Spesso non c'è tempo di piangere. Ma per il finale di serie, ogni morte viene pianta, celebrata, ricordata. In quel cerchio della vita che The Waking Dead ha reso centrale in questi 12 anni, dal giorno del suo debutto il 31 ottobre 2010. Per una vita che si spegne, un'altra viene salvata. Per un padre che si era risvegliato in ospedale, una figlia ci finisce. Lottando per la vita mentre il Commonwealth, il simbolo del mondo di prima in cui privilegi e corruzione, menzogne e ingiustizia, avidità ed egoismo regnavano... viene distrutto. Dai vaganti, simbolo di democrazia, perché non c'è niente di più democratico della morte. Gli zombie sono i livellatori della società, macchine senza morale che non guardano in faccia a nessuno, e proprio per questo riportano, paradossalmente, l'equità. La gente comune chiede pietà ai cancelli delle Residenze, dove vivono i privilegiati.
Proprio come ne La terra dei morti viventi di George A. Romero, soldi e potere fanno la differenza fra chi vive e chi muore. Ma è ora che le cose cambino. Di fronte alla morte siamo tutti uguali. La differenza la fa la volontà di sopravvivere, la forza di lottare. E la forza di una madre che difende sua figlia non ha eguali, lo sappiamo. The Walking Dead ce lo mostra in maniera forzata, come ha fatto in tutta quest'ultima stagione, perché le regole di una volta non valgono più. Gli zombie si arrampicano - sono arrivano gli Scalatori, così li chiamano - e usano attrezzi rudimentali per ottenere i loro scopi, come sassi per rompere le finestre. Per 12 lunghi anni le persone non hanno capito che il nemico era solo uno: "the walking dead", i morti viventi. Le parole proferite da Daryl, che rende omaggio a noi e alla serie pronunciandone il nome.
La resa dei conti
Ci sono molte questioni in sospeso in The Walking Dead. Alcune restano tali, perché sappiamo che ci sarà un seguito - per Daryl, Rick, Michonne e molti altri - mentre altre questioni hanno bisogno di essere chiuse. A cominciare dalla più pressante, e c'era da aspettarselo: Negan, finalmente, è pronto per sacrificarsi. Ha sempre fatto di tutto per sopravvivere, ma ora ha fatto abbastanza per meritarsi la redenzione. Con le lacrime agli occhi chiede perdono a Maggie ed è disposto a rinunciare a tutto pur di far sì che lei torni da suo figlio. Quel figlio a cui ha già strappato via il padre. Maggie non può perdonarlo, ma vuole smettere di odiarlo. Negan non potrà mai ottenere il perdono, per tutto ciò che ha fatto. Ma ci sta provando, lo sa anche Maggie. Sta provando a essere un uomo migliore, un uomo con una moglie e un figlio, un uomo con una seconda occasione. Un uomo, non più un mostro. Un uomo che sa quanto la prigione sia peggiore della morte. E lo dice a Maggie: Pamela Milton ha fatto sparire centinaia di persone, ha mentito, rubato, tradito, coperto. La morte che cerca lasciandosi andare a un Hornsby trasformato sarebbe la soluzione più facile. Troppo facile, per i suoi crimini. Nella realtà raramente i politici pagano per i loro crimini. Almeno nel mondo di The Walking Dead, lasciatecelo vedere. Dateci soddisfazione.
E poi naturalmente c'è Eugene: il personaggio che ha infranto ogni regola ed equilibrio morale della serie. Ha tradito, più volte, è stato a lungo un codardo - come lo era Gabriel, che ha imparato a lottare ritrovando la fede in Dio e in se stesso - eppure se l'è sempre cavata. Molto più di altri. Ora che Rosita è stata morsa, toccherà a lui portare avanti la sua missione. Rendere il mondo un posto migliore per la piccola Coco. Smettere di avere paura della vita, oltre che della morte.
Normalità
Quando tutti collaborano contro il nemico comune, i morti, le cose iniziano a funzionare. E la più spettacolare esplosione mai vista nella serie riporta il tanto agognato equilibrio: le case dei ricchi vengono distrutte insieme agli zombie. Torna la normalità. Una tregua dalla morte e dall'orrore per ritrovarsi tutti insieme e celebrare un momento che per qualcuno sarà presto solo un ricordo.
Perché la normalità prevede anche la morte.
La morte fa parte della vita, questo i nostri sopravvissuti l'hanno imparato. Tutti: è l'unica lezione che chiunque sopravviva abbia appreso fin dall'inizio dell'apocalisse.
L'abbiamo imparata anche noi. Abbiamo perso tanti, troppi personaggi che amavamo.
E se volevano farci piangere, per Luke e Rosita, ci sono riusciti.
Ma in The Walking Dead, come nella vita reale, si piange. Si piange e si va avanti.
Il Commonwealth ora è un posto migliore. Un posto giusto. Con il miglior capo possibile. No, guida: la migliore guida possibile, Ezekiel. Perché gli uomini hanno bisogno di un punto di riferimento, quando ciò che conoscevano non esiste più. E tutti i protagonisti di questa serie corale, tutti loro, hanno imparato a diventarlo. Un punto di riferimento per coloro che amano, ma anche per noi.
"Eppure, sorrido"
Il Commonwealth di Pamela Milton è bruciato insieme ai morti. Oggi è un posto nuovo. Un posto in cui la morte continua a esistere, i destini si separano, il dolore non passa mai. Dove la vita va avanti e la morte continua a esistere. "Eppure, sorrido". La frase-tormentone di Ezekiel ha un unico scopo: celebrare la vita. In passato, era stato Rick Grimes a dirlo: "We are the walking dead". I morti viventi siamo noi. Oggi quell'affermazione viene ribaltata, "We are NOT the walking dead". Non siamo noi i morti viventi. Noi possiamo vivere. Noi dobbiamo vivere, ne abbiamo la responsabilità. Perché tutti meritiamo un lieto fine, in qualche modo. Anche Carol, tornata quella degli inizi eppure così diversa. Anche Daryl, diretto alla ricerca di Rick e Michonne. Anche Rick e Michonne, che lottano ancora nel cameo finale in cui compaiono, a sorpresa. Una contro gli zombie, mentre cerca Rick. L'altro contro l'esercito della Civica Repubblica, il CRM, che i fan del franchise già conoscono e temono. "Non c'è scampo per i vivi", annuncia la voce che bracca Rick. Ogni resistenza è inutile, perché le grandi comunità come il Commonwealth e la CR non includono, assimilano. Come i Borg di Star Trek.
The Walking Dead è morta, viva The Walking Dead
Il risveglio di Amy, il camper di Dale, il tradimento di Lori e Shane, il segreto sussurrato dal dottor Jenner, il fienile di Hershel, la guerra contro il Governatore, la fuga di Andrea, la distruzione della prigione, Gregory a capo di Hilltop, la bugia di Eugene, guarda i fiori, Terminus, la gamba di Bob, Alexandria, il prete codardo, il massacro di Negan, Morgan, l'ospedale... tutto questo dice molto a noi fan. I fan della zombie series più longeva, amata e seguita di tutti i tempi. Oggi questi ricordi rimbombano nelle nostre teste, le immagini dei personaggi che abbiamo perso rifioriscono, nitide, davanti ai nostri occhi, insieme all'omaggio degli autori nel finale di serie.
The Walking Dead è finita. Due volte. La serie che abbiamo a lungo seguito e amato si è conclusa il 4 novembre (su AMC, il 5 in Italia su FOX) del 2018, con l'episodio 9x05: l'ultimo in cui compariva Rick Grimes. Dopo che il suo interprete, scelto per essere protagonista assoluto e guida per lo spettatore fin dal pilot attraverso il mondo dominato dagli zombie, ha deciso per ragioni personali di lasciare la serie. The Walking Dead, quella post-Rick, si è conclusa oggi, 21 novembre, in Italia su Disney+. Come Rick, oggi FOX non esiste più con il suo appuntamento rituale del lunedì sera, che riuniva tutti noi. Alla stessa ora. Insieme. E come The Walking Dead nella sua formula originale, anche la sua fruizione è cambiata. Ecco perché la serie ha lasciato molte questioni aperte. Un po' per creare hype per i sequel annunciati, un po' per esplicita volontà di lasciare altre questioni al resto del franchise. Tematicamente parlando, s'intende.
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Attesa
La stagione 9 e parte della stagione 10 di The Walking Dead sono andate avanti senza perder colpi grazie alla linea narrativa sui Sussurratori. Una grandiosa linea narrativa, derivata - come l'intera storia - dal fumetto di Robert Kirkman. Poi gli eventi hanno continuato a seguire il fumetto a grandi linee, ma senza Rick. Questo nel linguaggio televisivo ha significato un cambiamento radicale di prospettiva: i nostri occhi e le nostre orecchie erano sempre stati quelli di Rick Grimes, leader indiscusso in una serie corale per esplicita volontà degli autori. Dall'episodio 9x06 la sua prospettiva, che coincideva con la nostra, con il nostro evolverci insieme a lui nella conoscenza delle regole del mondo straordinario della narrazione, e nello spostamento dei limiti morali in adeguamento agli eventi e ai mostri, ovvero gli uomini: fight the dead, fear the living è improvvisamente venuta a mancare.
E The Walking Dead è diventata qualcos'altro. Il franchise già cresciuto con Fear The Walking Dead si è arricchito di un altro titolo, The Walking Dead: World Beyond, e The Walking Dead è diventata attesa. Attesa dei film annunciati sul personaggio di Rick, il primo dei quali con tanto di trailer che annunciava la distribuzione esclusiva al cinema, snaturando il linguaggio stesso della serie, quello televisivo. Infine, paradossalmente, una serie post-apocalittica incentrata su un virus che riporta in vita i morti, ha dovuto adattarsi a un virus che nella realtà, anche quella produttiva di The Walking Dead, ha fermato il mondo. Ed è così che siamo arrivati a 11 stagioni, l'ultima delle quali composta da una stagione e mezza (i tradizionali 16 episodi più altri 8), all'annuncio degli spin-off/sequel su Rick e Michonne e su Daryl, personaggio appositamente creato per la platea televisiva e da essa amatissimo. Dopo 12 anni, due spin-off, una webseries, una clamorosa uscita di scena, una pandemia e un'annunciata trilogia di film che non vedremo mai, The Walking Dead ha concluso il suo cammino. Per ora... perché i morti continuano a camminare.
Conclusioni
Un addio frenetico, visivamente celebrativo - in molti sensi - chiude il cerchio di una larga schiera di personaggi che il pubblico ha molto amato per 12 anni. Ricordando chi non ce l’ha fatta, celebrando chi sopravvive, accomiatandosi da chi non ci riesce, in un finale di serie con due morti che spezzano il cuore, non solo ai protagonisti, The Walking Dead ci dice arrivederci. Apre la strada al futuro, introduce una nuova categoria di zombie, una sorta di evoluzione della specie che sarà interessante vedere all’opera. Come visto nella nostra recensione del finale di The Walking Dead, la serie chiude due delle questioni più spinose rimaste in sospeso, il destino di Negan e di Eugene, ricorda il passato e ci ricorda pressantemente che in un survival horror che per 11 stagioni si è concentrato sul presente, finalmente si può guardare anche un po’ più in là. Verso nuovi orizzonti. Con la voglia di scoprirli che rimane insieme alle lacrime per la fina di un’era.
Perché ci piace
- Il finale a sorpresa con l’apertura verso il futuro.
- La celebrazione dell’amore famigliare che unisce i personaggi, a cominciare da Daryl e Carol.
- La commozione per l’addio a due personaggi, uno dei quali protagonista da molti anni.
- La riabilitazione che Negan si è conquistato e la nuova occasione data a Ezekiel, pronto a costruire un “Regno 2.0” con tutto ciò che ha imparato, democrazia inclusa.
Cosa non va
- L’inizio troppo affrettato, subito nel mezzo del dramma con la morte immediata di due personaggi - uno delle quali (Jules) passata inosservata per tutti tranne che per Luke.
- La sequenza in cui Rosita diventa Wonder Woman: inverosimile che abbia rimediato un solo morso, e in un posto così nascosto, per opportunismo narrativo. Anche la sua morte “serena” è molto diversa dalla trasformazione di Jim (stagione 1) in seguito a un morso.