Too Old To Die Young, nuova serie tv in dieci episodi firmata da Nicolas Winding Refn da oggi su Amazon Prim Video, di cui abbiamo avuto un assaggio al 72esimo Festival di Cannes , dove il regista danese ha presentato due frammenti della sua opera, il numero quattro e cinque, perché: "Ho scelto di farvi vedere il cuore dello show, non gli episodi introduttivi. Mi piace la libertà dello streaming di saltare da un'informazione all'altra".
Per anni si era parlato di una serie ispirata a Barbarella diretta da Nicolas Winding Refn, invece il regista ha stupito tutti, come gli piace fare: "Per me è fondamentale andare contro le aspettative, è ciò che mantiene viva la creatività. Per me è fondamentale raccontare con le immagini: un film è come un regalo di Natale, non sai cosa avrai ma sei molto eccitato". La scelta è quindi ricaduta su Too Old To Die Young, storia di un poliziotto di Los Angeles, Martin, con il volto indecifrabile di Miles Teller (scelto per questa qualità e per il fatto che somiglia a Elvis), che si invischia in traffici pericolosi, con criminali della Yakuza e del Cartello messicano. "Tutti nell'industria mi dicevano qualche anno fa che dovevo assolutamente fare tv: è la nuova gallina dalle uova d'oro - ha detto il regista a Cannes, proseguendo - All'inizio non volevo, ma l'idea dello streaming mi ha convinto, perché ti aiuta a sconfiggere il più grande nemico della creatività, il tempo. La mattina vado su YouTube e salto da un video all'altro, mi piace questa libertà. Too Old To Die Young è la fusione del cinema e della libertà dello streaming".
La serialità in streaming ha permesso a Refn di lavorare con una tela molto più vasta a quella a cui era abituato: "La cosa bella di Amazon è che mi ha lasciato da solo. Pensavano che avrebbero avuto dieci ore di film e invece ne ho fatte tredici, che ho diviso come dicevo io: è stato come frammentare una grande tela in pezzi. La cosa che mi affascina è che si può guardare sia in modo lineare, dall'inizio, sia saltando da un pezzo all'altro. Amo questa libertà, che è l'essenza della creatività. Non c'è dubbio che lo streaming sia il futuro: il cinema si sta evolvendo. Dobbiamo abbracciare il cambiamento. Basta vedere i nostri figli: siamo noi che dobbiamo guardare al futuro invece che imporre a loro una visione vecchia del mondo. La creatività è libertà di scelta, è avere più possibilità". L'idea per la serie - di cui abbiamo parlato nella recensione di Too Old to Die Young da Cannes - che Refn chiama film, è nata in macchina, proprio a Los Angeles: "Ero in macchina a LA e avevo due cose in mente: religione e morte. È nato tutto dal titolo, Too Old To Die Young. Ho chiamato, Ed Brubaker, che è sceneggiatore di graphic novel, e gliel'ho proposto. All'inizio sembrava che sarebbe stato semplicemente un mio lungo film. In quel periodo ero a LA e c'erano le elezioni: il racconto è diventato quindi la mia elaborazione di quello che sta diventando l'America. Ho girato in ordine cronologico, scrivendo la notte e girando il giorno dopo. La serie si è evoluta di continuo".
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Sempre in abito elegante, con occhiali dalla montatura importante, perfettamente rasato, con taglio di capelli fresco e curato, parlata lenta e ipnotica, movimenti quasi impercettibili della mani e una quantità inesauribile di frasi a effetto pronte all'uso come: "Non esiste scusa valida per non creare": piaccia o non piaccia, Refn si è costruito un personaggio, che nutre tramite il suo profilo Instagram, apparizioni pubbliche selezionate, collaborazioni non scontate (pensiamo all'amicizia con Alejandro Jodorowsky e Hideo Kojima) e ora anche con #byNWR, sua piattaforma di streaming dalle ambizioni altissime. Per alcuni un genio visionario, per altri un superficiale che vive di sola immagine. Alla masterclass di Cannes una giornalista gli ha fatto proprio notare l'aspetto, secondo lei, vuoto della sua opera e la risposta è stata leggendaria: "Mi possono attaccare per essere vuoto e superficiale: ma perché? Perché non dico cosa pensare? È vero non do riposte: chi me le chiede è alla ricerca di un significato che non posso essere io a dare. Non sia mai che uno debba pensarci o trovarlo da solo. È questo atteggiamento che fa dire ai giovani: chiudi quella cazzo di bocca e vaffanculo".
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Too Old Too Die Young: una serie su sesso e violenza
Dal rapporto con la madre, che gli ha fatto scoprire il cinema: "Mia madre mi ha portato da piccolo a vedere Nashville al cinema, ma ho scoperto davvero il cinema non al cinema, ma in tv a 9 anni, quando ho capito che potevo cambiare immagini con un bottone. Il cinema ha poi trovato me a 14 anni", a quello con i propri figli, che hanno dato una nuova spinta alla sua creatività: "Diventando padre e più saggio, ho capito che la creatività è un processo. Quando creo una cosa poi si allontana da me e non mi appartiene più. Il processo invece è fondamentale: tutti quei momenti, le esperienze quotidiane, aiutano la creatività". Una saggezza che lo ha spinto a cambiare anche metodo di lavoro, come gli ha suggerito l'amico Alejandro Jodorowsky: "Tutti abbiamo il nostro metodo di lavoro: a me piace non sapere dove mi porterà la storia. Ho affrontato il processo di scrittura insieme a Ed Brubaker e a Halley Wegryn Gross, una sceneggiatrice donna, perché Jodorowsky mi ha detto che per questa opera dovevo avere un padre e una madre. Ci voleva una sceneggiatrice donna: lo Yin e lo Yang. Abbiamo lavorato insieme ogni notte per dieci mesi: è stato come diventare pazzi, ma in modo divertente".
Il sesso e la violenza sono il combustibile di ogni processo creativo e della vita stessa
Il tema di Too Old To Die Young è una costante dell'opera di Nicolas Winding Refn: "Ogni cosa con la morte è violenta e la religione è molto sexy, quindi dire sesso e violenza è un altro modo di dire morte e religione. Credo che il combustibile di ogni processo creativo e della vita stessa siano il sesso e la violenza. Dire che i miei film sono sesso e violenza è anche un modo per non parlare del mio lavoro: amo farlo, ma non amo parlarne. Non sono un politico che deve farsi votare. Voglio semplicemente essere me stesso. Possiamo dissezionare questi concetti, ma c'è anche una purezza in loro. È qui che entra in gioco la creatività: il silenzio per me è la porta dell'anima. E anche l'immobilità: più diventano intollerabili e imbarazzanti più sono rivelatori. Il comportamento delle persone durante le elezioni americane del 2016 ha fatto diventare sesso e violenza dei nuovi temi caldi".
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Too Old Too Die Young: una serie tv anarchica (e comica)
Ecco altre due parole chiave dell'opera di Refn: silenzio e immobilità. Da quanto abbiamo potuto vedere, di entrambi ce n'è in abbondanza in Too Old Too Die Young, per un prodotto che ignora il ritmo più diffuso in televisione, in cui le serie possono spesso contare su montaggi frenetici e colpi di scena continui: "Volevo che tutto sembrasse un servizio fotografico a Los Angeles: quando ho fatto il mio primo film ero arrogante e ho voluto che tutto fosse vero, a cominciare dalla cocaina, per cui alla fine è diventata vera anche la violenza. Ora so che non si può replicare la realtà al cinema, quindi non la inseguo più. Con il direttore della fotografia abbiamo visto tutto attraverso la camera dei nostri iPhone: sembravamo due ragazzini. È stato tutto molto creativo".
Oltre ai tempi e al sonoro, anche i colori delle opere di Refn sono inconfondibili e Too Old To Die Young non fa eccezione: "Sono cieco ai colori: l'ho scoperto a 24 anni, grazie alla mia prima ragazza Liv, che poi è diventata mia moglie. Avevo fatto sesso prima, senza pagare, ma lei è stata la prima ragazza. Lei si stava provando delle scarpe e all'inizio ho pensato che fosse stupida perché stava provando due volte lo stesso paio: vedevo tutto nero. È stata lei a farmi notare che forse non vedevo bene i colori. In parte è una cosa positiva perché ho la mia personale palette di colori. Amo i film in bianco e nero". A chi gli fa notare che Too Old To Die Young ha anche dei momenti inaspettatamente comici, Refn risponde quasi stupito: "Credo che tutti i miei film siano anche comici: l'indefinito mi intriga molto di più. Perché non mescolare tutto? Un po' di commedia, sesso, violenza e feticismo. E poi tutto di nuovo, in ordine diverso".
Nicolas Winding Refn, la creatività e la sua piattaforma di streaming #byNWR
Oltre all'immagine e ai giovani, la cosa che sta più a cuore al regista danese è la creatività. Ripete questa parola in continuazione, quasi come fosse un mantra: "La creatività è esporti, essere narcisista, egomaniaco, autoindulgente: stai facendo qualcosa di creativo, devi essere così! È eccitante e vuoi farne sempre di più: è come la cocaina. Sono molto autoindulgente, sono molto centrato su me stesso, quindi non scrivo avendo in mente qualcuno di preciso. Scelgo la persona che sembra più adatta e soprattutto che sia in grado di mettere in contraddizione quello che ho scritto. Credo sempre che il meno è più e nulla è tutto. Da giovane non volevo fare il regista, volevo solo diventare famoso. Ma non so ballare, non so lavorare la creta, sono dislessico e cieco di colori, quindi non posso dipingere. Sono cresciuto nella New York degli anni '80, quindi sono affascinato dalla volontà di esporsi, dal fare diventare l'ego il centro della storia. Bronson in realtà è un film autobiografico: il protagonista si crea un alter ego e io ho parlato di me attraverso di lui".
È per questo che, a fine 2018, ha inaugurato la sua piattaforma di streaming, #byNWR, un progetto molto personale e ambizioso: "Alcuni anni fa ho pensato che potesse essere interessante creare una comunità, una piattaforma culturale libera a tutti. Volevo un museo della cultura on-line, che allo stesso tempo diffondesse l'opera del passato e abbracciasse il futuro. Mi piace l'idea di creare contenuti originali e l'idea di self streaming: un artista può girare una cosa in casa e metterla subito on-line. Mi piace l'idea che carichiamo qualcosa on-line ed esiste da qualche parte. I contenuti gratuiti sono diventati quasi una nuova forma di moneta. Il progetto si sta evolvendo, non so ancora cosa sia. Su internet la creatività è cliccare e avere un flusso di contenuti che può andare avanti all'infinito, come un corso d'acqua".
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Refn su collezionismo, restauro e videogiochi
Dai video per lo streaming, agli spot per brand famosi. Per un bulimico di immagini come Refn, non una forma di mercificazione della propria arte, ma una palestra che ogni tanto fa bene: "Sono stato molto fortunato a poter girare spot per dei brand. Mi piace, ma non so se vorrei farlo per più di una settimana. Mi diverto perché è sempre un mezzo creativo. Mi piace quando mi danno totale libertà ma mi piace anche quando mi danno uno script da eseguire: puoi diventate un artigiano e chiedere più soldi".
Un'altra cosa di cui il regista non è mai sazio, sono i cimeli cinematografici, che, forse, potrebbero diventare un altro progetto, forse una mostra: "Ho la malattia di collezionare le cose: più sono rare, più mi piacciono. Finisco per comprare un sacco di cose di cui non so cosa fare e mia moglie si arrabbia e le mette in soffitta. Mi ha detto: o le buttiamo, o ci facciamo qualcosa". Per favore signora Liv Corfixen, convinca suo marito a realizzare una mostra al più presto, grazie mille e distinti saluti.
Altro interesse dell'autore di Drive è il restauro: per i quarant'anni di Zombi di George A. Romero, il regista ha supervisionato il passaggio in alta definizione e questa non è l'unica pellicola messa in sicurezza da Refn. Quando gli si chiede di questo suo ruolo di protettore del cinema, che condivide con almeno un altro collega illustre, Christopher Nolan, dice con (finta) umiltà: "Non so molto su come funzioni il restauro, non sono esperto di reagenti chimici, ho un team per questo: pago e mi godo il risultato. Sono sempre loro a trovare titoli interessanti da recuperare".
Colori e nero, vecchie pellicole e YouTube, Refn ama i contrasti e soprattutto l'infinita possibilità che creano: non poteva quindi essergli indifferente il mondo dei videogiochi e della realtà virtuale, che è uno dei prossimi mezzi con cui vorrebbe sperimentare: "La VR mi intriga molto, vorrei esplorarla al più presto" ha detto a chi gli ha chiesto del suo rapporto con Hideo Kojima, con cui sta lavorando al videogioco Death Stranding, che uscirà il prossimo 9 novembre, e che ha voluto come attore proprio nell'episodio numero quattro di Too Old To Die Young, nel ruolo di uno spietato membro della Yakuza: "Ammiro molto il mondo dei videogiochi: non sono un videogiocatore attivo, perché quando gioco mi viene il mal di testa, ma mi piace guardarli, adoro le possibilità infinite che offrono. Lavorare con Kojima sul set è stato interessante: amo i consigli che mi ha dato durante le riprese. L'anno prossimo potremmo collaborare per qualcosa. Chi lo sa".
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Il nuovo film di Refn: I'm gonna kill you
Completato il suo lungo film di tredici ore, il prossimo progetto di Refn sarà un ritorno alle origini, di cui ha già in mente il titolo: "Per due anni ho fatto questo film, ora voglio fare qualcosa di più breve. Il DNA è lo stesso, l'importante è fare sempre quello che vuoi fare come lo vuoi fare. Lo streaming mi ha dato solo una tela più grande. L'anno prossimo voglio girare un altro film: ho già l'idea e so cosa voglio farci. Ho anche il titolo: I'm going to kill you". Rimane comunque il dubbio che fosse una battuta rivolta al pubblico. Vedremo.
Per quanto riguarda il cinema, la seconda regola di Refn dopo "fare quello che vuoi fare come lo vuoi fare", è nota a tutti, ovvero i soldi: "La cosa importante è che i tuoi progetti vadano bene economicamente: è ciò che ti farà ottenere il prossimo lavoro e più libertà e tempo. Se fai un film brutto che fa un sacco di soldi non importa a nessuno, l'industria va avanti. Se fai un film bello che va male diventa tutto più difficile. Se fai un film brutto che è anche un insuccesso sei fuori".
Il regista non esclude comunque di collaborare con grandi studios in futuro: "Se arrivasse Star Wars lo farei subito, ma a modo mio, dovrebbe essere una buona idea per entrambi. Non ho problemi con i grandi Studios". A chi, in conclusione, gli chiede come si diventa un artista affermato, Refn ha altre perle in puro stile NWR: "Non posso dire agli altri cosa fare: posso dire che ogni giorno devi guardarti allo specchio e ripeterti ok, non so fare questo o quello, altri sì, ma cosa posso fare io? Mettiamo il caso che io non abbia soldi, gli altri sì, ma magari so fare altro. Io sono dislessico ma questo non mi ha impedito di scrivere. Bisogna accettare di non saper fare certe cose e puntare sui nostri punti di forza. La mia missione è salvare gli altri dalla follia: salvare il mondo dalla follia è importante. Non importa quello che dicono gli altri, nel mondo ci sarà sempre qualcuno che si sente come te. Io faccio quello che mi sento di fare ed è la cosa bella di internet, non ci sono più barriere, ci si può confrontare sia con chi non ci sopporta che con chi si sente allo stesso modo. L'unico modo per sopravvivere è essere sempre sinceri con se stessi e fare le cose come vogliamo, a modo nostro. Nessuno potrà mai toglierti questo".