Quentin Tarantino rilancia il dibattito sulle somiglianze tra Battle Royale e Hunger Games, accusando apertamente Suzanne Collins di aver copiato l'opera giapponese. Durante il podcast di Bret Easton Ellis, il regista si infiamma, mentre tutto è partito dal suo elenco dei suoi film preferiti del XXI secolo.
Tarantino contro Hunger Games: il nodo irrisolto tra ispirazione e appropriazione
L'intervento di Quentin Tarantino si apre con un elenco ragionato dei titoli che occupano le posizioni 20-11 dei suoi 20 migliori film del XXI secolo: da West Side Story di Steven Spielberg a Cabin Fever, da Moneyball a The Devil's Rejects, fino a Battle Royale, che si piazza all'undicesimo posto, senza sorprendere chi conosce la devozione del regista per l'opera di Kinji Fukasaku. È proprio attorno a questo titolo che Tarantino decide di alzare il volume, riportando in prima linea un confronto che negli anni è passato da osservazione marginale a discussione quasi tabù: le similitudini tra Battle Royale e Hunger Games.
Tarantino non usa mezzi termini. "Non capisco come lo scrittore giapponese [di Battle Royale] non abbia fatto causa a Suzanne Collins", afferma, sottolineando come, a suo giudizio, la saga americana "abbia fottuta..ente copiato il libro".
È una presa di posizione diretta che mira non solo alle somiglianze strutturali - adolescenti costretti a uccidersi all'interno di un sistema autoritario - ma anche alla ricezione critica che, all'epoca, aveva accolto il romanzo di Collins come "la cosa più originale che avessero mai letto". Nel suo racconto Tarantino contrappone questo entusiasmo alla mancata familiarità dei critici letterari con il cinema giapponese, che secondo lui avrebbe permesso a Hunger Games di evitare confronti più scomodi.
Il regista sposta però il discorso sulla percezione cinematografica occidentale, ricordando come "i critici cinematografici appena hanno visto il film, hanno detto: 'Che diavolo! Questo è semplicemente Battle Royale, ma in versione PG!'". A quel punto, secondo il regista, il plagio è talmente evidente da rendere inspiegabile il silenzio legale e culturale intorno alla questione.
Un suo aneddoto personale rafforza il punto: Tarantino racconta di essere stato tra i primi spettatori del film di Fukasaku, grazie all'amicizia con il regista e alla sua presenza in Giappone per i sopralluoghi di Kill Bill. La reazione di allora, "non avevo idea di cosa stavo per vedere, e santo cielo, non saprei nemmeno descriverlo", riaffiora come prova della potenza dell'opera del regista giapponese.
La lista dei migliori film del secolo e il Tarantino curatore
Se la polemica su Hunger Games cattura l'attenzione, il resto della conversazione con Bret Easton Ellis rivela il Tarantino curatore, attento alle traiettorie autoriali e all'impatto culturale dei film che seleziona. La sua lista parziale - dal numero venti all'undici - alterna blockbuster raffinati e cult eccentrici, confermando una cinefilia capace di mettere sullo stesso piano Steven Spielberg e Jeff Tremaine, l'energia ferina di The Devil's Rejects e la precisione drammaturgica di Moneyball.
Tra le dichiarazioni più incisive spicca la valutazione su West Side Story, che Tarantino definisce il film che "ha rivitalizzato Spielberg come cineasta". Nello stesso passaggio aggiunge: "Questo è il film in cui Steven dimostra di avere ancora la stoffa. Non credo che Scorsese abbia mai realizzato un film così entusiasmante [in questo secolo]". Un commento destinato a far discutere, carico della consueta franchezza tarantiniana e sostenuto da un giudizio estetico che rilegge l'opera di Spielberg come un ritorno alla forma brillante.
Il regista dedica poi un momento a Jackass: The Movie, collocato alla tredicesima posizione, definendolo "il film con cui ho riso di più negli ultimi vent'anni". Tarantino ricorda che durante le riprese di Kill Bill decise di mostrare il film all'intera troupe, recuperando una copia in pellicola per condividere quell'esperienza collettiva che li ha fatti "morire dal ridere".
Il prossimo episodio del podcast rivelerà la parte alta della classifica, ma già questa anteprima conferma un principio chiaro: la lista di Tarantino non è mai un esercizio di archivio, bensì una dichiarazione di poetica, uno sguardo personale sul XXI secolo cinematografico raccontato attraverso la sua miscela inconfondibile di memoria, gusto e provocazione.