Recensione La vita facile (2011)

Con la consapevolezza del passato e il linguaggio dell'attualità, La vita facile segue quasi fedelmente il rassicurante corso tracciato da progenitori doc come Monicelli e Zampa, per dimostrare che la comicità agrodolce della vita quotidiana ha ancora il suo peso in termini artistici e non solo.

Welcome to Africa

Il continente africano offre tutto un altro punto di vista, una prospettiva spesso scomoda e difficilmente gestibile che non elargisce alcun "riparo" emotivo alle debolezze umane. Lo sa bene Luca che, in fuga dal mondo occidentale e dalla condizione di privilegiato sociale, ha adottato le necessità mediche dell'Africa per non rispondere alle urgenze sospese della sua vita. Sicuramente meno consapevole è Mario, chirurgo di successo che, con scarso entusiasmo e poca preparazione, abbandona le comodità del suo appartamento romano per raggiungere in un esilio "indotto" l'amico di sempre. Dopo nove anni di lontananza, i due dottori si ritrovano così a condividere lo spazio limitato e approssimato di un ospedale costruito a fatica nel cuore del Kenya, affrontando in un faccia a faccia tragicomico i loro diversi stili di vita. Mentre Luca veste i panni avventurosi e romantici dell'eroe radical chic pronto ad attraversare la savana in sella a una moto pur di salvare vite umane, Mario fa la sua comparsa con tanto di cashmerino rosa, scarpe firmate e una struggente nostalgia per la gricia e la Lazio, nonostante un' indiscussa fede giallorossa. Ad esasperare ulteriormente la situazione, l'entrata in scena in perfetto stile Valtur di Ginevra, moglie viziata e superficiale di Mario e amore rimpianto di Luca. Un arrivo imprevisto che innesta una girandola di sottintesi amorosi e tradimenti solo in parte confessati, mentre l'Africa osserva e medita la sua silenziosa vendetta nei confronti di una razza umana bizzarra e incomprensibile.


A metà strada tra il Kenya e il Salento, Lucio Pellegrini riorganizza i moduli della vecchia ma pur sempre efficace commedia all'italiana. Con la consapevolezza del passato e il linguaggio dell'attualità, La vita facile segue quasi fedelmente il rassicurante corso tracciato da progenitori doc come Monicelli e Zampa, per dimostrare che la comicità agrodolce della vita quotidiana ha ancora il suo peso in termini artistici e non solo. Punto fermo di questa narrazione ancestrale è la delineazione della natura italiota che in 150 anni non sembra essere cambiata poi molto. Sbruffone, cinico e opportunista la maschera dell'anti-eroe quotidiano indaga tra i resti di una corposa eredità cinematografica per rintracciare i tratti fisici e caratteriali dei suoi predecessori. In questa prospettiva il chirurgo di successo Mario Tirelli tende la mano al Dott. Guido Tersilli nella rappresentazione di una canaglia pericolosamente simpatica, anche e soprattutto nella sua corruzione. Eppure, nonostante l'innegabile capacità di sottostare sempre a nuovi e complessi compromessi, la camaleontica specie dell'italiano medio raggiunge ancora una volta il suo apice cinematografico sotto la minaccia di un fato giustiziere, che lo costringe ad affrontare esterrefatto e stupito la sua ritrovata innocenza.

Declinata esclusivamente al maschile, nonostante la presenza di personaggi femminili non sempre positivi e tratteggiati con una certa superficialità, la commedia di Pellegrini attinge inconsapevolmente ad alcuni elementi di virile complicità già utilizzati dal miglior Salvatores. Così, inserita l'irrinunciabile partita di pallone e accettata l'idea di un'amicizia che si convince di poter sopravvivere all'ennesima Circe tentatrice, La vita facile tende and un racconto sottilmente misogino stemperato da un sarcasmo pungente con il quale deridere e destrutturare i cliché caratteriali messi in scena. All'interno di quest'organizzazione narrativa la coppia Pierfrancesco Favino/ Stefano Accorsi si muove agilmente tra comicità e introspezione, sorridendo di se stessi e guardando con paterna disapprovazione alle puerili piccolezze dei loro personaggi. Fuori dal contesto "mucciniano", probabilmente troppo rigido e strutturato, la strana coppia ritrova il gusto del divertimento e dell'intrattenimento misurandosi sul piano dell'improvvisazione che premia, senza ombra di dubbio, i tempi comici di Favino. Mattatore trainante, l'attore detta il ritmo di un confronto interpretativo in cui lo sfacciato e indolente umorismo romano stuzzica un Accorsi più sornione, il cui controcanto ha il compito di raccontare una realtà che non è mai esattamente come sembra. E mentre i due danno libero sfogo a un'irrefrenabile voglia di commedia, l'Africa non rimane certo a guardare. Con il suo orgoglio guerriero e la fatalista accettazione del destino, il continente nero dissolve l'apparenza per scoprire l'uomo nascosto dietro la maschera.

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4.0/5