The Wolfpack: un videoregistratore come antidoto contro la solitudine di sei fratelli cinefili

Presentato nella sezione Alice della città della Festa del cinema di Roma, The Wolfpack, è l'inusuale processo di formazione di sei fratelli costretti in casa per quindici anni da un padre/padrone che hanno trovato nel cinema, fatto di VHS e DVD, la loro salvezza, il loro ponte con il mondo esterno. In sala dal 22 ottobre grazie a Wanted Cinema.

Se le bionde ed eteree sorelle de Il giardino delle vergini suicide vivevano rinchiuse in casa da una coppia di genitori bigotti che impediva loro di interagire con l'esterno o tantomeno di ascoltare musica rock, gettando via tutti i vinili delle ragazze, i sei fratelli Angulo hanno trascorso quindici anni delle loro vite chiusi in casa, nel Lower East Side di Manhattan, da un padre/padrone dedito alla bottiglia e allergico al lavoro che, a differenza dei coniugi Libson, ha permesso ai figli di vedere, o meglio dire, consumare centinaia di VHS e DVD.

The Wolfpack: un'immagine tratta dal film documentario
The Wolfpack: un'immagine tratta dal film documentario

Unica valvola di sfogo e contatto con l'esterno, il cinema, è diventato per i sei ragazzi dai lunghi capelli neri una ragione di vita tanto da trascrivere, a mano o a macchina, parola per parola, tutte le battute dei loro film preferiti, arrivando a ricostruire, tra le mura di una casa grigia e trascurata, tutte le scene delle pellicole più amate, riproducendo fedelmente costumi o accessori con scatole di cereali, nastro adesivo e tinture. Una vita trascorsa studiando in casa con la madre Susanne, ex hippie del Midwest, ed Oscar, padre originario del Perù, ossessionato dalla filosofia Hare Krishna tanto da dare ai figli tutti nomi in sanscrito (Govinda, Bhagavan, Mukunda...). Contrario alle regole della società e convinto che New York non fosse un posto sicuro per i suoi ragazzi, Oscar, li ha cresciuti con il terrore di quello che poteva aspettarli fuori dalla porta di casa, trascorrendo i pomeriggi e le sere a riprodurre scene di finzione con le quali cercavano di scimmiottare la vita vera.

The Wolfpack: una scena del documentario di Crystal Moselle
The Wolfpack: una scena del documentario di Crystal Moselle

Il cinema li ha salvati dalla solitudine, dalla tristezza, permettendogli di sviluppare una fantasia ed una creatività che giorno dopo giorno li ha portati a chiedersi come sarebbe stato varcare la soglia di casa. Nel 2010, Mukunda, il più intraprendente dei sei, approfitta di un'assenza paterna per uscire in strada, indossando la maschera di Michael Myers, protagonista della saga di Halloween - La Notte delle Streghe. Questo primo atto di ribellione segna l'inizio di una nuova fase delle loro vite, tanto da portare i sei fratelli a decidere di uscire tutti insieme per le vie di New York, vestiti come i protagonisti de Le iene di Quentin Tarantino. Il loro aspetto così bizzarro ma, in un certo senso, affascinante ha catturato l'attenzione di Crystal Moselle che li ha seguiti per le strade della città riuscendo a stabilire con i sei fratelli un legame di fiducia tale da permetterle di entrare in casa loro e filmarli per cinque anni, dando poi vita a The Wolfpack - Il branco, il suo primo lungometraggio finanziato dal Tribeca Film Institute con il quale ha vinto l'U.S. Documentary Grand Jury Prize.

Be Kind, Rewind

The Wolfpack: un'immagine del documentario statunitense
The Wolfpack: un'immagine del documentario statunitense

Il film si apre con una sequenza che vede impegnati i nostri con il remake casalingo del già citato Le Iene. Quello che sorprende è l'unione tra il divertimento e la professionalità che contraddistingue la passione di questi ragazzi, talmente assorbiti da quello che fanno da aver stabilito una familiarità con le tecniche di recitazione, regia e scenografia che produce, in chi guarda, una tenerezza nei loro confronti, così pieni di entusiasmo e positività, elementi non scontati in chi è dovuto vivere tutta la vita agli ordini di un padre che decideva anche se potevano lasciare una determinata stanza o meno. L'illusione del cinema li ha salvati e proprio la visione de Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan ha mosso qualcosa in Mukunda, dandogli il coraggio di andare contro gli ordini paterni. La regista li filma con le luci basse dell'appartamento, oppure illuminati solo dai riflessi colorati di un televisore acceso, lasciandoli liberi di recitare, ballare o confidarsi davanti l'obiettivo. Questa loro creatività nel ricostruire sequenze di film celebri ricorda la pellicola di Michel Gondry, Be Kind Rewind - Gli acchiappafilm, nella quale Mike (Mos Def), commesso di una vecchia videoteca di quartiere, reinterpretava con l'aiuto dell'amico Jerry (Jack Black), tutti i film più famosi presenti in negozio, smaterializzati senza volerlo da quest'ultimo. Che sia il costume di Batman, il trucco di Joker o la maschera di Freddy Krueger, quello che è certo è che il cinema ha, in un certo qual modo, reso liberi i sei fratelli, permettendogli di abbandonare con il pensiero le mura del loro appartamento.

Un percorso di formazione inusuale

The Wolfpack: un'immagine del documentario diretto da Crystal Moselle
The Wolfpack: un'immagine del documentario diretto da Crystal Moselle

La regista, Crystal Moselle, mostra l'evoluzione di questi ragazzi filmandoli nella loro lenta presa di coscienza individuale, fatta di gusti e scelte differenti, alternando il montaggio con filmini di famiglia, tutti girati in casa, nei quali i piccoli Angulo già avevano formato quel senso di branco, di unione primordiale che li lega. Tra le immagini compaiono anche riprese della città dalle finestre di casa e quello che colpisce è la vicinanza con dei simboli di New York come l'Empire State Building o le Twin Towers, emblemi della città, dei quali sono stati privati, insieme alla possibilità di socializzare, di andare a scuola o semplicemente fare una passeggiata per paura che quella stessa New York potesse inghiottirli. Una campana di vetro nella quale c'era sempre meno ossigeno e che i fratelli cinefili sono riusciti ad infrangere prima di rimanere soffocati. Quello che la Moselle ci mostra è proprio un percorso di formazione, molto inusuale, del quale sono protagonisti dei ragazzi brillanti, curiosi e riflessivi. La loro capacità di esprimere i sentimenti contrastanti verso il padre o gli anni costretti in casa sono filmati con rispetto dalla regista che non enfatizza o sottolinea con furbizia nulla ma semplicemente si fa testimone della trasformazione in giovani uomini, sempre meno spaventati, dei sei ragazzini vestiti con completi neri e ray ban incontrati anni prima sulla First Avenue.

Movieplayer.it

3.0/5