlare allo stesso pubblico.
Non a caso, in un'intervista del 2016 rilasciata a The Daily Beast, Matt Duffer ha citato la serie tra le influenze di Stranger Things, confermando che il dialogo tra le due opere non è frutto di una semplice coincidenza.
Un'opera divisiva, difficile, ma impossibile da ignorare
Elfen Lied è da sempre un titolo che divide. La sua fama è legata tanto alla forza del suo racconto quanto alle critiche che ha ricevuto nel tempo. L'anime non evita mai i lati più scomodi della storia e, per un prodotto dei primi anni Duemila, questa scelta risulta ancora più radicale. Violenza estrema, sofferenza fisica e psicologica, temi come l'emarginazione e l'abuso vengono mostrati senza filtri, allontanando una parte del pubblico.
Alcune critiche sono legittime, soprattutto se lette con lo sguardo contemporaneo. Il modo in cui vengono rappresentati certi personaggi femminili e l'insistenza su sequenze particolarmente cruente possono risultare eccessivi o datati. Tuttavia, ridurre Elfen Lied a una semplice provocazione sarebbe limitante. La violenza, per quanto difficile da sostenere, non è fine a sé stessa, ma funzionale a un discorso sul trauma che rifiuta ogni forma di edulcorazione.
In questo senso, il confronto con Stranger Things diventa ancora più interessante. La serie Netflix ha scelto un approccio più accessibile, capace di bilanciare oscurità e intrattenimento pop. Elfen Lied, al contrario, affonda senza esitazioni nel disagio, lasciando allo spettatore il peso emotivo di ciò che vede. È un'opera che può turbare, respingere o persino ferire, ma che difficilmente passa inosservata.
Per i fan di Stranger Things attratti soprattutto dalle origini di Undici e dal modo in cui il trauma plasma l'identità, l'anime rappresenta una visione complementare, più estrema e meno conciliatoria. Non è un titolo per tutti, e richiede consapevolezza prima della visione, ma proprio per questo continua a essere ricordato, discusso e, a distanza di oltre vent'anni, terribilmente attuale.