Recensione The Producers - Una gaia commedia neonazista (2005)

La recente "riscoperta" del musical da parte di Hollywood prosegue con questo The Producers, che ben media tra l'umorismo sopra le righe di Mel Brooks e l'estetica dei classici del genere.

Umorismo canterino

La recente "riscoperta" del musical da parte di Hollywood, che ha coinvolto negli ultimi anni titoli come Moulin Rouge e Chicago (musical atipico il primo, molto più "classico" il secondo), segna un nuovo passo con questo The Producers - Una gaia commedia neonazista, adattamento di un testo teatrale messo in scena a Broadway a sua volta ispirato alla commedia Per favore non toccate le vecchiette (1968), esordio alla regia di Mel Brooks. E' proprio Brooks, ancora una volta, la "mente" che si cela dietro l'operazione: sua è stata l'idea di riportare su pellicola il soggetto che tanto successo aveva avuto nella sua versione teatrale (è da ricordare anche una messa in scena italiana da parte della Compagnia della Rancia), sua la scelta del cast, tra cui spicca un'inusuale Uma Thurman, sua la decisione di affidare la regia alla stessa regista/coreografa che aveva curato l'allestimento originale, l'esordiente (cinematograficamente parlando) Susan Stroman.

La trama racconta di un produttore teatrale sul viale del tramonto, tale Max Byalistock, che insieme al contabile Leo Bloom escogita il piano perfetto per arricchirsi: raccogliere finanziamenti ben oltre il necessario per uno spettacolo destinato al sicuro fallimento, con regista, attori e trama ai minimi livelli, aspettare il prevedibile fiasco e la conseguente cancellazione delle repliche, e infine fuggire col bottino a Rio. Naturalmente non tutto andrà come previsto, e i guai per i due produttori/truffatori non si faranno attendere; nel mezzo, una pletora di personaggi caricaturali quali un autore folle e nazista, un regista gay privo di talento, e un'avvenente ballerina svedese che avrà una storia con Bloom.

E' lo sfrenato umorismo surreale, oltre a una confezione tecnicamente impeccabile, il principale punto di forza di questo remake, che si muove tra numeri musicali ottimamente interpretati, scenografie che ricreano atmosfera e spirito degli anni '50, e citazioni che omaggiano i classici del genere. Alla saturazione visiva e sonora tipica del musical, il film aggiunge dei personaggi consapevolmente presentati come caricature o macchiette, perfettamente funzionali allo spirito e agli intenti dell'operazione: unire l'umorismo dissacratorio e sopra le righe di Brooks a un'estetica che rimandi alla Hollywood di qualche decennio fa. Via libera, così, ai tic nervosi e all'ansia compulsiva di Matthew Broderick (sarebbe stato bello sentirlo recitare, e non solo cantare, in lingua originale), agli innocui vaneggiamenti filoariani di Will Ferrell (magari i neonazisti, nella realtà, fossero tutti così), all'avvenenza divertita e autoironica di Uma Thurman; via libera, anche, alle coloratissime coreografie curate dalla stessa regista, concentrate soprattutto negli scoppiettanti minuti finali. Nel mezzo, lo script trova il modo di inserire anche una riflessione sull'importanza dell'amicizia e del sostegno reciproco, elementare quanto gradevole come nei classici hollywoodiani a cui il film vuole rendere omaggio.

Così, nonostante le due ore e un quarto di durata, e nonostante un'operazione del genere, in fondo, non fosse strettamente necessaria, The Producers riesce a soddisfare sia gli amanti della comicità surreale e fuori dagli schemi di Brooks, sia gli appassionati di un genere che ha consegnato al cinema statunitense alcuni dei suoi classici senza tempo. Non gli si chiedeva, in fondo, più di questo.

Movieplayer.it

3.0/5