We are stardust, we are golden/ And we've got to get ourselves/ Back to the garden
"Se troverai un modo per vivere senza servire un maestro, alcun maestro, lo farai sapere anche a noialtri? Perché saresti la prima persona nella storia del mondo". Era Lancaster Dodd, uno dei più memorabili personaggi interpretati dal compianto Philip Seymour Hoffman, a pronunciare queste battute in The Master, il capolavoro di Paul Thomas Anderson del 2012, in cui lo squilibrato veterano Freddie Quell entrava a far parte di un movimento religioso noto come "la Causa".
Maestro, ovvero leader, guida spirituale, modello da emulare. E l'essere umano va da sempre in cerca di modelli, di punti di riferimento; di piccoli mondi in cui potersi sentire membro attivo di una comunità, parte del tutto in un microcosmo sicuro e confortevole. Sebbene questo microcosmo possa inglobare al proprio interno delle "zone d'ombra" in cui l'individuo corre il rischio di precipitare e perfino di scomparire.
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Ritornare al giardino
E in un'America in cui il dibattito sulla famigerata Scientology è più infuocato che mai, è la televisione ora a riflettere sul fenomeno dei cosiddetti 'culti' e sull'implicita ambiguità di questa struttura sociale e culturale. Ci aveva provato, in maniera quanto mai blanda e superficiale, il mediocre The Following, con un'improbabile declinazione thriller, mentre al cinema, un anno prima del meraviglioso The Master, l'esperienza della vita nei culti e il loro lato oscuro erano stati raccontati dal regista T. Sean Durkin nel bellissimo e sottovalutato La fuga di Martha. A rilanciare il tema, ora, è The Path, nuovo titolo nel catalogo del servizio di streaming Hulu, con una prima stagione da dieci episodi accolta a braccia aperte dalla critica statunitense. Scritto e prodotto dalla drammaturga Jessica Goldberg, autrice anche delle prime due puntate (rese disponibili entrambe il 30 marzo), The Path ci trasporta tra le fila di un fittizio movimento spirituale, il cosiddetto Meyerismo, fondato dal misterioso Steven Meyer, un medico autore di un libro, La scala, dedicato alla purificazione di se stessi.
Una scala avvolta dalle fiamme, sulla cima di una montagna, è la visione che avrebbe ispirato il dottor Meyer nella creazione del movimento, nonché il mito fondativo rievocato dai meyeristi in attesa di conoscere i 'pioli' (ovvero le varie tappe) che consentiranno loro di accedere a un nuovo Eden: quel giardino visitato da Meyer in cima alla scala, terra promessa e unica oasi di salvezza in uno spaventoso scenario apocalittico. Un simulacro dell'apocalisse, del resto, costituisce la scena d'apertura dell'episodio pilota, What the Fire Throws: i resti di una piccola area periferica di New York devastata da un tornado. A giungere in soccorso dei superstiti, tra macerie ed edifici semidistrutti, sono i membri del movimento, impegnati a prestare il loro aiuto in questo momento di crisi e a fornire sostegno a vittime sole e traumatizzate; inclusa la giovane Mary Cox (Emma Greenwell), destinata a trovare fra i meyeristi una nuova casa, ma pure qualcosa di più...
Il leader e i seguaci: i personaggi di The Path
In assenza di Steven Meyer, a Cuba alle prese con un cancro in stadio avanzato, a costituire il volto del movimento, nonché il suo incontestato capofila, è Cal Roberts. Affascinante, carismatico, capace di infondere fiducia nei suoi interlocutori, ma pure di sfoderare piccole astuzie e un solido pragmatismo, Cal ha l'aria benevola e rassicurante dell'attore inglese Hugh Dancy, reduce dalle tre stagioni da brivido dello splendido Hannibal. Dancy, che nel già citato La fuga di Martha interpretava un uomo in grado di offrire protezione da un culto assai sinistro, in The Path è al contrario la figura al cuore della 'setta' in questione: un personaggio ancora in divenire, di cui non ci è rivelato il limite fra la devozione alla causa e l'eventuale opportunismo di fondo. Cal è al tempo stesso l'affabulatore che tiene con il fiato sospeso la piccola folla dei suoi seguaci rievocando la parabola della caverna di Platone, ma anche l'uomo che cede ai tentativi di seduzione di Mary; l'individuo che non esita a ricorrere alla violenza più brutale per castigare un torto, ma pure quello disposto ad apparire in televisione per offrire la migliore immagine possibile del Meyerismo.
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Gli autori, in sostanza, non scelgono un approccio banalmente manicheo nella descrizione del movimento e del suo leader, ma perlomeno per i primi episodi preferiscono puntare sulla sfumature, lasciando lo spettatore nel dubbio su ragioni e motivazioni dei vari personaggi. E gli altri comprimari di The Path sono appunto due membri di questa setta newyorkese a metà strada fra comunità hippie, pratiche di pseudo-sciamanesimo e gruppo religioso con precisi obiettivi economici e propagandistici: i coniugi Eddie e Sarah Lane. A ricoprire tali ruoli sono altri due volti noti del piccolo schermo: Sarah, votata al culto della scala e del giardino fin dall'infanzia, ma sospettosa di un marito che avverte sempre più distante, è Michelle Monaghan, già nel cast della prima, blasonatissima stagione di True Detective; mentre Eddie, marito e padre di famiglia tormentato, ha l'intensa espressività e il nervosismo contenuto a stento di un ottimo Aaron Paul, lo strepitoso Jesse Pinkman di Breaking Bad.
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Fra la luce e le tenebre
La rete di segreti e bugie fra Eddie e Sarah, lo sdoppiamento dei punti di vista messo in scena all'inizio della serie (The Affair docet), l'attrazione esplosiva a cui fa da contraltare un rapporto minato da fragilità e insicurezze: il ménage fra i due personaggi si propone come il principale fulcro della tensione narrativa di The Path. Perché la serie di Jessica Goldberg non mostra alcun intento di docu-fiction sul fenomeno dei culti; piuttosto, gli elementi alla base del racconto fungono da veicolo per porre in primo piano i protagonisti, il loro diverso approccio - dogmatico o viceversa problematico - rispetto alla realtà e le reciproche reazioni di fronte a una situazione di crisi (crisi spirituale, matrimoniale o personale). In attesa di un subplot più schiettamente thrilling/poliziesco finora solo accennato attraverso due ruoli secondari: il detective Abe Gaines (Rockmond Dunbar), investigatore dell'FBI determinato ad appurare le attività dei meyeristi; ed Alison (Sarah Jones), una giovane donna che ha rinnegato il movimento, imputando ai vertici della setta la responsabilità per l'assassinio del marito.
The Path, in conclusione, è una serie che non fornisce subito indicazioni palesi sul proprio percorso, e che rinuncia ai "fuochi d'artificio" in favore di un intreccio costruito in maniera assai più lenta e progressiva. Una serie che, a giudicare dai primi due episodi, punta a creare un'atmosfera immersiva anziché far leva sui colpi di scena, denotando molteplici e stimolanti possibilità narrative e livelli di lettura. Per ora, dunque, lo spettatore deve limitarsi a raccogliere i primi tasselli di questo complesso mosaico, apprezzando gli spunti e le suggestioni di un prodotto dal potenziale indubbiamente notevole e accogliendo di volta in volta le differenti prospettive dei suoi personaggi: uomini e donne protesi verso la luce, ma sospesi - forse senza saperlo - sull'orlo dell'abisso.
Movieplayer.it
3.5/5