Dopo il sorprendente esordio del 2010 di Basilicata Coast to Coast, c'era molta attesa e curiosità per questa seconda prova da regista di Rocco Papaleo. Una piccola impresa meridionale, probabilmente, non metterà d'accordo pubblico e critica come fece, tre anni orsono, il noto road movie made in Lucania con cui Papaleo passò dietro la macchina da presa; questa commedia collettiva, raccontata dal punto di vista di un prete spretato, risulta forse meno immediata di quell'esordio, più trasversale nei temi affrontati, anche più esposta a rischi (in certi punti concretizzatisi) di retorica. Resta, comunque, che il simpatico attore/regista/musicista (e anche romanziere: questa storia, infatti, è da poco uscita anche in libreria, in versione cartacea) ha avuto il merito di non adagiarsi sugli allori, evitando di replicare una formula vincente e cercando strade nuove.
Dopo la presentazione del film alla stampa, il sempre simpatico Papaleo ha risposto alla domande dei tanti giornalisti intervenuti, insieme ai co-protagonisti Riccardo Scamarcio e Barbora Bobulova, al co-sceneggiatore Walter Lupo, e a gran parte del resto del cast. L'incontro è iniziato con un ricordo speciale da parte di Papaleo, che è anche una dedica. "Ci tengo a ricordare un mio amico, Francesco Nardi, a cui il film è dedicato", ha esordito. "Era il mio capo-truccatore, e anche una persona a cui sono stato legato per molti anni. Ci siamo scelti, per questi due film: questo è stato l'ultimo che ha fatto, ed è importante ricordarlo oggi, a un anno dalla sua scomparsa."
Com'è tornare dietro la macchina da presa, a distanza di tre anni, dopo un esordio così fortunato?
Rocco Papaleo: Io sono orgoglioso di aver avuto la fortuna di potermi esprimere di nuovo con un film: questo non era così scontato, all'inizio. Il secondo film, di solito, è quello del crollo... ma, in questo caso, ancora non è detto che vada così! Il film è stato reso possibile dall'incoscienza dei produttori Arturo Paglia e Isabella Cocuzza, che mi hanno lasciato lavorare in piena libertà. Anche i responsabili della Warner spesso venivano sul set, ma di fatto non controllavano: alla fine, diciamocelo, ho fatto come mi pareva.
No, in realtà l'ho sentita per caso: in effetti sembrava scritta apposta per il film. Alla fine abbiamo creato una sequenza appositamente per inserirvi la canzone: ha dato al film quel tocco in più, che solo una piccola divinità pugliese poteva dare.
Il film è ambientato in un'imprecisata località meridionale, ma le riprese sono state effettuate in Sardegna.
Sì, abbiamo girato in luoghi meravigliosi di una Sardegna non turistica, esaltati da una bellissima fotografia. Quei luoghi sono stati sviscerati, e in parte ricostruiti, grazie alla collaborazione della scenografa Sonia Peng, che in poco tempo ha fatto un lavoro straordinario.
Come per il film precedente, la colonna sonora è stata curata da Rita Marcotulli. Com'è stata questa nuova collaborazione con lei?
Per me, conoscerla è stato come per un pellegrino andare al santuario: è il mio idolo musicale, i suoi pezzi contengono la sintesi della musica che amo. Già in Basilicata Coast to Coast aveva dato una grandissima qualità, che si potrebbe paragonare a quella aggiunta dai tacchi a una bella donna: la fa apparire più slanciata. In questo caso, le musiche sono state composte esclusivamente per il film, senza attingere a cose passate del suo repertorio: in questo senso, è stato un lavoro ancora più difficile e prezioso.
Riccardo Scamarcio: Quando Rocco mi ha mandato il copione, ci siamo visti a casa mia, e lui mi ha chiesto subito di cantare una canzone. Credo fosse stata scritta da lui, comunque l'ho trovata formidabile, e ho capito che volevo cantarla: il risultato si vede nel film. L'idea mi piaceva molto, e poi cantavo in un film e avevo anche la scusa del personaggio: potevo andare oltre il mio pudore.
Giuliana Lojodice, cosa può dirci del suo incontro con Papaleo, e della sua partecipazione al film?
Giuliana Lojodice: Spero che questo film abbia segnato un ulteriore tassello nel puzzle del mio lavoro: un lavoro che dura da circa 60 anni. Per la seconda volta mi trovo a gestire un figlio religioso: la prima volta, in Fuori dal mondo, ero la mamma di Margherita Buy, che interpretava una suora; ora mi trovo a fare la madre di un prete. Forse la prossima volta avrò come figlio il papa! A Rocco, che è stato straordinario, ho chiesto di dirmi tutto quello che doveva, anche quello che non andava, senza timori. Perché all'estero ci sono attrici come Judi Dench e Maggie Smith, che ancora lavorano a pieno ritmo e vengono valorizzate? Perché in Italia non si fanno film con personaggi di esperienza?
Walter Lupo: La nostra idea era quella di trattare il pregiudizio, sottraendolo il più possibile alla retorica. L'idea di fondo è che le vite si rivelano per quelle che sono, semplicemente vivendole. Qui, un'anziana donna, con la sua mentalità, si trova improvvisamente in un mondo di pazzi: vivendoci insieme, li capisce e vi si avvicina.
Nel film, la ricostruzione del faro è usata come metafora di una ristrutturazione personale. E la ristrutturazione del Sud, e della Lucania in particolare, da dove la farebbe partire?
Da noi stessi. Ora, però, mi si trascina su un territorio minato, che faccio fatica a racchiudere in una sintesi da conferenza stampa. Una simile ristrutturazione, comunque, deve partire dalla scuola e dalla cultura: ne abbiamo tanto bisogno, di cultura, e dirlo non è retorica. Sento che è proprio ciò che ci manca. Mancano insegnanti ben pagati e ben motivati, che spargano cultura e insegnamento: ma questo riguarda un po' tutto il paese, non solo il sud. La questione è in gran parte politica, ma forse è meglio lasciar perdere questo tema.
Erica Mou, che impressione le ha fatto risentire la sua canzone nel film?
Erica Mou: Quando si scrive una canzone, si chiudono gli occhi e si visualizzano delle immagini. In seguito, si spera di aver reso quelle immagini talmente bene che anche le persone le visualizzino. In questo caso, io sono stata fortunata: quelle stesse immagini, le persone le hanno viste su un grande schermo, in formato panoramico. La canzone, come il film, parla proprio di ristrutturare la propria vita.
Barbora Bobulova: Col personaggio di Magnolia, Rocco mi ha fatto un grande regalo. Anch'io nel film canto una canzone, Sole Spento di Caterina Caselli: io gliel'ho cantata, prima delle riprese, e lui ha voluto metterla nel film.
Sarah Felberbaum: Il mio è un ruolo completamente diverso dal solito: Rocco mi ha chiesto se sapevo cantare, ballare o fare un accento diverso. Non ero capace a fare nessuna di queste cose! Eppure, alla fine sono stata presa. Ci siamo visti a casa di Barbora e abbiamo creato il personaggio: Rocco mi ha dato carta bianca per lavorarci, ma di fatto lo abbiamo creato insieme.
Claudia Potenza: Io ringrazio Rocco perché mi ha permesso di cornificare Scamarcio! In un personaggio come questo, c'è un respiro diverso dal solito. Personalmente, sono contenta di recitare ancora in un film che racconti il meridione: prima, Rocco ha parlato di cultura, e credo che con questo film stiamo dando un contributo in tal senso.
Papaleo, nel film lei interpreta un prete spretato. Recentemente, abbiamo avuto il caso di Papa Ratzinger, che ha rinunciato alla sua carica. E' ipotizzabile un parallelo? Rocco Papaleo: Non sta a me valutare queste questioni. Io ho una formazione cattolica, ma poi ho preso una via un po' più marxista. Vi racconto un aneddoto: quand'ero piccolo, facevo un sacco di casino al catechismo; così a scuola, durante l'ora di religione, regolarmente dovevo alzarmi e mettermi in ginocchio in fondo alla classe. Dovevo farlo ogni volta, così, anche senza che avessi fatto niente. A un certo punto, mio padre è andato a parlare col prete e gli ha detto, a brutto muso: "Non ti permettere più di fare questo a mio figlio". È stato allora che ho capito che mio padre era dalla mia parte.