Frieren, il regista rivela il suo esaurimento dopo la fine della prima stagione

Affrontando le attuali problematiche che i creatori moderni devono affrontare, Saito ha parlato della sua esperienza alla regia di Frieren e dello stress della produzione.

Una scena di Frieren

Keiichirō Saitō, regista dell'anime Frieren - Oltre la fine del viaggio, ha rivelato durante l'Anime Central 2025 di aver vissuto un forte burnout dopo la fine della serie. Il successo globale e la pressione di adattare un manga amatissimo lo hanno svuotato emotivamente. Ora sostiene con convinzione il programma GAC per proteggere e formare le nuove generazioni di animatori.

Il regista di Frieren parla di burnout e del prezzo del successo

Dietro l'incanto visivo e la dolce malinconia di Frieren - Oltre la fine del viaggio si cela una fatica silenziosa, logorante. Keiichirō Saitō, regista dell'adattamento firmato Madhouse, ha raccontato pubblicamente di aver vissuto una fase di esaurimento creativo e psicofisico dopo la conclusione dell'anime. Durante l'Anime Central 2025, intervistato nell'ambito del nuovo progetto statale Global Anime Challenge, ha detto senza filtri: "Da quando Frieren è finito, non riesco più a lavorare come facevo prima". Una frase asciutta, ma che lascia intravedere tutto il peso che la serie - candidata anche come Miglior Anime dell'Anno ai Crunchyroll Awards - ha avuto sulla sua salute mentale.

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Una scena di Frieren

La produzione è stata lunga e delicata, carica dell'aspettativa di chi amava profondamente il manga originale di Kanehito Yamada e Tsukasa Abe. E proprio questo aspetto, la responsabilità verso i fan, ha reso il processo ancora più gravoso. "Credo che [il mio burnout] sia stata una risposta al sollievo di essermi finalmente liberato dalla pressione di adattare un manga così popolare in un anime di successo", ha spiegato Saitō. L'ambientazione fantasy del mondo di Frieren, popolato da elfi, demoni e ricordi struggenti, non è bastata a proteggere chi lo stava animando dalla fatica reale che si consuma dietro le quinte.

Il caso di Saitō non è isolato. L'industria dell'animazione giapponese da decenni si regge su ritmi insostenibili, staff sottodimensionati e sessioni di lavoro che mettono a dura prova corpo e mente. Oggi il vero pericolo è che la tecnica stia cannibalizzando l'anima. "Molti giovani creatori si trovano costretti a gestire character design e tecniche complesse prima ancora di comprendere davvero le basi creative o la gioia dell'animazione", ha detto Saitō, evidenziando un paradosso: si insegna a disegnare, ma non a creare.

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Per invertire la rotta nasce il Global Anime Challenge (GAC), un'iniziativa voluta dal governo giapponese per formare una nuova generazione di professionisti. Non si tratta solo di insegnare a produrre, ma di lasciare spazio all'invenzione. "Spero che emerga qualcosa di diverso rispetto ai progetti dell'Agenzia per gli Affari Culturali, come Project A e Anime Mirai. Il GAC mi sembra unico, perché i giovani creatori sono messi al centro, liberi di pianificare e ideare le loro storie", ha detto con speranza.

Nel mondo magico di Frieren, il tempo si allunga, si dilata, e i ricordi restano sospesi nell'aria. Ma per chi quell'incanto lo ha costruito, il tempo si è invece compresso, bruciato, fino a lasciare il segno.