In attesa dell'uscita nelle sale (il 4 novembre in Italia) e dell'arrivo su Netflix (il 27 novembre), The Irishman è arrivato alla Festa del Cinema di Roma 2019, accompagnato dal regista Martin Scorsese e dalla produttrice Emma Tillinger Koskoff. In occasione della conferenza stampa, i due hanno commentato la travagliata lavorazione del film - di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di The Irishman - che ha richiesto una post-produzione molto lunga a causa degli effetti digitali necessari per ringiovanire Robert De Niro, Joe Pesci e Al Pacino.
Spiega Scorsese: "Vent'anni fa avrei considerato l'ipotesi di scritturare attori più giovani per le scene ambientate nel passato, ma oggi no, volevo fare questo film con i miei amici. Ho detto a Pablo Helman della Industrial Light & Magic che non volevo servirmi del solito sistema, con caschi e palline in faccia, perché per una produzione di questo tipo sarebbe stato ridicolo. Appena ho finito di girare Silence abbiamo fatto un test con la nuova tecnologia che aveva messo a punto." Aggiunge la produttrice: "Nel 2015 abbiamo ricreato una sequenza di Quei bravi ragazzi, e il risultato corrispondeva al 30% di ciò che avevamo in mente. Abbiamo quindi deciso di andare avanti, e nei quattro anni di lavorazione la tecnologia è migliorata a tal punto che alcune scene le abbiamo rifatte in un secondo momento."
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Il tempo che passa
The Irishman è un gangster movie, ma con un punto di vista diverso rispetto a quelli precedenti di Martin Scorsese. Com'è nata l'idea? Risponde il regista: "Il motore principale del progetto è stato il desiderio, mio e di Robert De Niro, di fare un altro film insieme, la nostra ultima collaborazione, Casinò, risaliva al 1995. Avevo in mente una cosa, e poi Bob mi ha portato questo libro, intitolato I Heard You Paint Houses. Sentivo nella sua voce una vera passione per quel personaggio, e mi sono fatto convincere. È un film sul tempo, sulla mortalità, il racconto di una vita intera. Era il progetto giusto per noi, vista la nostra età. C'è una dolce malinconia legata all'accettazione della morte."
Com'è stato scelto Al Pacino per il ruolo di Jimmy Hoffa? "Conosco Al dagli anni Settanta, me lo presentò Francis Ford Coppola. Abbiamo cercato di lavorare insieme diverse volte, dovevamo fare un film su Modigliani che però è stato annullato. È stato Bob a volerlo nel film, e quello che vedete sullo schermo è il loro vero rapporto: hanno un vissuto professionale condiviso, si rispettano e si vogliono bene da diversi anni." Qual è l'origine dei rimandi musicali a certi film del passato? "È una scelta storica, perché negli anni Cinquanta c'era proprio l'usanza di passare le colonne sonore dei film alla radio, le ascoltavo da ragazzino. Tra l'altro, nella scena in cui Bob e Joe Pesci parlano italiano, si sente il tema principale di un film francese, Grisbì. L'ho voluto inserire perché già negli anni Novanta avevo notato una certa somiglianza fisica tra Bob e Jean Gabin."
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Dal cinema allo streaming
Il film è prodotto da Netflix, scelta motivata da diversi fattori, come spiega Scorsese: "Nessuno voleva darci i soldi per fare questo film, e poi sono arrivati quelli di Netflix. Oltre al budget necessario, mi hanno anche dato libertà creativa assoluta e mi hanno concesso sei mesi aggiuntivi per la post-produzione. Io dovrei già essere al lavoro su un altro progetto, sono in ritardo." Aggiunge Emma Tillinger Koskoff: "Il processo è stato talmente lungo che noi stessi abbiamo visto il film finito per la prima volta circa sei settimane fa." Come si pone Scorsese nei confronti dello streaming, essendo un accanito difensore dell'esperienza in sala? "Per consentire al pubblico di vedere il film, bisogna prima poterlo fare. Negli ultimi dieci anni tutti i miei film sono stati finanziati in maniera indipendente, con molta fatica. Prima riuscivo a farmi finanziare dalle major, grazie anche alla presenza di attori come Bob o Leonardo DiCaprio, adesso non più. Netflix, oltre a darci i soldi, ci ha anche garantito quattro settimane in sala a New York prima che il film debutti in streaming, e rimarrà al cinema anche quando sarà disponibile su Netflix. Per me è un compromesso accettabile, perché alcuni miei film, come Re per una notte, al cinema sono durati appena due settimane. Preferisco la sala, ma non è l'unica opzione: molti film che amo li ho scoperti in televisione, in bianco e nero, e in ogni caso prima o poi tutto finisce al cinema, anche le cose girate direttamente per la visione sullo smartphone."
Per l'occasione, Scorsese chiarisce anche la sua discussa posizione sui cinecomic: "Le sale dovrebbero impegnarsi di più per sostenere film come quelli di Noah Baumbach, Wes Anderson, Paul Thomas Anderson e altri, invece di dare quasi tutto lo spazio ai film luna park, ai cinefumetti. Altrimenti le nuove generazioni penseranno che il cinema sia solo quello."