Da ex marine a Hollywood. La parabola umana e professionale di Adam Driver è di per sé già da film e ne sono bastati giusto un paio per trasformarlo da perfetto sconosciuto ad uno degli attori più richiesti sino a fargli conquistare, in pochi anni, ben due candidature agli Oscar. Ultima proprio quella ricevuta oggi come miglior attore per Storia di un matrimonio agli Oscar 2020, ad appena dodici mesi dalla precedente.
Complice poi anche il ruolo di Kylo Ren nella nuova trilogia di Star Wars, Adam Driver è diventato una vera e propria star planetaria, anche se lui non sembra curarsene più di tanto e preferisce lavorare sodo. La nomination era praticamente già nell'aria sin da quando il film è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e c'è chi giura che se non ci fosse Joaquin Phoenix e il suo Joker di mezzo, avrebbe virtualmente anche la statuetta in mano. Poi certo, gli Oscar sono imprevedibili ogni tanto. Ne sa qualcosa Glenn Close che, dopo aver vinto tutti i premi possibili nella scorsa stagione, si è vista poi soffiare il premio da sotto il naso da un'incredula Olivia Colman che, non pensando minimamente di vincere, si era nel frattempo scolata un paio di drink, rendendo il suo discorso di ringraziamento strepitoso.
A convincere l'Academy a rimetterlo in gara per Storia di un matrimonio agli Oscar 2020 è la sua tormentata interpretazione di Charlie, noto regista teatrale off Broadway che sta affrontando una difficile crisi coniugale con quella che un tempo non solo era la sua compagna, ma anche prima attrice e musa ispiratrice, a cui presta il volto Scarlett Johansson. In 136 minuti riesce a rendere una gamma di emozioni con una naturalezza tale che in molti, tra la stampa specializzata, la hanno definita miracolosa. Ma c'è da dire che Adam Driver non è nuovo a prove maiuscole, appena qualche mese prima aveva rubato la scena a tutti in BlacKkKlansman di Spike Lee nel ruolo di Flip Zimmerman, il detective che si infiltra sotto copertura all'interno del Ku Klux Klan nella Georgia degli anni Settanta. Per quella parte aveva ricevuto le sue due prime candidature sia agli Oscar che ai Golden Globe e già allora si parlava di lui come miglior attore della sua generazione con paragoni impegnativi con il Robert De Niro e l'Al Pacino dei primi film durante la New Hollywood.
Adam Driver è diventato attore un po' per caso. Dopo l'11 settembre si era infatti arruolato tra i marines ma un infortunio in bici gli precluse poi, due anni dopo, la possibilità di andare in Iraq a due mesi dalla partenza. Così si era iscritto alla prestigiosa scuola di recitazione Juliard, dove si diploma nel 2009. I primi ruoli sono in tv dove si fa notare in Girls con tanto di due candidature agli Emmy. Il salto sul grande schermo è con due pezzi da novanta come Clint Eastwood nel discusso J. Edgar e Steven Spielberg in Lincoln. Da lì macina piccole parti ma incisive iniziando il sodalizio con Noah Baumbach che prima di Storia di un matrimonio, lo dirige in Frances Ha, Giovani si diventa e The Meyerowitz Stories; arrivano i Coen con A proposito di Davis in cui divide la scena con Oscar Isaac che ritroverà poi nei nuovi episodi di Star Wars diretti da J.J. Abrams e Rian Johnson; Patterson e I morti non muoiono di Jim Jarmusch, La truffa dei Logan di Steven Soderbergh.
Poi incontra due autori quali Martin Scorsese per Silence e Terry Gilliam per L'uomo che uccise Don Chisciotte, film che il regista inglese porta a termine dopo interminabili e romanzesche peripezie. C'è spazio anche per un film italiano: Hungry Hearts di Saverio Costanzo per il quale viene premiato come miglior attore con la Coppa Volpi alla 71ma Mostra del Cinema di Venezia. In questa Award season, per Storia di un matrimonio ha già ricevuto nomination ai Golden Globe, Screen Actors Guild, Bafta, Critic's Choice, Satellite Award ed è stato premiato con il Gotham Awards e dal circolo di Chicago. Un anno niente male per "il signor Kylo Ren", come lo chiamano affettuosamente i bambini del palazzo in cui abita.