Dopo la saga di Il ragazzo invisibile, Gabriele Salvatores con Tutto il mio folle amore torna a concentrarsi su un adolescente, Vincent, 16 anni, affetto fin dalla nascita da autismo. Cresciuto dalla madre, Elena (Valeria Golino), e dal suo compagno, Mario (Diego Abatantuono), Vincent non ha mai conosciuto suo padre, Willy (Claudio Santamaria), cantante soprannominato "il Modugno dei Balcani".
Quando Willy si decide finalmente a conoscerlo, Vincent (interpretato da Giulio Pranno, qui la video intervista) scappa in tournée con lui, scoprendo un uomo molto più divertente, e irresponsabile, dei suoi genitori. Tratto liberamente dal romanzo Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas, che racconta il vero viaggio in camper di Andrea e Franco Antonello, Tutto il mio folle amore è nelle sale italiane dal 24 ottobre, dopo essere stato presentato fuori concorso alla 76esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Tutto il mio folle amore, la recensione: il film di Salvatores è come il pane, fa stare bene
Nel film il personaggio di Diego Abatantuono dice che "la felicità non è un diritto, ma una botta di culo". Gabriele Salvatores è d'accordo? Glielo abbiamo chiesto in questa intervista: "Durante la Rivoluzione Francese Saint-Just diceva che la felicità è la scala per conquistare il cielo, mentre nella Costituzione degli Stati Uniti d'America è addirittura nominata. Però purtroppo è vero che non è un diritto ed è vero anche che c'è una componente affidata al destino. La felicità comunque non è un momento stabile, sono attimi: per questo dobbiamo tenerceli cari e usarli come base per costruire la nostra vita. Più che la felicità bisognerebbe cercare la serenità: attraverso quello probabilmente poi puoi essere anche felice."
La video intervista a Gabriele Salvatores
Per Gabriele Salvatores i registi devono tornare nelle strade
Sempre il personaggio di Diego Abatantuono dice che vuole leggere delle parole che facciano bene, come il pane: questo film fa lo stesso effetto, almeno in chi lo guarda. Per il regista è stato così? "Ogni film in qualche modo ti fa male e ti fa bene: senza il cinema non saprei veramente dove andare. Affrontare questa storia mi ha fatto bene, perché l'ho raccontata senza difese, come il titolo del film, che è molto diretto: è tutto il mio folle amore per il cinema e per questi personaggi non allineati, che vivono un po' ai margini. Mi ha fatto bene anche perché mi ha fatto tornare sulla strada, che è una cosa importante per noi che facciamo questo lavoro. Dobbiamo frequentare la strada: è lì che si svolge la vita."
Parlare di amore in un'epoca di haters può essere quasi rivoluzionario
Alla fine del film il personaggio di Valeria Golino accusa quello di Diego Abatantuono di essere diventato un vecchio orso che odia tutti. Come si fa a non perdere l'entusiasmo per la vita? "Non è facile, anche perché la società in cui viviamo ci spinge verso il rancore, verso l'invidia... Bisogna contrastare questi sentimenti in tutti i modi: questo film è un piccolo contributo in quella direzione. Si chiama Tutto il mio folle amore e parlare di amore in un'epoca di haters può essere quasi rivoluzionario."