Morsi e rimorsi. Sangue e lacrime. The Walking Dead ritorna, anche su Fox Italia ad un giorno dalla programmazione USA, parlando soprattutto di questo. E fa piuttosto male. Parte dal morso vicino al fianco di Carl, segno mortifero di un destino inevitabile, e poi dai rimorsi che ne conseguono. Il rimorso di un personaggio diventato interessante e complesso forse troppo tardi, forse proprio "sul più bello", ma soprattutto dal rimorso di un padre incapace di fare quello che ogni genitore sente di fare col proprio figlio: proteggerlo. Greg Nicotero, alla regia di un episodio più lungo della media e più curato del solito, ci fa subito capire il gioco di specchi e di sovrapposizioni di cui è composto questo Onore. Attraverso tanti primi piani e molti dettagli degli occhi di Carl e di Rick, Nicotero proietta il figlio nel padre e il padre nel figlio, alla ricerca di affinità estetiche e di divergenze etiche. Annichilito dal dolore e immobilizzato dal pentimento, Andrew Lincoln ci restituisce un Rick indifeso come non mai, nei cui occhi sembrano riecheggiare il rimpianto di un uomo che ha dimenticato l'uomo di legge dedito all'ordine e alla pietà, ormai vinto e sovrastato da una persona iraconda ed istintiva, che alimenta la sua rabbia attraverso la morte altrui. Zombie o esseri umani fa lo stesso.
Dolente, toccante, ma non privo dei soliti difetti della serie, Onore saluta uno dei suoi personaggi storici e chiude il suo protagonista dentro un confessionale allegorico, uno spazio privato tutto suo in cui Rick Grimes deve per forza fare i conti con quello che è stato, con quello che non è più, con quello che vuole fare della sua vita. La via verso questa doverosa consapevolezza gliel'ha indicata proprio suo figlio, più lungimirante di lui nonostante quella benda sull'occhio, più giusto di lui forse grazie a quel cappello da sceriffo sempre in testa, nato come un gioco e diventato un monito silenzioso.
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La speranza del giovane sceriffo
Partiamo proprio da questo. Dal cappello da sceriffo che capeggiava sulla testa di Rick nella prima stagione di The Walking Dead per poi passare sulla folta chioma del sempre meno piccolo e sempre più adulto Carl. Il capello di suo padre è stata la sua coperta di Linus, un oggetto rassicurante, un tetto sotto cui proteggersi nei momenti più bui e dolorosi, ma anche un insegnamento portato addosso per otto lunghe stagioni in cui il giovane Grimes ha imparato il peso degli addii e il valore di una vita salvata. Parlavamo di rimorsi perché il personaggio interpretato da Chandler Riggs negli ultimi episodi si stava ritagliando un ruolo significativo, molto lontano dalle vicende spesso incolori e a tratti fastidiose che lo hanno visto protagonista. E stava succedendo soprattutto per due motivi.
Il primo, ovviamente, risiede nella sua contrapposizione etica con Rick. Carl stava diventando uomo proprio grazie al distacco dall'esempio paterno, ormai sinonimo di odio, sospetti e rancore spesso immotivato nei confronti del prossimo. Sempre grato al genitore ma coraggioso nel prenderne le distanze, Carl in questo suo lungo addio ci è sembrato davvero adulto, talmente avanti a suo padre da lasciarlo senza parole dinanzi alla maturità di un ragazzo che non ha avuto il tempo di essere un bambino. Il secondo riguarda il suo rapporto con Negan, personaggio affascinato dal carattere di un ragazzo che ci sembrava quasi conteso tra l'affetto di Rick e la stima del leader dei Salvatori. Così, quel gesto rivolto alla piccola Judith, quel cappello regalato alla sorellina, vale più di ogni lettera e di ogni testamento. Vale come un prezioso "ricordati da dove veniamo ma decidi tu chi vuoi essere".
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Qualcosa dopo
Se il saluto a Carl è costruito con tatto e la giusta dose di commozione, l'altra parte dell'episodio affronta un tema simile, ovvero il dilemma tra la pietà e la rabbia, mostrandoci Morgan(esperto in materia) e Carol sulle tracce di Ezekiel, ostaggio dei Salvatori. In questo segmento narrativo Onore mostra il fianco di una serie spesso "schizofrenica", pronta a ferirci e ad emozionare grazie all'affetto inevitabile provato nei confronti dei suoi personaggi storici, e poi a cadere con ingenuità imperdonabili per uno show con queste potenzialità (e questi mezzi). Al di là delle solite sparatorie girate con pigrizia e mai appassionanti, le vicende dei tre risultano solo una lunga distrazione dall'evento principale dell'episodio, troppo importante per essere affiancato dai dubbi morali di un Morgan ormai irriconoscibile parente del personaggio interessante che è stato un tempo.
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Le tre linee temporali dell'episodio, che riprendono alla perfezione quelle della prima puntata dell'ottava stagione, non sono gestite al meglio, ma va detto che la rivelazione sui misteriosi flashforward, per quanto non eclatante, racchiude bene il senso di una morale utile al futuro di Rick e della serie stessa. Le speranze patinate di Carl chiedono a suo padre di impegnarsi in un ultimo atto di coraggio: immaginare un futuro. Nonostante la morte, nonostante il lutto, nonostante l'odio, nonostante il rancore, nonostante tutto. Immaginare la necessità di qualcosa dopo. Da dire a dare ai personaggi ma anche a noi spettatori. Ed eccoci qui, con un cappello in mano, a sperare che anche The Walking Dead abbia ancora qualcosa in serbo per noi. Qualcosa dopo.
Movieplayer.it
3.5/5