War Horse: intervista a Tom Hiddleston

Una lunga e interessante intervista esclusiva con uno degli interpreti dell'ultimo, epico film di Steven Spielberg. E' stato un inquietante Loki in Thor, ed è il coraggioso Capitano Nicholls in War Horse...

Lo abbiamo visto piuttosto spesso ultimamente sul grande schermo: negli ultimi dodici mesi, Tom Hiddleston è apparso in ruoli di rilievo in Archipelago di Joanna Hogg e in Thor di Kenneth Branagh, per la Marvel; ha vestito i panni illustri di F. Scott Fitzgerald nel film di Woody Allen Midnight in Paris, ed è stato Freddie Page in The Deep Blue Sea di Terence Davies.
Nato a Londra, Tom è cresciuto ad Oxford, dove ha frequentato la Dragon School e in seguito l'Eton College, sviluppando prestissimo il suo interesse per il mondo del teatro e nel cinema.

Attualmente diviso tra la lavorazione dell'atteso The Avengers di Joss Whedon, che uscirà nel maggio 2012, e la realizazione dell'adattamento televisivo dello shakespeariano Henry V per BBC/NBC, nel quale incarnerà il ruolo del giovane e valoroso re Enrico V, Tom Hiddleston ci concede una intarvista esclusiva per parlare della sua partecipazione, in un piccolo ma intenso ruolo, a un progetto ambizioso come War Horse di Steven Spielberg, in uscita anche nelle sale italiane questa settimana.

E' stato importante conoscere il dramma e il libro che hanno ispirato War Horse prima di iniziare le riprese? Tom Hiddleston: Conoscere il materiale per me è stato importantissimo. La prima volta ho sentito parlare del dramma War Horse da parte di due amici che lavorano in teatro ma che non sono attori. Mi dissero che dopo aver visto lo spettacolo, erano usciti dal National Theatre, una sera d'inverno, in lacrime. Ovviamente la cosa mi ha incuriosito. In quel periodo ero impegnato in una tournée mondiale quindi non riuscii ad andare a vedere lo spettacolo né al National né alla West End. Era una sorta di creatura sfuggente che non riuscivo mai a catturare.
Alla fine però ho visto la pièce quando è andata in scena al New London Theatre. Era straordinaria, e mi ha tolto il fiato. La cosa che più mi ha colpito erano i pupazzi. Tutti restano a bocca aperta quando vedono il puledro che barcolla sue zampe per muovere i primi passi. Grazie alla magia del teatro, sembra un animale vero. Il dramma è molto bello e commovente.

E poiché amo tutto ciò che è legato alla prima guerra mondiale, quello spettacolo ha avuto un forte impatto su di me. La prima guerra mondiale mi ha sempre interessato, catturando la mia fantasia, perché a mio avviso è tragica e poetica al tempo stesso. Secondo me, il mondo ha perso la sua innocenza durante la prima guerra mondiale, perlomeno in Europa. Nessuno immaginava che sarebbe stata così terribile.

Cosa pensa di uno spettacolo teatrale con i pupazzi e di un romanzo raccontato dal punto di vista di un cavallo, che vengono trasformati in un film?
Penso che la storia si presti ad essere trasposta in tutti questi generi diversi, perché l'autore Michael Morpurgo ha scritto un libro straordinario, ricco di sentimenti, che fa leva sulla parte migliore di noi, sulla nostra sensibilità, il nostro coraggio e la nostra indulgenza. E' una storia sulla capacità di resistere e sull'amore. L'amore di Albert per Joey sia un dono. Ma questo amore è anche ciò che conduce il ragazzo in guerra e allo stesso tempo, ciò lo aiuta a sopravvivere. Non ha importanza in che modo venga raccontata la storia, perché in ogni caso è un racconto pieno di forza, che parla direttamente al cuore. E' una storia bellissima sulla famiglia, sulla perdita, sul coraggio.

Come ha ottenuto il ruolo del Capitano Nicholls?
Stavo girando Thor a Los Angeles e sono tornato a Londra per il 70° compleanno di mio padre. Il mio agente inglese mi ha chiamato dicendo: "Stanno facendo un film su cui tutti mantengono il massimo riserbo, ma io so che si tratta di War Horse".
All'epoca ancora non sapevo chi l'avrebbe diretto ma ho inviato un provino a Jina Jay, la direttrice del casting, che a sua volta l'ha inviato in America. Il giorno seguente sono tornato a L.A e una settimana dopo il mio agente mi ha contattato, per dirmi: "Steven Spielberg vuole incontrarti".

Sono andato alla DreamWorks e mi sono seduto nel suo ufficio. Non ho dovuto preparare nulla, si trattava di una semplice chiacchierata, abbiamo parlato della Guinness e di Peter O'Toole, fra l'altro. Poi abbiamo parlato della prima guerra mondiale e lui mi ha espresso il suo interesse nei confronti di questo progetto, spiegandomi che aveva sempre desiderato girare un film sulla prima guerra mondiale ma che non aveva mai trovato la storia giusta da raccontare. Poi questa storia sui cavalli aveva risolto il problema. Mi ha chiesto se sapevo cavalcare e io ho risposto: "In effetti è strano, ma lo so fare. Non sono un esperto, ma ho cavalcato anche per 'Thor', lavorando con il responsabile dei cavalli che si chiama Vic Armstrong, che è stato anche lo stunt di Harrison Ford nei film di Indiana Jones".

A quel punto Steven mi ha parlato di Vic Armstrong e de I predatori dell'arca perduta, poi mi ha offerto la parte. Ero senza parole. Non mi era mai successo. Di solito prima ci si incontra, si parla e dopo qualche giorno il tuo agente ti chiama e ti conferma l'offerta. Ma lui me l'ha proposta di persona, lì per lì. Sono rimasto davvero sorpreso.

Come descriverebbe il suo personaggio?
Il mio personaggio, il capitano Nicholls, in un certo senso ha il privilegio di essere la persona che porta Joey alla guerra. E' lui che fa da tramite fra Joey e la prima guerra mondiale. E questo è un grande onore in una storia epica di questo tipo. E' un uomo gentile e perbene, che comprende il dolore di Albert quando gli porta via il suo adorato cavallo. Ma nel modo in cui si rivolge ad Albert, emerge la sua umanità, perché si rende conto che quell'animale non appartiene a lui. E' come se in quel momento avesse luogo un passaggio di consegne da Albie a Nicholls. Joey cambia spesso proprietario nel film e quando passa da Albert e Nicholls, il capitano pensa fra sé e sé: "Wow, questo è un cavallo speciale e devo prendermene cura per bene".

Nicholls è anche un artista. Dei tre soldati nel film, il maggiore Stewart, il capitano Nicholls e il Tenente Waverly, secondo me Stewart è il più disciplinato, l'uomo che fra tutti loro ama di più fare il soldato. Adora persino le fibbie e gli stivali della sua divisa. Waverly invece ha un atteggiamento irriverente, è fin troppo entusiasta della guerra, mentre Nicholls ha l'esatta percezione di quanto sarà brutto questo conflitto con i tedeschi nel nord della Francia, e credo che un modo per esorcizzare le sue paure sia quello di disegnare i bellissimi schizzi di Joey, che ovviamente esprimono un talento ed una passione personale che appartengono da sempre a quest'uomo. Si ha l'impressione che, se non ci fosse stata la guerra, James Nicholls sarebbe stato un gentiluomo di campagna occupata nella caccia alla volpe nonché un artista. Il suo grande talento arricchisce il suo personaggio, e ho apprezzato l'idea di non dover recitare il ruolo di un soldato qualsiasi, perché infatti Nicholls è soprattutto uno spirito artistico.

Questo ruolo ha richiesto una grande preparazione?
Ho svolto numerose ricerche, perché è importante alimentare la propria fantasia, è importante 'riscaldarsi' prima. In questo senso ho visto diversi film di guerra, in particolare con i cavalli ; ho letto Journey's End, del 1930 e Memoirs of a Foxhunting Man di Siegfried Sassoon. E' stato un modo per scoprire chi fossero questi giovani uomini prima della guerra. Nel film non dobbiamo mostrare alcun cinismo. Nel 1915 e nel 1916, il clima era caratterizzato da una tremenda disperazione spirituale. I soldati eravano nobili ed eroici. Sassoon contribuisce in modo importante a dipingere questi ragazzi.
Ho visto anche entrambe le versioni di The Charge of the Light Brigade (La carica dei 600), uno è di Errol Flynn e l'altro di Tony Richardson con David Hemmings e John Gielgud. E poi ho visto [FILMSeabiscuit - Un mito senza tempo[/FILM], L'uomo che sussurrava ai cavalli e Niente di nuovo sul fronte occidentale - praticamente qualsiasi cosa fosse legata ai film di guerra e sui cavalli.

Questo film acquista una forza particolare anche perché è stato girato nei luoghi veri. Che importanza ha questo per un attore?
E' molto importante. La forza della produzione teatrale è la sua capacità di suggerire il contesto: le trincee, la carica di cavalleria, il Devon. Ma il potere del cinema è che si può prendere una macchina da presa e portarla nel Devon, salire in cima ad una montagna e catturare l'immagine di un tramonto. Steven Spielberg può reclutare i migliori stallieri e fantini, e organizzare una carica di cavalleria con oltre cento persone lanciate al galoppo su un campo tedesco ricreato nei minimi particolari.
Penso che la cosa più interessante è proprio la veridicità. Non ci sono cavalli in CGI. E' tutto vero, il fumo è vero, i carri armati sono veri così come il fango che smuovono mentre si spostano; il film mostra la crudezza delle trincee, anch'esse ricreate perfettamente.

Ci può parlare delle location, come ad esempio il Devon e la proprietà del Duca di Wellington?
Secondo me il Devon è uno dei luoghi più straordinari dell'Inghilterra, se non del mondo. Vi ho trascorso gran parte della mia vita e c'è qualcosa di estremamente autentico. Quando si arriva nel Devon, specialmente se vieni da un posto come Londra, e vedi quel paesaggio, quelle colline e quelle rocce, spazzano via immediatamente qualsiasi inutile preoccupazione. Ho sempre pensato che le rocce esprimono una qualità molto rassicurante. Penso che il Devon rifletta perfettamente la saggezza di Joey e costituisca un contesto molto adatto per Albert e la sua famiglia, perché le persone di questa porte del mondo hanno una saggezza molto terrena e vivono in modo sano e semplice.

In effetti la semplicità è la risposta alle grandi domande della vita; la semplicità ha un valore antico, terreno, e accompagna Joey attraverso la Francia del Nord e in tutte le sue esperienze. Non so perché ma avevo dimenticato che in Inghilterra si sono posti come Stratfield. Conoscevo Basingstoke e Reading, ma non avevo idea dei 3000 ettari di terra verde che si estende fra loro. La proprietà del Duca di Wellington è splendida. Il giorno prima dell'inizio delle riprese, Patrick Kennedy ed io abbiamo fatto un'escursione a cavallo al mattino e poi una passeggiata nella proprietà. Abbiamo visto cose che poi abbiamo avuto modo di ammirare anche in seguito, durante la lavorazione: campi a perdita d'occhio, pascoli, laghi, boschi. Un paesaggio davvero suggestivo.
In un angolo della proprietà, c'è una straordinaria fila di pioppi che sembra uscita direttamente da uno di quegli splendidi libri di fotografie sulla Francia del Nord. Quando ci siamo recati per lì per girare con i cavalli tutti allineati, e le corde tese fra un pioppo e l'altro, sembrava di essere tornati indietro nel tempo. E' stato incredibile.

Ci dice qualcosa del rapporto fra i due cavalli, Joey e Topthorn?
E' un rapporto meraviglioso, in cui i due cavalli assorbono la competizione fra Nicholls e Stewart in modo adorabile. La prima volta che vediamo Stewart, passa accanto a Joey ed esclama: "Niente male, niente male". E' un commento così arrogante. Poi vediamo Topthorn per la prima volta ed ecco questo enorme animale nero e sinuoso, più grande fisicamente di Joey e Nicholls non può non cogliere questa occasione.

Quindi l'esercitazione della carica diventa una vera e propria gara fra Nicholls e Stewart e Joey e Topthorn. Stewart è convinto di vincere perché è il migliore e ha il cavallo più bello; ma ha sottovalutato il carattere e la velocità di Joey.
Ricordo che Steven ha fatto una panoramica con Topthorn e Joey, e c'è una scena meravigliosa in cui, istintivamente, Joey mordicchia il collo di Topthorn come per dire: "Io ti ho capito, amico; non ti preoccupare".
In quel momento Topthorn e Joey sono allo stesso livello, e diventano amici perché Topthorn sa che Joey ha la stoffa dura.

Cosa ha imparato sui cavalli dopo questa esperienza?
Sono colpito dalla forza del legame fra i cavalli e le persone. I cavalli insegnano molto di se stessi, molto più di quanto non si ha la possibilità di scoprire da soli. Percepiscono la paura, l'arroganza, la fiducia in se stessi, la padronanza di sé, la pace interiore. Durante l'addestramento e nel corso di tutto il film, ho notato che i miei sentimenti e le mie sensazioni mi venivano restituite dai cavalli. Quando ero tranquillo, anche loro erano completamente rilassati. Quando ero un po' preoccupato, loro avvertivano la mia adrenalina e si innervosivano. Percepiscono tutto ciò che provi.
Se li tratti con sufficienza non sarà facile ottenere il loro rispetto. Sanno perfettamente quando c'è qualcuno sul loro dorso che potrebbe perdere il controllo. E te lo fanno capire senza mezzi termini.

E' stato difficile trovare il cavallo adatto? Quanti ne ha montati nel corso di tutto il film?
Ho cavalcato quattro diversi Joey. Civilon è quello che ho montato più spesso e ci siamo trovati molto in sintonia. Non è stato sempre così con gli cavalli che ho montato durante l'addestramento. Civilon ha dei fianchi straordinari. E' molto grande, ha un collo possente, quindi è comodo da cavalcare, ma richiede anche molto controllo, perché ad esempio ama masticare il morso. Con Civilon è sufficiente pensare al galoppo e lui inizia a galoppare. E' sensibilissimo.
Gli stallieri ripetevano sempre: "Tacchi verso il basso e gomiti fermi". Civilon aveva un modo particolare di essere cavalcato. Non mi permettevano di andare al galoppo con lui, perché è troppo veloce per le cineprese, è troppo veloce sia per gli attori che per le polizze assicurative. E' più fotogenico rispetto alle altre star equine perciò se Steven ha bisogno di un primo piano di Joey, inquadra sempre Civilon perché ha una mascella bellissima e occhi vellutati, ma è anche un gran burlone. Dovevo girare una scena con lui in cui doveva stare fermo e dovevamo creare un momento di grande intesa fra noi. Con i cavalli, se vuoi che stiano fermi, devi farli rilassare. Civilon era lì, se ne stava fermo, ma aveva l'aria annoiata e non voleva alzare il muso. Sembrava dire: "Okay, se devo stare fermo, lascerò cadere la testa". Steven continuava a dire: "Dai Tom, fai alzare quella testa, dobbiamo farla vedere in quella scena", perciò gli ho sollevato il muso e lui ha deciso di affondare i denti nel mio braccio. Nel corso della ripresa ha cercato di mordermi ancora di più e ho pensato: "Dobbiamo tagliare perché sto perdendo il braccio per colpa di un cavallo birichino e annoiato". E' divertente lavorare con i cavalli. Ti sorprendono sempre.

E' stato impegnativo lavorare con le spade e maneggiare le armi della prima guerra mondiale?
Lavorare con le spade richiede precisione, pratica, disciplina e attenzione perché, inutile dirlo, sono pericolose. Sono ideate per uccidere, e non è facile brandire una spada quando si è cavallo. Abbiamo provato e riprovato, per quattro ore al giorno, per cinque settimane; ma fin dal primo giorno abbiamo imparato a cavalcare con una mano sola, perché nelle cariche la spada è sempre sfoderata. Ci siamo allenati sempre con la massima sicurezza, imparando ad acquistare fiducia in noi stessi e disinvoltura.

Quando si gira un'azione a cavallo non si può fingere più di tanto. L'azione deve essere vera. E' una grande sfida quando un attore riceve un copione su cui legge: "Il Capitano Nicholls si lancia a cavallo, attraverso la Terra di Nessuno con la spada sfoderata". La prima cosa che ti viene in mente è: "Bè, ci dovrò lavorare su". In un certo senso è una scena che non richiede recitazione, perché bisogna solo imparare a cavalcare nel modo richiesto, e prima si prova e poi si fa l'azione davanti alla cinepresa. Ma io adoro tutto questo. Mi piace sviluppare nuove capacità e in questo film ho imparato tanto sui cavalli, sui combattimenti e su me stesso.

Ci può dire qualcosa dei costumi che ha indossato?
I costumi sono molto eleganti ma anche pratici. Sono bellissimi e sono stati fatti su misura per noi. Sono caldi e i cappelli riparano dalla pioggia. La costumista Joanna Johnston diceva che i soldati della prima guerra mondiale erano dei gentlemen. Prima di tutto erano gentlemen e poi soldati. Si recavano personalmente dai sarti per farsi fare le uniformi come volevano loro. Infatti le divise di Nicholls, Stewart e Waverly presentano stoffe e tonalità cromatiche diverse fra loro. La pelle dei miei stivali è color rame, mentre quella di Stewart è più marrone e questo riflette una certa informalità. Le divise non erano tutte uguali e non c'era uno standard. Raramente ho indossato abiti così belli, e così ricchi di particolari, dalle cravatte alle decorazioni militari. E tutti questi dettagli sono stati creati magistralmente.

Ha osservato Spielberg al lavoro con la sua squadra tecnica?
Quando lavora, Steven Spielberg ama creare una grande famiglia; infatti collabora sempre con le stesse persone. E' molto fedele e comunica in modo immediato con la sua troupe. Tutti lavorano con lui in modo fluido e si adeguano senza problemi alle sue direttive. Il rapporto fra Steven e il direttore della fotografia Janusz Kaminski è simpatico perché Janusz è molto vivace e birichino e scherza con tutti. Non risparmia nessuno. Ha una presenza irriverente sul set, che riflette anche il suo modo di lavorare. Ama la leggerezza, anche quando si tratta di girare una scena importante e molto intensa. Ovviamente rispetta lo spazio altrui, ma la sua presenza sul set ci ricorda sempre che non dobbiamo dimenticare di divertirci. Sono davvero brillanti quando lavorano insieme. C'è un senso di squadra ed entrambi sanno esattamente cosa fanno. Sono i migliori.

Può dirci qualcosa sui Suoi colleghi attori del film?
Jeremy Irvine ha avuto una grande occasione quando è stato scritturato nel ruolo di Albert, ma era l'attore assolutamente perfetto per quel ruolo, ed è stato scelto dopo un ampio casting. La prima volta che l'ho incontrato eravamo nella fattoria, ed è stato bello ritrovarci tutti insieme lì, dove abbiamo imparato a cavalcare. Jeremy si è gettato anima e corpo nel suo ruolo. Era sempre presente sul set, ogni volta che arrivavo, lo trovavo già lì. E non si limitava a cavalcare: ha imparato ad accudire i cavalli nelle stalle e a lavorare nella fattoria. Questo ruolo importante sarà il primo di una lunga serie, per lui, ne sono certo.

Anche il resto del cast era straordinario. Avevo visto Il profeta e Il nastro bianco quindi l'idea di fare un film con Niels Arestrup e Rainer Bock era un enorme privilegio perché sono due attori fantastici. David Kross è stato incredibile in The Reader. E' stata la prima volta che ho lavorato con Benedict Cumberbatch e con Patrick Kennedy, anche se li conosco da molto tempo. Ammiro da tempo il loro lavoro e sono entrambi fantastici. Siamo diventati come fratelli.
Emily Watson è straordinaria, lo è sempre stata, in tutto ciò che ha fatto. Recita con tutto il suo cuore e il suo spirito. Non ricordo quanti anni avevo quando ho visto Le onde del destino, ma è davvero meravigliosa. Questo è un ruolo nuovo per lei. Non credo di averla mai vista recitare una parte del genere, e anche Peter Mullan è fantastico.

Cosa ha imparato sulla Prima Guerra Mondiale dopo aver fatto War Horse?
Tante cose che spesso la gente non sa. Nell'Imperial War Museum, la cosa più documentata sono le trincee, il fango, il fumo e l'orrore. Ma nessuno menziona i nove milioni di cavalli uccisi durante la cariche di cavalleria, oppure i cavalli che trainavano i camion-ambulanza, i cannoni, le armi. Venivano trattati come macchine, come strumenti di lavoro e non come esseri viventi. Questo è il risvolto straordinario della storia di Michael Morpurgo e il modo in cui Steven Spielberg l'ha elaborato.
Gli inglesi erano così ignoranti dei progressi della tecnologia tedesca che pensavano di poter ancora una volta caricare con la brigata leggera. Giudicando ora, sembra così stupida ma anche innocente, l'idea di correre alla carica attraverso la Terra di Nessuno agitando le sciabole in aria, convinti di poterli spaventare e di farli retrocedere. E' davvero tragico.

La carica stessa è un'esperienza scioccante; non avevo letto il libro prima di vedere il dramma e in un certo senso Nicholls viene presentato come un eroe. C'è qualcosa rispetto al suo destino che è così potente perché mostra la casualità di tutto questo. Non era importante chi fossi, da dove venissi o quanto fossi bravo o meno, questo è il ruolo di Nicholls nella storia. Quando stavo girando la scena della carica, Steven mi ha dato un consiglio importante. Mi ha detto: "Dammi la tua espressione da battaglia, ma poi quando la cinepresa di sposta su di te devi ringiovanire di 20 anni. Quindi all'inizio hai 29 anni ma poi quando la macchina ti inquadra e vedi le mitragliatrici, improvvisamente ne hai nove. Voglio vedere il bambino che è in te". E' stato uno dei consigli di recitazione più belli e importanti che abbia mai ricevuto.

Qual è la cosa del film che l'ha colpita di più?
Penso che questa storia sia profonda, spontanea, piena di calore e di umanità. Il cavallo Joey viaggia e incontra soldati inglesi, tedeschi, famiglie francesi e con tutte le persone che incontra stabilisce un legame, creando una continuità fra tutti loro. E' una storia sulla famiglia, sulla perdita, sul coraggio, sulla forza e sulla capacità di sopportazione.
E ha una grande azione. E' un film importante e cinematografico. Tutti noi amiamo il potere e l'eleganza dell'azione sul grande schermo. E' il film che tutti amano vedere al cinema, è un film con un grande cuore. Il nemico è la guerra stessa. Adoro la scena con il soldato Geordie e il soldato tedesco, quando Joey resta impigliato nel filo spinato nella Terra di Nessuno. I due soldati rivali sono colpiti dalla sagoma di questo cavallo nella nebbia ed entrambi si danno da fare insieme per liberarlo.
Mi ha colpito la fine quando Ted e Albert si ritrovano. In qualche modo il figlio riesce ad impartire una lezione al padre. E' una storia antica ed epica. Tutto risale al tempo dei Greci, al rapporto fra padre e figlio. Mi commuove molto. Penso che sia un finale splendido.