Tradizionalmente gli attori britannici (preferibilmente se dal timbro deciso e dai lineamenti aguzzi come Benedict Cumberbatch, il Khan di Into Darkness - Star Trek) sono stati ingaggiati da Hollywood per interpretare i cattivi nei film; non mancano esempi nelle serie - è il caso dell'Ian McShane di Deadwood - che infatti, sempre più favoriscono gli artisti di Albione.
I tv show d'oltreoceano hanno fatto spesso a meno degli interpreti europei in trasferta, tanto da ingaggiare americani doc come il delizioso attore di teatro originario dell'Arkansas Daniel Davis (il maggiordomo dispettoso Niles di La Tata e l'ologramma di Sherlock Holmes in Star Trek: The Next Generation) per emulare accento e modi all'inglese. La scelta di assumere un buffo a allampanato comico inglese per un ruolo da protagonista - inequivocabilmente americano e dalla voce roca e sexy come Hugh Laurie in Dr House - fece, nel 2004 e per anni a venire, scalpore, e nell'ultimo decennio i britannici migrati verso i casting di serie americane non si contano. Membri esimi di questa British Invasion televisiva sono l'enigmatico Damian Lewis - il sergente Brody di Homeland -, il vampiro Bill Stephen Moyer di True Blood, Dominic West e Idris Elba - rispettivamente poliziotto e signore del crimine in The Wire - e Stephen Graham, vendicativo Al Capone di Boardwalk Empire: tutti chiamati per interpretare figure spiccatamente e indiscutibilmente "americane".
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I nuovi arrivati
L'ultima stagione televisiva non tradisce questa tendenza, e quelli che seguono sono i più interessanti attori britannici assunti come personaggi principali o co-protagonisti in serie d'oltreoceano al debutto.
Martin Freeman in Fargo
Quello di Lester Nygaard è un ruolo che sembra cucito addosso all'attore inglese conosciuto dal grande pubblico come l'(im)pavido Bilbo Baggins della Contea di Lo hobbit, dai geek come il cauto Arthur Dent di Guida galattica per autostoppisti e dai telemaniaci come il pragmatico Dr. Watson di Sherlock. Supino e frustrato, cittadino di un gelido paesino che non può figurarselo reagire ad anni di vessazioni, quello di Lester è un personaggio per il quale l'incazzoso e molto poco britannico Martin Freeman, qui alla sua prova migliore, si sarebbe meritato la statuetta ai recenti Golden Globe. (A proposito del cast di Lo Hobbit, anche il collega Richard "Thorin" Armitage migra alla serialità d'oltreoceano: lo vedremo nei panni di Dolarhyde, il serial killer ossessionato dai quadri di William Blake nella terza stagione di Hannibal).
Karen Gillan in Selfie
La statuaria rossa, penultima compagna del Dottore in Doctor Who, ha conquistato il ruolo della perfida Nebula nel blockbuster dell'anno, Guardiani della Galassia, assicurandosi così un futuro in Disney. La major l'ha subito dirottata su ABC, nella deliziosa sitcom ispirata a Il pigmalione, Selfie. Nella parte della "jolly ginger giantess" Eliza Dooley, egocentrica e complessata dea dei social dal look sgargiante, la Gillan è un'americana perfettamente sopra le righe. Imperdonabile che il network ce ne privi dopo una sola stagione.
Ioan Gruffudd in Forever
Il gallese dall'inaffondabile aplomb - era riuscito a mantenerlo anche nei panni superelastici dell'uomo di gomma Reed ne I fantastici quattro - è noto ai britannici nel ruolo dell'onorevole ufficiale Hornblower della saga letteraria e televisiva omonima. Recentemente ha esordito nel procedurale Forever, dove è un immortale bicentenario con la scomoda abitudine di risorgere dalle gelide acque newyorkesi a ogni morte violenta. Il suo personaggio, il patologo Henry Morgan, vanta quel tanto di esperienza in più rispetto alla media da farlo passare per un genio; tuttavia, a differenza di altri brillanti investigatori del piccolo schermo, non ha una personalità megalomane e spiazzante, anzi, indossa i suoi completi fatti su misura con britannica pacatezza.
David Tennant in Gracepoint
Il suo scanzonato e addolorato Dottore è uno dei più amati della - lunghissima - storia di Doctor Who. Lo scozzese (in realtà il suo cognome è McDonald e lo ha cambiato omaggiando Neil Tennant dei Pet Shop Boys) è un'icona vivente per i fan del NuWho (e quindi di mezzo Regno Unito), ma finora non ha fatto altrettanta fortuna in America - il suo pur buon provino per la parte di Hannibal Lecter nell'adattamento televisivo di Bryan Fuller non è bastato a fargli vincere la parte. In Gracepoint, il remake americano del popolarissimo nordic noir all'inglese Broadchurch dove interpreta il cupissimo detective cardiopatico Hardy, incarna un'altrettanto sparuta versione americana, tuttavia il personaggio di Carver e il pleonastico adattamento della serie di Chris Chibnall, non torneranno per un'altra stagione.
Dominic West e Ruth Wilson in The Affair
Il primo è noto ai TV dipendenti per la parte del poliziotto McNulty di The Wire, una delle pietre miliari della serialità, la seconda invece, per la partecipazione a questo tv show perturbante, The Affair, si è portata a casa un Golden Globe, rallegrando chi aveva potuto ammirare il suo enigmatico talento in Luther, dove è l'imprendibile genio criminale Alice. I due incarnano uno scrittore frustrato e una cameriera di provincia devastata da un lutto, e sono le due parti di una coppia clandestina la cui relazione extraconiugale è analizzata dai punti di vista di ciascuno. Entrambi magistralmente azzeccati dal direttore del casting, entrambi, tuttavia, più fulgidi quando interpretano britannici (lui in The Hour e lei nella menzionata Luther).
Alfie Enoch in Le regole del delitto perfetto
In pochi hanno riconosciuto il (fu) piccolo Alfie nel thriller di Shonda Rhimes: personaggio (molto) secondario della saga di Harry Potter, Enoch debutta come co-protagonista nella serialità americana nei panni di uno studente di legge intraprendente e protettivo, Wes Gibbins. Prima della trasferta era stato il soldato della guardia reale Bainbridge nella terza stagione di Sherlock. L'ingaggio nella serie della regina del piccolo schermo americano, nella parte di un giovane intraprendente e ribelle, è un po' più fortunato di quello di un altro giovane britannico in trasferta, Elyes Gabel (visto in Il trono di spade) che nel procedurale Scorpion interpreta l'enfant prodige Walter O'Brien, assoldato dal governo statunitense per indagare su crimini tecnologici.
I precursori
Gli acquisti più freschi dei tv show statunitensi vanno a fare compagnia ai colleghi che hanno conquistato l'America seriale con programmi attualmente in onda o da poco conclusi senza concedere nessun indizio circa le loro vere origini. È il caso di Andrew Lincoln, insospettabile ex habitué delle commedia romantiche inglesi (come Love Actually - L'amore davvero) che interpreta l'agguerrito vicesceriffo Rick Grimes di The Walking Dead a capo di un manipolo di sopravvissuti all'olocausto zombie. Ancora più truce e sostanzialmente nato per interpretare (anti)eroi americani, il fusto Charlie Hunnam, controverso Jax della maestosa serie di Kurt Sutter Sons of Anarchy che ha chiuso di recente col botto: prima di trasformarsi nell'Amleto biker, Hunnam aveva partecipato al cult britannico Queer as Folk, nei panni del filiforme e giovanissimo gay Nathan. Segue le orme della moglie Claire Danes (Homeland), l'inglese Hugh Dancy, che compare in Hannibal nei panni dell'iconico Will Graham della saga di Thomas Harris. Dancy, già mirabile nella parte del malato terminale Lee di The Big C, trasforma il bellissimo e tragico personaggio incarnato per la prima volta da William Petersen nel capolavoro di Michael Mann Manhunter - Frammenti di un omicidio in un profiler ipersensibile, visionario e dallo sguardo da cerbiatto.
In Hannibal compare anche Gillian Anderson, americana che ha vissuto in UK e ha mantenuto l'accento british, che ritroviamo nella parte dell'ambigua psichiatra Bedelia. Altrettanto cosmopolita Lauren Cohan, la Maggie di The Walking Dead, mentre John Barrowman, l'ex capitano Harkness di Torchwood recentemente migrato in Arrow, è scozzese naturalizzato americano. Tornando a Homeland, nel cast figura anche l'ex fidanzato storico di Keira Knightley, Rupert Friend, il quale vanta una carriera nei period drama come The Young Victoria ma che nella serie di Showtime interpreta la - moderna - macchina da guerra Quinn, sicario della CIA con i rimorsi e una cotta per la bipolare ed egoista Carrie. Camaleonte a teatro, sul grande e sul piccolo schermo - può interpretare impeccabilmente un pressante giornalista in Frost/Nixon - Il duello come uno svampito cantante punk dall'occhio bistrato in Laws of Attaction, un longilineo licantropo in Underworld quanto un pingue scienziato in Masters of Sex - il gallese Michael Sheen: è ormai il secondo anno che si imbolsisce per impersonare Bill Masters, medico e studioso di abitudini sessuali dal cuore pieno di rabbia e frustrazione. Assieme al giovane Freddie Highmore di La musica nel cuore, ora serial killer in erba in Bates Motel, allo scozzese Alan Cumming e ad Archie Panjabi di The Good Wife, al Jack Huston di Boardwalk Empire e tantissimi altri fanno parte del folto esercito di britannici con il dono di sapersi trasformare in perfetti americani.
Inglesi in America
Non hanno dovuto rinunciare ai rispettivi accenti britannici per adottare quelli meno affascinanti dei cugini del nuovo mondo i sempre più numerosi interpreti che godono della controtendenza recentissima di integrare personaggi di ascendenze europee e inglesi nelle serie statunitensi. Sono passati quasi un paio di decenni da quando la riccia britannica Alex Kingston conquistò l'America indossando il camice della dottoressa Corday in E.R. - Medici in prima linea, moglie del leggendario Dr. Greene. Qualche anno fa Tim Roth ha ottenuto un ruolo da protagonista, quello del Dr. Cal Lightman, mantenendo la propria parlata londinese in Lie to Me, dove chiama tutte "Luv" (tesoro) e risolve misteri inestricabili sfruttando la scienza che studia le espressioni del viso per identificare gli stati emotivi.
Anche Jonny Lee Miller, attore britannico che, come Roth, prima di approdare al piccolo schermo vantava una carriera nella cinematografia americana, incarna un britannico - un moderno Sherlock Holmes in trasferta newyorkese - in Elementary. É un colto e raffinato professore di letteratura inglese nel procedurale The Following, James Purefoy, figura seducente quanto macabra (è un serial killer sadico), mentre è molto più gradevole Eve Best, che in Nurse Jackie - Terapia d'urto ha interpretato la ricchissima e ironica dottoressa inglese O'Hara, mentre la scozzese Kelly Macdonald si è camuffata in irlandese per interpretare la moglie emigrante del criminale per bene Nucky in Boardwalk Empire. Sono finiti a indossare la divisa del maggiordomo Sean Pertwee (figlio di Jon, il terzo Dottore in Doctor Who) e James D'Arcy: il primo è il domestico molto poco convenzionale - non ha la parlata sofisticata e i modi impeccabili che si confanno alla tradizione, ma conosce l'arte del combattimento - Alfred in Gotham, il secondo è il perfetto valletto che assiste l'agente Carter nelle sue missione nella serie omonima della Marvel.
Sempre in tema di comics, il gallese Matt Ryan incarna la versione in carne e ossa - la prima azzeccata, dopo il clamoroso smacco della versione cinematografica con Keanu Reeves - dell'esorcista Constantine di Hellblazer, anche se gli mancano la sigaretta e l'accento di Liverpool, tuttavia, il portabandiera dell'essenza britannica in una serie americana spetta senza ombra di dubbio a Tom Mison nel fantasy horror Sleepy Hollow: il fu Potty Perowne, tedioso playboy galletto nel superbo period Parade's End impersona l'intellettuale professore inglese e soldato della guerra di secessione Ichabod Crane. Dalla postura elegante e dalla parlantina forbita, Crane, tornato in vita dopo due secoli, incarna lo spirito del vecchi mondo - le sue critiche sulla società contemporanea arrivano puntuali e divertentissime, soprattutto quando il redivivo snob rivela di esserne in qualche modo sedotto - che sta riappropriandosi di un posto in quello muovo. É lui l'emblema (finché dura, il destino dello show è in bilico) della British Invasion, l'ennesimo esempio di figli di Albione che hanno (ri)conquistato gli Stati Uniti. O perlomeno la loro tv.