Quando gli attori sono i primi a porre domande sul senso del film in cui hanno recitato, vuol dire che si tratta di un'opera davvero complessa. È questo il caso di The Mountain, narrazione astratta delle vicende di Walter Freeman, neurologo statunitense divenuto celebre per aver promosso la pratica della lobotomia nella cura dei malati mentali. Il film diretto da Rick Alverson non è un biopic in senso stretto, ma si concentra sulla figura fictional del Dottor Wallace Fiennes (Jeff Goldblum), medico affascinante, donnaiolo, narciso, che percorre in lungo e in largo il nord degli USA a bordo della sua auto per portare la pratica della lobotomia in tutti gli ospedali psichiatrici. Il punto di vista prescelto per raccontare questa storia è, però, quello di Andy (Tye Sheridan), adolescente la cui madre ha subito una lobotomia proprio da Fiennes.
The Mountain è un film ostico, che non facilita la visione allo spettatore. A quanto pare è tutto voluto, come ammette lo stesso Rick Alverson: "Nel cinema c'è un eccesso di narrative utopistiche tipiche delle società privilegiate, un modello funzionale alle popolazioni che hanno bisogno di cose. Nella nostra società abbiamo troppo cinema che non riconosce i confini e finzione, ma questo è necessario per vivere in modo responsabile. Questo film ci fa riflettere su queste cose". Anche sul piano visivo, The Mountain si distingue per rigore formale. "Volevo fare un film iperformale, doveva assomigliare ad alcune opere del XX secolo, il formato 4/3 era molto importante. Non è un prodotto di pronto consumo, spero che chi lo averà visto nella settimana successiva si senta un po' tormentato interiormente" conferma il suo autore.
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Jeff Goldblum incarna il lato malato del sogno americano
Jeff Goldblum, mattatore assoluto del film e dell'incontro con la stampa veneziana, è genuinamente perplesso. Ammette di avere avuto difficoltà a comprendere il senso del film e coglie l'occasione per porre delle domande al regista Rick Alverson e agli altri colleghi, sfilandosi gli occhiali e strizzando gli occhi per evidenziare la sua concentrazione. "Penso che Rick sia un genio" esordisce il divo di Jurassic Park. "Questo è un film brillante, poetico, ma io sono un tipo pratico, mi piace sapere di cosa stiamo parlando. Mi sono preparato per rispondere alle domande. È un film ricco di sfumature, denso, mi ha attratto l'idea di umanizzare questo sogno americano. Il mio medico incarna i mali di una nazione, è una persona troppo ambiziosa, in cerca di attenzione. La sua fantasia di grandezza si concretizza in una delusione, chi vuole troppo finisce spesso così così. La stessa lobotomia è la soluzione americana immediata al male, la credenza che in quattro e quattr'otto si risolva tutto".
A fianco di Jeff Goldblum, in The Mountain, troviamo Tye Sheridan, Coppa Mastroianni nel 2013 per l'interpretazione in Joe. Anche il giovane Sheridan ammette di non aver scelto un film per tutti: "Non è facile lavorare in film come questi, non sono facili da capire. Avevo già lavorato in passato con Rick Alverson, ma questo film cambia la percezione e l'esperienza, la lobotomia è una metafora molto più grande. È l'idea di trarre vantaggio dalle persone credendo di poterle aggiustare, malati, depressi, omosessuali, ci si arroga il diritto di poter lavorare sul loro cervello".
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La scelta di ispirarsi a un personaggio storico come il Dottor Walter Freeman garantisce una base a cui appigliarsi, ma Rick Alverson non è tipo da farsi ingabbiare dalle convenzioni. "Freeman ha fatto scalpore perché ha trovato il modo per praticare la lobotomia senza avere una vera competenza. È diventato famoso, ha praticato la lobotomia anche a Rosemary Kennedy, sorella di JFK. Ma per me questo medico dava corpo a un'ambizione maschile, molto americana, che si lancia verso il futuro senza pensare alle conseguenze". Per prepararsi al ruolo di questo medico carismatico, e al tempo stesso profondamente sgradevole, Jeff Goldblum non ha fatto troppa ricerca: "Ho riguardato Qualcuno volò sul nido del cuculo, ho visto un documentario su Freeman e ho scoperto che la lobotomia veniva praticata anche a bambini di quattro anni. Ma non sono stato troppo legato alla realtà, il nostro film non è un biopic".
Vista l'asprezza della materia narrata e la scarsa empatia che emana il suo personaggio, non resta che capire quale aspetto del ruolo abbia convinto Jeff Goldblum ad accettare la sfida. Lui non ha dubbi: "Ero innamorato di Rick e del suo processo creativo, mi è piaciuto assistere al modo in cui critica questa mascolinità patriarcale che il mio dottore incarna. Mi sono trovato di fronte a un ruolo limite, come nel caso di Daniel Day-Lewis ne Il petroliere o di Philip Seymour Hoffman in The Master. Fino a che punto l'attore deve affrontare i sensi di colpa nell'interpretare un personaggio reale, sgradevole e imbarazzante?"