Troverò un modo per riconquistarlo... dopotutto, domani è un altro giorno!
Esattamente settantacinque anni fa, dopo le trionfali première del 15 dicembre (proclamato per l'occasione giorno di festa in tutta la Georgia) al Loew's Grand Theatre di Atlanta, del 19 dicembre a New York e del 28 dicembre a Los Angeles, il 17 gennaio 1940 i cinema statunitensi venivano invasi da quello che non soltanto si preannunciava come l'indiscusso film-evento dell'anno, ma che sarebbe diventato il più grande successo di tutti i tempi: Via col vento.
Opera monumentale, di 238 minuti di durata (considerando overture e intermezzi musicali, come da tradizione nei film dell'epoca) per un budget - allora faraonico - di quasi quattro milioni di dollari, il kolossal diretto da Victor Fleming costituisce ancora oggi il simbolo non solo di un intero sistema cinematografico, vale a dire la Hollywood dei grandi studios e delle primissime mega-produzioni in Technicolor, ma anche e soprattutto di un'idea di cinema come narrazione epica e grandiosa, in grado di abbracciare gli elementi della storia nazionale e del melodramma, della saga familiare e del film bellico.
E a settantacinque anni di distanza, la travagliata storia d'amore fra Rossella O'Hara e Rhett Butler nel Sud degli Stati Uniti durante la Guerra di Secessione continua ad attirare, ad ogni frequente replica televisiva, spettatori vecchi e nuovi. Perché Via col vento, in fondo, corrisponde come meglio non si potrebbe alla definizione di "classico": un classico probabilmente datato, per molti aspetti anacronistico (assai più di tante altre pellicole realizzate nello stesso periodo, e che oggi conservano invece una straordinaria modernità), addirittura non esente da discrete dosi di conservatorismo e di sessismo, eppure saldamente ancorato al nostro immaginario collettivo. E in occasione del 75° anniversario del kolossal di Fleming, anche noi abbiamo scelto di celebrarlo proponendovi un elenco di dieci elementi che hanno reso Via col vento il film più famoso di tutti i tempi...
1. Il romanzo di Margaret Mitchell
Alla base di Via col vento, come quasi tutti ben sapranno, vi è l'omonimo libro pubblicato nel 1936 dalla scrittrice americana Margaret Mitchell, giornalista trentacinquenne che nel corso della sua carriera pubblicò quell'unico romanzo, aggiudicandosi il premio Pulitzer e il National Book Award. Opera-fiume lunga oltre mille pagine, Via col vento si rivelò immediatamente un bestseller di proporzioni gigantesche, attirando l'interesse dei produttori hollywoodiani ancora prima della sua uscita nelle librerie, grazie al frenetico passaparola partito dalla casa editrice. Dopo una gara al rialzo con la Metro-Goldwyn-Mayer, la RKO e la 20th Century Fox, ad assicurarsi i diritti sul romanzo, per cinquantamila dollari, fu l'ambizioso David O. Selznick, che appena un anno prima aveva fondato la propria casa di produzione, la Selznick International Pictures, per la quale aveva già in cantiere il melodramma È nata una stella di William A. Wellman, con Janet Gaynor e Fredric March. Margaret Mitchell aveva iniziato a scrivere il romanzo nel 1926, e aveva ipotizzato come titolo Tomorrow Is Another Day. Alla fine, tuttavia, l'autrice optò per Gone with the Wind, frase tratta da un verso del poeta Ernest Dowson.
2. La guerra di Rossella O'Hara
La scelta, per la parte del rude Rhett Butler, dell'attore Clark Gable, il divo di Accadde una notte, fu pressoché immediata: Selznick voleva Gable fin dall'inizio, e pur di ottenerlo accettò di scendere a patti con la MGM (che aveva la star sotto contratto) per una divisione degli introiti della pellicola. Ben più complesso, invece, fu il casting per il ruolo della protagonista femminile, la giovane e indomita ereditiera Rossella O'Hara (in originale Scarlett O'Hara), che assunse proporzioni a dir poco leggendarie.
Norma Shearer, diva di punta della MGM, rifiutò il ruolo, mentre Selznick avviava un casting call di portata nazionale, provinando ben millequattrocento 'pretendenti' e fornendo al progetto una pubblicità portentosa. Ovviamente, il produttore voleva che ad interpretare la sua Rossella fosse una star, e fece effettuare screen-test a ben trentuno attrici già più o meno affermate, fra le quali Jean Arthur, Joan Bennett, Susan Hayward e Lana Turner. Margaret Mitchell avrebbe desiderato Miriam Hopkins, anche lei nata in Georgia, ma la Hopkins, a trentacinque anni, fu ritenuta troppo 'matura' per la parte. Katharine Hepburn tentò di farsi prendere in considerazione, ma neppure il sostegno del suo amico George Cukor, ingaggiato come regista del film, riuscì a convincere l'ostinatissimo Selznick. Alla fine, il 20 dicembre 1938, venne effettuato l'ultimo provino per le due "finaliste": la ventottenne Paulette Goddard, moglie di Charles Chaplin e sua partner nel capolavoro Tempi moderni, e la venticinquenne inglese Vivien Leigh, giovane diva del palcoscenico e interprete al cinema di alcune produzioni britanniche. Qualche settimana più tardi, il 13 gennaio 1939 (tredici giorni prima dell'inizio delle riprese), Selznick annunciò ufficialmente il nome dell'attrice uscita vincitrice dalla "guerra di Rossella O'Hara": Vivien Leigh.
3. La Rossella di Vivien Leigh
Nata a Darjeeling, in India (allora colonia dell'Impero Britannico), e figlia di un ufficiale dell'esercito inglese, Vivian Mary Hartley aveva desiderato impersonare il ruolo di Rossella fin da quando aveva letto il romanzo della Mitchell. Star emergente in patria ma pressoché sconosciuta negli Stati Uniti, nel 1938 l'attrice era ancora sposata al suo primo marito, Herbert Leigh Holman (da qui il nome d'arte Vivien Leigh), dal quale aveva avuto una figlia. Vivien, tuttavia, da un anno conduceva una relazione clandestina con Laurence Olivier (a sua volta già sposato), suo partner nel 1937 sul set del film storico Elisabetta d'Inghilterra: un amore mantenuto segreto e che sarebbe stato ufficializzato solo nel 1940, dopo i rispettivi divorzi delle due star al fine di convolare a nozze. Inutile dire che, qualora la liaison fra la Leigh e Olivier fosse venuta alla luce prima del tempo, il pubblico scandalo sarebbe costato all'affascinante Vivien qualunque possibilità di conquistare un ruolo così importante; per nostra fortuna, invece, l'attrice inglese ebbe l'occasione di calarsi nei panni di Rossella, contribuendo in misura determinante a renderla un personaggio indimenticabile. Caratterizzata da un perfetto connubio fra giovanile innocenza ed ingenua civetteria, tra ferrea determinazione e sfrontato egoismo, la Rossella di Vivien Leigh è entrata nella storia come l'eroina romantica per eccellenza del cinema americano, grintosa e caparbia, ma al contempo capace di immensi slanci di passione. Eppure, incredibile a dirsi, quella di Rossella O'Hara non è neppure la migliore performance nella carriera della Leigh: dodici anni più tardi, nel 1951, l'attrice avrebbe regalato infatti una prova ancora più intensa, profonda e magnetica in Un tram che si chiama desiderio di Elia Kazan, prestando il volto alla protagonista del dramma scritto da Tennessee Williams, la fragile e nevrotica Blanche DuBois, e meritandosi il suo secondo Oscar.
4. Il valzer dei registi: Cukor, Wood e Fleming
Se per il ruolo di Rossella O'Hara si scatenò una metaforica 'guerra' fra tutte le dive o aspiranti tali da Hollywood alla Gran Bretagna, una guerra quasi letterale fu invece quella che si consumò sul set di Via col vento, uno fra i più turbolenti di cui si abbia memoria negli annali della settima arte. Da subito, David O. Selznick aveva ingaggiato come regista uno dei suoi più stretti collaboratori: George Cukor, uno dei maestri del cinema classico, già autore di acclamate trasposizioni dalla letteratura quali Piccole donne, David Copperfield, il meraviglioso Margherita Gauthier con Greta Garbo e Giulietta e Romeo.
Pur avendo partecipato al casting di Rossella e avendo curato la pre-produzione del film, Cukor non era soddisfatto né delle modifiche apportate alla sceneggiatura, né delle continue intromissioni di Selznick, autentico padre/padrone di Via col vento, e verso metà febbraio fu sollevato dal proprio incarico, nonostante la stessa Vivien Leigh avesse supplicato Selznick di mantenere Cukor alla regia del film. A continuare le riprese fu chiamato d'emergenza Victor Fleming, che in quello stesso periodo era impegnato sul set di un'altra futura pietra miliare del cinema hollywoodiano, il musical Il mago di Oz, con Judy Garland. Costretto a ritmi di lavoro massacranti, a maggio Fleming, esausto, si ritirò per un periodo di riposo, e per quasi un mese fu sostituito da un terzo regista, Sam Wood, benché ad essere accreditato come director della pellicola fu soltanto Fleming. Intanto a marzo anche il direttore della fotografia, Lee Garmes, venne rimpiazzato da Selznick, deluso dai toni eccessivamente scuri del girato; al suo posto giunsero Ernest Haller e Ray Rennahan, i quali sfruttarono al massimo le possibilità offerte da un Technicolor che rimane tutt'oggi uno degli esiti più sorprendenti del cinema degli anni Trenta.
5. L'incendio di Atlanta
Se all'interno di Via col vento si possono rintracciare numerose scene famosissime, quella che ha attirato maggior stupore ed ammirazione, in virtù delle sue stupefacenti qualità tecniche, rimane senza dubbio l'incendio di Atlanta, rievocazione di un reale evento storico: la notte del 1° settembre 1864 il Generale dei Confederati John B. Hood, in previsione dell'arrivo delle truppe degli Unionisti, ordinò l'evacuazione di Atlanta, bruciando basi militari e rifornimenti per impedire che fossero sfruttati dal nemico, ma provocando in tal modo gravi incendi in tutta la città. La sequenza del fuoco che avvolge Atlanta fu girata da Cukor la notte del 10 dicembre 1938, prima ancora della scelta dell'attrice per Rossella, e proprio durante le riprese avvenne il primo incontro fra Selznick e la Leigh, nuova concorrente per il ruolo. Per questa scena furono costruite diverse facciate artificiali che rappresentassero gli edifici della città, distrutte dagli esplosivi e divorate dalle fiamme, per quella che rimane una delle sequenze più prodigiose realizzate nel cinema dell'epoca.
6. La colonna sonora
Un contributo fondamentale all'imperitura fama di Via col vento risiede naturalmente nella celeberrima colonna sonora che scandisce le emozioni di Rossella O'Hara nelle sue traversie umane e sentimentali. Enfatico, travolgente e a dir poco memorabile, l'accompagnamento musicale del film, che include il magnifico Tara's Theme, è opera del compositore austriaco Max Steiner. All'edizione degli Oscar del 1939, Steiner ottenne ben due delle dodici nomination per la miglior colonna sonora, per Via col vento e per Tramonto; incredibilmente, però, l'Academy non premiò le musiche di Via col vento, bensì quelle composte da Herbert Stothard per l'altro film di Fleming del 1939, Il mago di Oz. Nel corso della sua carriera, Steiner si sarebbe aggiudicato in tutto ventiquattro candidature all'Oscar (inclusa quella per il mitico Casablanca), vincendo tre statuette per i film Il traditore, Perdutamente tua e Da quando te ne andasti; inoltre, nel 2005 la colonna sonora di Via col vento è stata votata dai membri dell'American Film Institute al secondo posto nella classifica delle migliori soundtrack di sempre, subito dietro quella di John Williams per Guerre stellari.
7. "Francamente me ne infischio!": le citazioni
Sempre nel 2005, l'American Film Institute stendeva anche la classifica delle migliori citazioni nella storia del cinema, e al primo posto si piazzava la seguente frase: "Frankly, my dear, I don't give a damn!". Tradotta in italiano con "Francamente me ne infischio!", la battuta pronunciata da un furibondo Rhett Butler poco prima di abbandonare Rossella è solo uno degli esempi di una sceneggiatura ricchissima di citazioni conosciute e ripetute da spettatori di ogni età (e perfino da quei pochissimi che non hanno mai visto il film). Non a caso nella medesima classifica figurano altre due frasi tratte da Via col vento, entrambe esempi dell'incrollabile forza d'animo di Rossella: "Lo giuro davanti a Dio, non soffrirò mai più la fame!" e la famosissima battuta di chiusura, "Troverò un modo per riconquistarlo... dopotutto, domani è un altro giorno!".
Ad essere entrati negli annali, tuttavia, sono anche i deliziosi scambi di frecciate tra Rossella e un Rhett dalla sferzante ironia: come quando lei lo accusa dicendogli "Voi non siete un gentiluomo!", per sentirsi replicare "E voi non siete una signora. Non è un titolo di demerito: le signore non mi hanno mai interessato". Oppure quando Rossella dichiara "Un altro ballo e la mia reputazione è rovinata", e Rhett ribatte "Chi ha coraggio fa anche a meno della reputazione". La sagace loquacità di Rhett è in grado di stemperare perfino i momenti più drammatici: "Ho paura di morire e di andare all'inferno!", esclama Rossella, e Rhett le risponde serafico "Siete in ottima salute. E forse l'inferno non c'è". Ma lo stesso Rhett è capace anche di un appassionato romanticismo, come nella sua emozionante dichiarazione alla fanciulla: "Di una cosa sono certo: che vi amo, Rossella! A dispetto vostro e mio, e a dispetto dello stupido mondo che ci crolla intorno, vi amo. Perché siamo uguali: gentaglia tutti e due, egoisti e scaltri, ma capaci di guardare le cose in faccia e chiamarle con il loro nome".
8. Un trionfo da Oscar
Alla dodicesima edizione degli Academy Award, la cui cerimonia ebbe luogo il 29 febbraio 1940, Via col vento si presentò con un totale di tredici nomination, contro le undici nomination di Mr. Smith va a Washington di Frank Capra e le otto nomination di Cime tempestose di William Wyler. All'epoca si trattò del più alto numero di candidature mai ricevute da un singolo film: un record mantenuto da Via col vento fino al 1950, quando il capolavoro di Joseph L. Mankiewicz Eva contro Eva ricevette quattordici nomination (l'attuale primato).
Il giorno della cerimonia, prima dell'annuncio dei vincitori, il Los Angeles Times pubblicò la lista con i risultati delle votazioni (da allora, l'Academy stabilì di mantenere segreti gli esiti dello spoglio). Al termine della serata, Via col vento si era aggiudicato otto premi Oscar: miglior film per David O. Selznick, miglior regia per Victor Fleming, miglior attrice per Vivien Leigh, miglior attrice supporter per Hattie McDaniel, miglior sceneggiatura, miglior fotografia a colori, miglior scenografia e miglior montaggio; a questi si aggiunsero poi due statuette speciali per le qualità tecniche della produzione. Benché fosse lecito presumere un plebiscito per la Leigh, il Los Angeles Times rivelò che in realtà la star inglese aveva superato appena per una manciata di voti la sua concorrente Bette Davis, candidata per il melodramma Tramonto; mentre Thomas Mitchell, che interpretava Gerald O'Hara, il padre di Rossella, ottenne l'Oscar come miglior attore supporter ma per un altro film, il western Ombre rosse di John Ford. Lo sceneggiatore Sidney Howard, rimasto ucciso a causa di un incidente con il proprio trattore l'estate passata, divenne la prima persona a ricevere un Oscar postumo. Via col vento fu la prima pellicola a colori a vincere l'Oscar per il miglior film, e mantenne il record per il maggior numero di statuette conquistate fino al 1958, quando il musical Gigi di Vincente Minnelli ne ottenne nove. Ad oggi, con una durata complessiva di 238 minuti, Via col vento è il film più lungo ad aver vinto l'Oscar principale, superando di un soffio i 232 minuti di Lawrence d'Arabia.
9. Un Oscar contro il razzismo
Fra i destinatari degli otto Oscar per Via col vento, come già detto, vi fu anche Hattie McDaniel, premiata come miglior attrice supporter per la parte di Mammy, la solerte e volitiva domestica di Rossella: a quarantaquattro anni, la McDaniel diventò così non solo la prima persona afroamericana a vincere un Oscar, ma anche la prima afroamericana ad essere candidata. Hattie McDaniel era in lizza insieme a Olivia de Havilland, nominata nella stessa categoria nel ruolo di Melania Hamilton, la dolce ed ingenua moglie di Ashley Wilkes (Leslie Howard), l'uomo amato da Rossella; la de Havilland, che oggi vanta la veneranda età di novantotto anni, avrebbe ottenuto in seguito due statuette come miglior attrice per i film A ciascuno il suo destino e L'ereditiera. Se la vittoria di Hattie McDaniel costituì un momento importante per la comunità afroamericana all'interno dell'industria di Hollywood, i pregiudizi e le discriminazioni contro i neri risultarono però tristemente evidenti nel corso della cerimonia: all'Ambassador Hotel, la McDaniel venne fatta sedere ad un tavolo separato rispetto a quello dei suoi colleghi di set. Sempre a proposito di razzismo, Via col vento non uscì indenne da aspre critiche: molti, infatti, rimproverarono il film di aver ignorato del tutto la condizione degli schiavi afroamericani negli Stati Confederati, presentando un ritratto superficiale e stereotipato dei neri. Un riflesso di tale atteggiamento si può riscontrare pure nella prima versione della pellicola in italiano, con Mammy e gli altri personaggi di colore doppiati in maniera bislacca e con i verbi coniugati all'infinito.
10. L'eredità di un classico senza tempo
È difficile, perfino oggi, provare a quantificare il successo di Via col vento, appunto perché si trattò di un successo veramente senza precedenti. A quattro anni dal suo esordio nelle sale, il kolossal di Victor Fleming aveva venduto circa sessanta milioni di biglietti negli Stati Uniti (in molti paesi del mondo il film sarebbe uscito soltanto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale). La pellicola fu ridistribuita nelle sale americane nel 1947, nel 1954, nel 1961, nel 1967 e nel 1971, ogni volta con risultati strepitosi, per poi tornare al cinema anche nel 1989 e nel 1998. In tutto, si calcola che Via col vento abbia registrato duecento milioni di spettatori al cinema negli Stati Uniti, detenendo il titolo di film più visto di sempre negli USA, davanti a Guerre stellari di George Lucas (circa centottanta milioni) e Tutti insieme appassionatamente di Robert Wise (centoquaranta milioni), mentre i suoi incassi a livello mondiale, nel corso delle varie release, ammontano a quattrocento milioni di dollari (considerando però il differente prezzo dei biglietti con il trascorrere degli anni).
Al di là del box office, ovviamente non si può prescindere dall'ineludibile importanza storica della pellicola, che ha contribuito a rinsaldare una concezione del cinema come spettacolo di intrattenimento di massa in grado di superare i suoi presunti limiti produttivi. Nel 1998 Via col vento è stato selezionato dall'American Film Institute al quarto posto nella classifica dei massimi capolavori del cinema americano; nel 2002 l'American Film Institute lo ha inserito invece al secondo posto nella lista delle più grandi love story del cinema (dietro Casablanca), mentre nel 2008 l'ha posizionato al quarto posto nell'elenco dei migliori film epici di sempre. E ancor più del suo impressionante responso commerciale e delle classifiche degli addetti ai lavori, a testimoniare l'inossidabile presenza di Via col vento nella cultura popolare del ventesimo secolo - e oltre - sono soprattutto gli innumerevoli omaggi, le parodie e le imitazioni che, in un modo o nell'altro, continuano a tenere vivo il film di Fleming nella nostra memoria collettiva.