True Detective 3x07, la recensione: The Final Country dentro la spirale del diavolo

La recensione di True Detective 3x07: il penultimo episodio della terza stagione accelera verso le tanto agognate risposte, e lo fa individuando vittime e carnefici.

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True Detective: Stephen Dorff e Mahershala Ali nell'episodio The Final Country

Tranquilli. Non vi spaventate. E non prendeteci per pazzi se apriamo questa recensione di True Detective 3x07 scomodando la geometria analitica. Se lo facciamo, è perché ci siamo accorti che questa terza stagione è stata scritta e concepita con una precisione a dir poco matematica. Infatti, senza temere di essere vittime di allucinazioni, la struttura della serie ci ha ricordato non poco quella di un asse cartesiano. Un punto di origine (la scomparsa dei fratelli Purcell) da cui partono due assi che procedono sia in verticale che in orizzontale, mandano avanti la storia mentre sprofondiamo dentro l'animo inquieto del suo protagonista assoluto. Il tutto andando avanti e indietro nel tempo. Come le reminiscenze scolastiche ci ricordano, su un asse cartesiano è possibile delineare figure ben precise grazie a determinate equazioni. Bene, siamo certi che True Detective 3 si specchi alla perfezione dentro una spirale.

Proprio come quelle che infestavano le indagini di Cole e Hart nel corso della prima stagione. Una spirale è ciclica, è una gabbia dalla quale non puoi uscire, ti fa girare attorno allo stesso punto sino a impazzire, si avvita attorno a se stessa e ti stringe sempre di più. Sembra di descrivere il triste destino del detective Wayne Hays, uomo complesso e problematico a cui il caso Purcell ha segnato per sempre la vita.

True Detective: Matthew McConaughey nell'episodio Seeing Things
True Detective: Matthew McConaughey nell'episodio Seeing Things

Come un marchio a fuoco sulla sua pelle, la morte di Will e la scomparsa di Julie hanno reso l'esistenza di Hays una scala a chiocciola diretta verso l'inferno. Questo settimo episodio dello show apre le porte degli inferi facendoci sbirciare dentro un mondo atroce e squallido. Così The Final Country, penultimo atto della stagione, accelera senza fretta verso le tante agognate risposte. E lo fa individuando vittime e carnefici.

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Se il colpevole diventa vittima

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True Detective: Mahershala Ali durante una scena dell'episodio The Final Country

La scorsa settimana ci eravamo fatti suggestionare dalla metafora del castello rosa, ovvero la stanza della tenuta Hoyt (misteriosa famiglia sulla quale si sono addensate nubi nerissime) in cui Julie Purcell sembra aver passato molto tempo recitando la parte della "principessa segreta". Ci era tornata in mente la fiaba di Hänsel e Gretel, con due fratelli al centro della storia, una trappola pronta ad attenderli e soprattutto un padre distratto, in qualche modo colpevole. Avevamo lasciato Tom proprio all'interno della stanza rosa, mentre alle sue spalle appariva uno spietato Harris James (ex poliziotto poi assunto dalla famiglia Hoyt, ed è per questo che non ci ha sorpreso ritrovarlo morto all'inizio di The Final Country. Tom ci è sempre apparso come un uomo fragile, debole, inespresso. Un marito tradito, un padre incapace di proteggere i suoi figli, un omosessuale in combutta con la sua natura rifiutata. Assieme a Julie e Will, Tom è la vera terza vittima di True Detective, un uomo verso cui è era facile provare empatia. Proprio come successo al tenente West, molto colpito dalla sua solitudine e vicino al suo dolore tartassante. Mentre Nic Pizzolatto esclude categoricamente le teorie che intravedono un'attrazione omoerotica tra i due, è certo che la sua morte è un ulteriore fardello sulle spalle di Hays, colpevole di aver messo sotto torchio un uomo già instabile di suo. Così, dopo il Vietnam e l'omicidio di Woodard, il cadavere di Tom è l'ennesimo fantasma pronto a infestare i suoi ricordi.

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True Detective: un primo piano di Stephen Dorff dell'episodio The Final Country

Però, come abbiamo sempre immaginato, il disegno di questa stagione della serie è molto più grande, e va oltre un banale caso di violenza domestica. Ecco perché nessuno di noi ha mai pensato davvero che Tom fosse direttamente colpevole della morte e della scomparsa dei suoi figli. Quel disegno è così grande da abbracciare anche la prima stagione. Succede quando, nel 2015, la giornalista di True Crime intervista Hays, rivelandogli che dietro il caso Purcell potrebbe celarsi una fitta rete di poteri forti in grado di insabbiare casi, prove e sospetti proprio come successo nel Louisiana a Cole e Hart - in questo episodio di True Detective 3 appare una foto dei personaggi di McConaughey e Harrelson - e vediamo Indizi che ci riportano nelle ricche proprietà della famiglia Hays e sulle tracce di James, che nel 1990 viene braccato da un Hays e un West particolarmente frustrati e impotenti dinanzi a qualcosa di troppo enorme da maneggiare. L'uomo sembra sapere qualcosa, sembra parte di quel disegno squallido e vasto, ma le cose precipitano proprio quando sembra pronto a sputare il rospo. Cosa sapeva? Chi è il signor Hoyt? Forse è il vero padre dei fratelli Purcell o solo un maniaco? Lucy era al corrente di quel castello rosa e complice consenziente? Cosa è successo a Julie dentro quella magione? Tante, troppe domande che ci conducono ancora una volta dentro quella spirale. Quella che non ti fa respirare ma che, anche quando sei vecchio, stanco e malato, ti chiede di essere finalmente spalancata per abbracciare, finalmente la verità.

Qualcuno deve pur ricordare

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True Detective: Mahershala Ali in un momento dell'episodio The Final Country

Con il passare del tempo, abbiamo capito che il caso Purcell per Hays è diventato un appiglio fondamentale, quasi un motivo per stare al mondo e sentirsi utile. Vitale e mortifero allo stesso tempo, il mistero di True Detective 3 è servito a Nic Pizzolatto per delineare la psicologica complessa di un uomo incapace di separare il privato dal pubblico, di scindere la famiglia dal lavoro. Per questo sua moglie Amelia sfrutta l'indagine sia per dare sfogo al suo talento che per tentare di stare vicino a suo marito, cercando una complicità e una vicinanza autentica altrimenti impossibili. In The Final Country, infatti, notiamo come Hays necessiti di due persone assai complementari per tentare di risolvere l'intricato enigma. Se il collega West è la sua controparte più pragmatica, istintiva e materica, sua moglie rappresenta la pazienza, la riflessione e quel giusto distacco che forse lui non è mai riuscito ad avere. Si avverte che siamo alla resa dei conti. E non soltanto grazie a un cliffhanger assolutamente sorprendente, vertiginoso e inaspettato, ma anche perché persino il vecchio Hays del 2015 è ormai stanco di starsene lì seduto a tentare di ricordare. Stanco di camminare nel suo cimitero pieno di traumi, cadaveri, pentimenti e fantasmi. E così decide di risolvere una volta per tutte quel maledetto puzzle a cui mancano sempre troppi pezzi. Noi siamo con lui, ormai avvolti dalla ragnatela che Pizzolatto ha saputo tessere con pazienza attorno al pubblico, pronti a scottarci con le fiamme di quel torbido inferno pur di uscire da quella maledetta spirale.

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4.0/5