The Substance, da Kubrick a Cronenberg: tutti i riferimenti amalgamati nel body horror dell'anno

C'è di più oltre l'orrore: Coralie Fargeat ha incorporato nel suo film citazioni e omaggi a film cult. Ecco le principali e più evidenti reference. Scena per scena, iniezione per iniezione.

Demi Moore durante una scena in The Substance

Carne, sangue, aghi, marciume, escrescenze e ancora carne. In The Substance tutto è esattamente come appare, in evidenza come un bel cartellone pubblicitario illuminato. Oppure come una grossa cicatrice. Ma anche ciò che viene messo in mostra, mostruosamente soprattutto, è solo una parte dello show.

The Substance Cannes 2024
The Substance e l'iconico corpo cucito

Coralie Fargeat ci guida in un viaggio allucinato e visivamente disturbante, un horror che non ha paura di portare in scena citazioni e reference spudorate e una serie di rimandi visivi a icone del cinema, del thriller psicologico e dell'estetica orrorifica. Citazioni a metà tra celebrazione e denuncia, a volte usate per creare tensione acculturata, altre volte per portare alla luce il lato oscuro della cultura della celebrità e del perfezionismo fisico. Un'iniezione alla volta, ecco di seguito i principali omaggi in The Substance.

L'omaggio a Shining

Shining
La scena del corridoio di Shining

Un corridoio dai colori vivaci, caldi, dal rosso color carne viva al marrone della decomposizione, che si allunga come un'illusione d'ottica: dove abbiamo già visto tutto ciò? The Substance inizia subito a iniettarci il cult horror negli occhi, con un tributo agli iconici spazi di Shining di Stanley Kubrick. Impossibile non notare come Fargeat si ispiri ai modelli geometrici e alle prospettive claustrofobiche di Kubrick per creare un'estetica che suggerisce qualcosa di oscuro e sbagliato. Qui, le tinte arancioni e rosse ricordano la celebre moquette dell'Overlook Hotel, con una svolta personale: le forme rettangolari dei tappeti in The Substance sono spezzate, richiamando la dualità di Elisabeth e Sue, così come l'illusione di perfezione spezzata che domina tutto il film.

Parassitismo e "backbursting" come in Alien

Alien Covenant
La scena del backbursting in Alien: The Covenant

Un'altra ispirazione evidente proviene dalla saga di Alien, e in particolare dalla scena di Alien: Covenant, in cui un parassita emerge dalla schiena della vittima. In The Substance, la nascita di Sue dalla schiena di Elisabeth simboleggia la distruzione dell'autonomia corporea, trasformando il corpo in una prigione da cui liberarsi. La scelta di questo richiamo espande anche il tema dell'invasività medica: basta un'iniezione per trovare una cura, anche da sé stessi?

La seduzione pericolosa di Videodrome

Videodrome
Le labbra di Videodrome

Un altro forte rimando a un altro grande autore appare quando Sue pronuncia il proprio nome in un'inquadratura ravvicinata delle sue labbra. Queste parole risuonano su più schermi televisivi, un'eco del fascino ambiguo dei media in Videodrome di David Cronenberg, il Re dei corpi mutati. In Videodrome le labbra di Nikki spingono il protagonista a entrare in un mondo sempre più intricato e pericoloso. Anche in The Substance, le labbra di Sue simboleggiano la fusione tra identità e carriera televisiva, un commento tagliente sul potere deformante della televisione e del culto dell'immagine in cui tutti, spettatori e artisti inclusi, vengono inghiottiti.

La "copertura lynchiana" del volto di Elisabeth

The Substance Demi Moore
Demi Moore in The Substance come in Strade perdute

Tra le ispirazioni di Coralie Fargeat spicca ancheDavid Lynch, famoso per uno stile sperimentale, onirico e surreale. Un omaggio diretto emerge quando Elisabeth, in una scena cruciale, riceve una telefonata con il volto parzialmente coperto da un'ombra inquietante, che nasconde i suoi occhi e lascia in vista solo la bocca. Questo dettaglio è un chiaro rimando a una scena simile in Strade perdute, dove Patricia Arquette, avvolta nel mistero, è altrettanto inghiottita dal buio. La scena non è solo estetica, ma anche psicologica, e sottolinea l'alienazione e la dualità delle identità nascoste, elementi chiave per entrambi i film.

La decadenza di Dorian Gray

Il Ritratto Di Dorian Gray
Dorian Gray e il suo ritratto

In The Substance, l'ossessione per la bellezza e la ricerca dell'eterna giovinezza che travolgono Elisabeth la trasformano in un simbolo vivente del ritratto corrotto di Dorian Gray. Come per Oscar Wilde, da cui trae per esempio ispirazione Oliver Parker per il suo film Dorian Gray, Elisabeth paga con il corpo i desideri frivoli e narcisisti della sua versione alternativa, Sue, incarnando il prezzo di un edonismo ossessivo che annienta non solo il suo corpo, ma soprattutto la sua anima.

La "mostruosa società" di The Elephant Man

The Elephant Man
Il "mostro" di The Elephant Man

Il personaggio di Elisabeth, nel suo ultimo stato, è modellato sulla figura tragica di John Merrick in The Elephant Man, che è stato dichiaratamente una delle ispirazioni della Fargeat. Entrambi sono costretti a fronteggiare il giudizio della società: Merrick, sfruttato dai circoli dell'élite londinese, è uno specchio che riflette la crudele vanità della cultura dello spettacolo, proprio come Elisabeth, che nel film sperimenta l'alienazione e la disumanizzazione per rispondere alle aspettative sociali, raggiungendo infine un'accettazione paradossale e dolorosa.

La donna che visse due volte e la psicotica ricerca di un ideale

Vertigo
La donna che visse due volte in una scena drammatica

Mentre Elisabeth e Sue si preparano per il loro ultimo show nella loro ultima, magistrale, forma, la vediamo costretta a infilarsi gli orecchini direttamente nella carne, un'immagine che richiama La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock. Non è la prima citazione hitchcockiana in The Substance, in realtà, anche la prima iniezione di Elisabeth e il modo in cui arranca in bagno ricordano alla lontana Psycho. Ma è nel finale che Hitchcock emerge potentemente: come Judy si trasforma in Madeleine, qui la Elisa-Sue tenta di incarnare tragicamente un ideale, in un autoannientamento ineluttabile, atto solo per soddisfare la percezione altrui. Il tentativo grottesco di mettere in scena una perfezione impossibile è allo stesso tempo ironico e doloroso.

Sangue, sangue e Carrie

Carrie: Sissy Spacek
Il grande momento finale di Carrie - Lo sguardo di Satana

L'apice di The Substance è inondato di sangue, una scena che richiama senza mezzi termini il finale iconico di Carrie - Lo sguardo di Satana. Entrambi i film esplorano il tema dell'umiliazione e della liberazione attraverso la rabbia; Carrie, coperta di sangue, dà inizio a un massacro, mentre ElisabethSue si muove nel sangue, dentro un teatro che un'ammucchiata di viscida società. È una violenza che rivendica l'identità, un'esplosione di dolore e liberazione che sfida ogni limite imposto. Anche da quello della carne.

La conclusione e il disgustoso scioglimento di Society

Society
Il macabro Society

La sequenza finale si avvicina al surrealismo di Society, il cult horror di Brian Yuzna, nel suo mostrare un'orgia grottesca di corpi deformati. L'immagine della massa di sangue e deformità non è solo un'immagine scioccante, ma una critica viscerale ai costumi della società, rendendo il finale una satira della cultura della celebrità e del cannibalismo dell'identità personale.

La trasformazione di Elisabeth

La metamorfosi finale di Elisabeth evoca chiaramente la tragica ascesa di Nina Sayers ne Il Cigno nero. Qui, come nel capolavoro di Aronofsky, il tema del perfezionismo diventa orrore. Con un finale altrettanto crudo, Elisabeth trova una paradossale glorificazione, l'illuminazione, in cui la propria discesa nella follia e nella rovina fisica viene applaudita dai fan.

Il Cigno Nero
Il finale de Il Cigno nero

Fargeat non si limita a citare Il cigno nero esteticamente, riesce anche a ricreare il simbolismo profondo che trasforma l'ossessione per l'ideale in un sacrificio personale estremo. La scena in cui Elisabeth è permeata da uno scintillio etereo, ricorda l'espressione di Nina quando finalmente si lascia sopraffare dal momento, quasi in estasi nel raggiungere la propria versione (distorta) della perfezione.