Tre manifesti a Ebbing, Missouri, un titolo insolito per un film eccezionale, che ha fatto incetta di premi, tra Oscar e Golden Globes, e che ha lo stesso impatto di un pugno allo stomaco vista la tragica premessa, ma nonostante questo riesce a strappare più di una risata. Amara, certo, anzi amarissima considerato la storia che racconta: una madre piena di rabbia per l'omicidio brutale della figlia teenager, livida per la mancanza di giustizia e risultati da parte del dipartimento di polizia, decide di affittare tre grandi cartelloni pubblicitari per dichiarare al mondo intero l'inettitudine dello sceriffo e dei suoi subordinati.
Tre cartelloni dipinti di rosso e una madre pronta a tutto pur di tenere viva l'attenzione sul caso, prima che finisca nell'anonimato dei casi irrisolti a languire senza speranza. A dare il volto alla stoica e arrabbiatissima madre ci pensa la formidabile Frances McDormand; al suo fianco artisti del calibro di Woody Harrelson, Sam Rockwell, John Hawkes e Peter Dinklage. Il film, scritto, diretto e prodotto da Martin McDonagh è disponibile negli store digitali e in formato DVD e Blu-ray anche qui in Italia, dal 16 maggio 2018. Vediamo da dov'è arrivata l'idea di base di questo film e come fare per evitare alle tragedie di trascinarci a fondo con la forza dell'umorismo, quello nero che non da' scampo a nessuno.
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La genesi del film e Francis McDormand
Il film è ispirato a dei veri manifesti pubblicitari che hai visto da qualche parte?
Si, circa vent'anni fa ero a bordo di un autobus e passavo attraverso uno degli stati del sud e ho visto qualcosa di simile ai manifesti del nostro film, anche se si trovavano in un campo. Ce n'erano solo due e non ho potuto vedere bene il secondo, l'autobus ci è passato a fianco in un lampo ma quel messaggio mi è rimasto in testa, un messaggio talmente orribile, pieno di dolore e rabbia che doveva per forza essere vero. Mi è rimasto dentro per anni e l'idea collegata alla rabbia e al dolore di questa persona ha continuato a crescere. Inoltre volevo creare una protagonista per un film che fosse forte e dopo aver deciso che la persona dei manifesti doveva essere una madre, una madre forte, furiosa e oltraggiata, le due cose si sono unite naturalmente. Di fatto non avevo una vera e propria storia già in mente, l'ho creata e lasciata andare in giro per la città, e il film si è praticamente scritto da solo, vedendo come il resto della città reagisce alla sua provocazione.
Hai scritto la parte di Mildred Hayes specificamente per Frances McDormand?
Si, assolutamente, l'ho incontrata per la prima volta circa vent'anni fa mentre ero a New York per una commedia. Lei era con suo marito Joel Coen, in seguito l'ho rivista dopo sette, otto anni e mi ha chiesto "Scrivi una parte per me!" e quando ho cominciato a scrivere questo script è stato sempre con lei nel ruolo di Mildred, con la sua voce, il suo volto, la sua personalità. Se avesse detto no sarebbe stato un disastro perché non c'è nessun'altra che avrebbe potuto recitare quella parte come lei, che ha la sua stessa integrità, intelligenza, che sa gestire i tempi comici senza esagerare, che non giudica o riduce il suo personaggio a un melodramma. Non volevamo rendere Mildred "simpatica", né volevamo renderla troppo mamma o dolce, infatti abbiamo cercato di fare l'opposto e penso che per questo motivo il pubblico l'ha accolta con favore. È una forza della natura che non fa prigionieri ed è una gioia vedere qualcuno come lei.
Il personaggio di Mildred è in qualche modo associato a quello di Frances in Fargo?
Molte persone lo hanno fatto presente, dicono che Mildred è quello che Marge Gunderson (McDormand in Fargo, ndr.) sarebbe se fosse un po' più dark, più arrabbiata, ma per quanto io pensi che sia spettacolare in Fargo, non ho basato Mildred su nessun film dei Coen. Molta gente quando la incontra la chiama Marge, e lei ha detto che probabilmente lo metteranno anche sulla sua lapide. Spero che anche il nome di Mildred ci finisca! Da qui a cent'anni!
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Tre manifesti e gli Stati Uniti
Hai trascorso molto tempo nelle piccole cittadine americane come quella del film?
Sì, viaggio molto e mi piace spostarmi in treno, autobus e passare per queste piccole città. Mi piace molto osservarle e osservare la gente, ma non per rubarne i personaggi, non da un punto di vista di sceneggiatore, ma semplicemente perché mi piace farlo; amo l'America, e amo gli americani e di certo non volevo creare un film che fosse avulso dalla nostra vita giornaliera. Volevo tuffarmici dentro e stare con questi personaggi senza emettere giudizi su di loro o sulla nostra realtà quotidiana.
Perché ha ambientato la storia in una città che non esiste?
Non volevo scrivere una storia di una specifica città, inoltre mi piace il suono delle due sillabe nel nome che ho creato. Poteva non essere in Missouri, ma anche in questo caso la musicalità delle tre sillabe l'ha avuta vinta. Doveva essere uno stato del sud perché volevo un background di violenza e razzismo e problematiche con la legge.
Com'è cambiata l'America dopo che Trump è diventato Presidente?
Sono stato solo a New York e Los Angeles dalle ultime elezioni e i miei amici sono tutti abbastanza liberali quindi c'è molta rabbia e disperazione da parte loro. Non sono stato in nessuno stato o città che probabilmente ha votato per lui. Il film è stato girato due anni fa prima di Trump e non è un commento all'America di oggi o all'America di Obama. Le questioni analizzate nel film sono lì da sempre. Penso che presentare il film due anni fa sarebbe stato diverso da oggi, ma non sta a me giudicare. Quello che mi interessa è vedere come sarà ricevuto e se scatenerà un qualche tipo di dibattito.
Hanno provato a farle cambiare il titolo del film?
Non c'è mai stata la possibilità che potessero farlo. Ha un titolo deliberatamente insolito ma credo che proprio per questo rimanga impresso nella mente delle persone. Fin dall'inizio abbiamo detto "questo è il film, o lo prendete così com'è o non se ne fa niente".
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L'apporto di Sam Rockwell e il rapporto tra commedia e tragedia
Aveva in mente Sam Rockwell dal principio?
Si, la parte è stata scritta per lui. Abbiamo lavorato insieme in teatro sette anni fa e ho sempre voluto lavorare con lui da allora. Penso che sia il miglior attore della sua generazione ed ha la mia età. Così ogni volta che sto scrivendo di un personaggio americano della mia età sento la voce di Sam. È come se liberasse qualcosa dentro di me, a prescindere dalla sua decisione di interpretare il personaggio o meno.
Ha contribuito in qualcosa che ti ha lasciato sorpreso?
Sam è una persona squisita e un attore generoso, pieno di talento, in grado di recitare in ruoli davvero terribili, così com'è già accaduto in passato. Eppure la sua umanità di base riesce sempre a trasparire e mi ha sorpreso vedere come il suo personaggio è riuscito a chiudere il suo cerchio. Ha superato di gran lunga le mie aspettative, tanto che nonostante questo sia il film di Frances, lui viene subito in seconda posizione. Questo mi ha sorpreso perché pensavo che fosse il film di Frances, invece è diventato il loro film.
Come mai la commedia nera è così importante per lei?
Penso che tutto quello che scrivo rifletta il modo in cui vedo il mondo: vedo le tragedie che ti fanno infuriare, ma per superarle, per non farti trascinare giù l'umorismo è l'unico modo, o quello o la rabbia. In questo film il punto di partenza è così drammatico che devi trovare qualcosa a cui aggrapparti e penso che questo sia il modo oltraggioso con cui Frances affronta la situazione. Ma non è stata una decisione cosciente di imporre umorismo alla storia, è soltanto il mio modo di vedere le cose. Non potrei mai scrivere una commedia romantica, non sono proprio il tipo.
E da dove viene questa visione del mondo?
Dall'Irlanda. È come sono stato cresciuto.
Come si trova il giusto equilibrio tra commedia e tragedia? È già nello script o si stabilisce in sala di montaggio?
È sempre nella sceneggiatura, ma quando montiamo il film osserviamo l'insieme per ottenere il giusto tono. Abbiamo tagliato tre, quattro scene molto divertenti specie con Sam, una in particolare credo sarà negli extra del DVD, ma ci sono momenti durane il montaggio in cui smussi gli angoli. Ho mostrato il girato a degli amici e uno di loro mi ha detto "non avere paura di mostrare il lato tragico". Questo ci ha aiutato a ricalibrare il tutto. Si tratta di una tragedia con molto umorismo e speranza, ma è pur sempre una tragedia.
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Un film sulla speranza e il cambiamento
Cosa vorrebbe che la gente ricordasse di questo film?
La speranza, il cambiamento e l'umanità della gente credo. Quando l'ho scritto non credo che queste cose fossero già lì, ma credo che in questo film ci sia molta più umanità rispetto al resto del mio lavoro. Cerco sempre di avere delle piccole dosi di umanità qui e là, ma non sempre è possibile. Qui è molto più ovvio e penso che il merito sia di Frances, Woody e Sam.
Crede che questa sia la sua opera migliore?
Volevo essere almeno allo stesso livello di In Bruges - La coscienza dell'assassino, creare lo stesso livello di emozione e connessione, ma devo dire che per ora le reazioni sono state migliori di quanto aspettassi. Forse perché qui la gente sa cosa aspettarsi. Con In Bruges non sai mai se è una commedia o una tragedia ed è esattamente così che doveva essere. Non so se è il fatto di avere una protagonista femminile che ha creato più spazio per emozione e speranza ma sono contenuti più palpabili rispetto al resto del mio lavoro. Per ora le reazioni sono eccellenti, ma credo di aver bisogno di un anno di tempo per poter giudicare al meglio i risultati.
C'è competizione professionale tra lei e suo fratello?
È tutto molto giocoso, sono un grande fan del suo lavoro. Quando giochiamo a football però è tutta un'altra storia, perché io sono il giocatore migliore!