Alessandro (Andrea Carpenzano) ha ventidue anni e poca voglia di studiare o lavorare. Passa le giornate con i suoi tre migliori amici senza obiettivi, tra un birra al bar e discorsi utopici. Giorgio (Giuliano Montaldo), invece, di anni ne ha ottantacinque e le sue di giornate si perdono tra i ricordi del passato che affiorano improvvisi e quelli confusi a causa della malattia che li fagocita giorno dopo giorno. Un poeta ed un ragazzo svogliato che, grazie ad lavoro rimediatogli dal padre, s'incontrano ogni pomeriggio per una passeggiata al parco.
L'iniziale ritrosia del giovane nei confronti di un incarico imposto si trasforma presto in un sentimento sincero per quell'uomo elegante e gentile. Tra una camminata ed una sigaretta rubata, dalla memoria di Giorgio riaffiora un ricordo di gioventù che li porterà ad intraprendere un viaggio alla ricerca di un "tesoro" nascosto. Terza prova dietro la macchina da presa per Francesco Bruni che, dopo Scialla! (Stai sereno) e Noi 4, conferma il suo talento nella duplice veste di sceneggiatore e regista recentemente applaudito al Bif&st di Bari insieme a La guerra dei cafoni.
Leggi anche: La guerra dei cafoni: tragicomica favola di formazione sospesa nel tempo
Un'esperienza diretta
A due anni dalla sua realizzazione Tutto quello che vuoi arriva in sala con un carico di emozione e delicata leggerezza raccontando non solo il legame inatteso tra i suoi due protagonisti ma anche la quotidianità di una persona affetta da Alzheimer e di chi gli sta vicino. "Il film nasce da un'ispirazione personale molteplice: la malattia di mio padre, i suoi ricordi, Trastevere. Un quartiere che oltre al binge drinking è anche quello dei ragazzi del Piccolo America. Ho trovato ispirazione anche in 'Poco più di niente', un bellissimo libro di un mio ex allievo del Centro Sperimentale, Cosimo Calamini", racconta il regista durante la conferenza stampa romana, "La mia è stata un'esperienza diretta. Mio padre si ammalò nel 2007 ed inizialmente, quando la malattia era appena accennata, era anche buffo. Capivo che non era tra di noi e questa cosa mi accese la fantasia di raccontarla".
Leggi anche: I grandi della commedia italiana: 15 attori, 15 film, 15 scene cult
Un film dove nessuna nota è stonata ma quella che incanta più di tutte è rappresentata da Giuliano Montaldo, volto storico del nostro cinema qui nei panni di un poeta garbato dalla memoria intermittente. "Ho iniziato a recitare al cinema con 'Achtung! Banditi!' per Carlo Lizzani. All'epoca facevo il gigione da dilettante sul palcoscenico. C'erano pochi soldi e come spesso capitava con il Neorealismo i registi lavoravano con non professionisti per risparmiare. Sul set ero sbalordito e ricordo un macchinista che mi disse: 'A Montà te piace il cinema eh? Stai attento che è in crisi'. E questo me lo disse sessantasette anni fa", ricorda divertito il regista/attore, "Quando Francesco è venuto a casa mia per raccontarmi la storia l'ho visto commuoversi. Ricordo ancora la mia di commozione alla prima di Scialla! e dopo l'iniziale sorpresa per la richiesta ho accettato anche per la rappresentazione del rapporto straordinario tra due generazioni lontane". Ed è sempre il regista di Sacco e Vanzetti a sottolineare la motivazione che l'ha spinto a tornare sul set dopo il recente cameo in L'abbiamo fatta grossa di Carlo Verdone: "Voglio bene agli attori e nel mio lavoro ho cercato sempre di pensare a loro. La prima volta che sono uscito con quella che sarebbe diventata mia moglie l'ho portata a vedere 'Cronache di poveri amanti' in una retrospettiva dedicata a Lizzani. Nel film c'è una sequenza nella quale il mio personaggio muore. Lei si girò e mi disse: 'Ma sei un cane!'. La verità è che da quel momento ho cercato di farle cambiare idea".
Leggi anche: L'abbiamo fatta grossa: commedia degli equivoci in una cornice da spy story
Una questione di motivazione
La sceneggiatura del film è molto attenta ad equilibrare ironia e commozione senza pendere mai a favore dell'una o dell'altra come rimarca lo stesso Francesco Bruni: "Contavo fin dall'inizio sull'aspetto emotivo ma ho controbilanciato con il terzetto ed il personaggio di Alessandro. Un Don Chisciotte, Giorgio, con intorno quattro Sancho Panza". La rappresentazione del quartetto di amici diventa anche spunto per una riflessione sulla generazione di giovanissimi spesso liquidata con epiteti tutt'altro che lusinghieri. "Non ne ho un'opinione pessimista altrimenti non avrei fatto questo film" afferma il regista, "Dovendo raccontare un arco di trasformazione però dovevo spingere su un'iniziale nichilismo. Nel film si vede spesso la scalinata alla fine di Viale Glorioso. Lì la sera i giovani si attardano tra musica alta e alcool ma quello è lo stesso luogo nel quale il Piccolo America ha organizzato una rassegna dedicata al cinema di Sergio Leone. Per me i ragazzi oggi sono sia l'uno che l'altro e credo sia la motivazione a fare la differenza".
Leggi anche: C'era una volta in America: i 30 anni del capolavoro di Sergio Leone
In Tutto quello che vuoi il passato è il ponte tra due generazioni distanti che trovano un punto d'incontro. Interrogati sulle parole che a loro avviso possono permettere un arricchimento personale e collettivo Francesco Bruni e Giuliano Montaldo hanno detto la loro. "Una parola che non dovrebbe essere usata solo in campagna elettorale: cultura. Un termine che diventi il mezzo per creare un rapporto. Oggi le persone non discutono più ed invece dobbiamo riprendere a ridere, commuoversi e discutere insieme" afferma l'attore. Un pensiero al quale si riallaccia il regista che conclude la conferenza con questo pensiero: "Memoria per passare il ricordo alla generazione successiva. Ascolto perché Alessandro incontra qualcuno disposto a sentire quello che pensa. Fiducia, vedere il bello nelle persone aiuta a diventare migliori".