The Following: commento all'episodio 2x14, Silence

Tensione alle stelle nel penultimo episodio della serie interpretata da Kevin Bacon: in un crescendo di suspense e di violenza, l'interno di una chiesa di New York si accinge a diventare il teatro della definitiva resa dei conti fra Ryan Hardy e Joe Carroll.

Il plot
Joe Carroll (James Purefoy), circondato dai suoi fedelissimi e in procinto di scatenare un nuovo massacro, contattata il pastore Kingston Tanner (Tom Cavanagh) e grazie a un diversivo gli permette di sottrarsi alla custodia dell'FBI e di farsi prelevare dai suoi seguaci; Tanner, disposto a tutto pur di trarre in salvo suo figlio Preston (Carter Jenkins), si lascia condurre al cospetto di Joe, che insieme ai suoi uomini fa irruzione all'interno di una chiesa di New York, prendendo in ostaggio i fedeli mentre si fa riprendere in diretta attraverso uno streaming su internet. L'FBI circonda immediatamente l'edificio, i cui ingressi sono però bloccati; tuttavia, Ryan Hardy (Kevin Bacon) e Mike Weston (Shawn Ashmore) passano dal tetto e riescono ad introdursi nella chiesa. Carroll, nel frattempo, induce Tanner e suo figlio a fronteggiarsi con un coltello, e il pastore decide di tagliarsi la gola; Mike esce allo scoperto e viene tenuto sotto tiro dagli uomini di Joe, il quale intima a Ryan di palesarsi. Intanto, Claire Matthews (Natalie Zea) sfugge agli agenti dell'FBI e raggiunge il luogo dell'appuntamento indicato nel suo messaggio per Joe; ad accoglierla trova Emma Hill (Valorie Curry) e Robert (Shane McRae). Emma, intenzionata a liberarsi di lei, prima spara a Robert e poi tenta di ucciderla, ma dopo una furiosa colluttazione è Claire ad eliminare Emma; subito dopo, la donna viene raggiunta dai gemelli Mark e Luke (Sam Underwood), determinati a vendicarsi di Carroll.

Cosa ci è piaciuto di questo episodio
Il vero (l'unico?) punto di forza The Following, il solo motivo per continuare a guardare una serie che, ammettiamolo, fa acqua da tutte le parti, rimane il ritmo nella gestione della suspense: nonostante le palesi assurdità, le infinite banalità e i buchi di sceneggiatura, la serie creata da Kevin Williamson riesce comunque a mantenere (quasi sempre) l'attenzione degli spettatori quando sceglie di spingere la narrazione sui sentieri del thriller, garantendo notevoli dosi di adrenalina. E da questo punto di vista Silence, penultimo episodio della seconda stagione, ambientato per buona parte nello spazio circoscritto di una chiesa e con l'approssimarsi dell'imminente faccia a faccia conclusivo fra Ryan e Carroll, sa amministrare in maniera tutto sommato discreta gli ingredienti da action-movie di The Following, benché le pretese di Ryan di svolgere immancabilmente il ruolo del Bruce Willis di turno, in perfetto stile Die Hard, non siano certo quanto di più credibile gli autori potessero farsi venire in mente...

Cosa non ci è piaciuto di questo episodio
Parallelamente ai suoi (pochi) pregi, Silence sconta invariabilmente anche i (numerosi) difetti di una serie terribilmente rozza nella scrittura e di imperdonabile pressappochismo nella costruzione narrativa e psicologica ("psicologica", poi, è un parolone): un limite che non riguarda nello specifico il suddetto episodio, tutto sommato superiore alla media di The Following, quanto la serie nel suo complesso. The Following, in effetti, non solo è incapace di veicolare il carico di violenza e di suspense della trama verso qualunque forma di autentica riflessione, etica o drammaturgica; ma elude del tutto la questione, scegliendo di tirare in ballo in modo assolutamente pretestuoso tematiche - la religione, la responsabilità e via dicendo - che tuttavia vengono scagliate sul tavolo senza il minimo sforzo di approfondimento o di problematizzazione. Restando, in ultima analisi, un semplice guilty pleasure del tutto sterile e fine a se stesso.

Note a margine
Chi sperava che la colpevolezza di Mike nella morte di Lily Gray (Connie Nielsen) potesse incrementare lo spessore del personaggio, o quantomeno infrangere lo schematico manicheismo di The Following, rimarrà deluso. Da notare anche come l'FBI si dimostri talmente abile da farsi scappare dalle mani non solo il pastore Tanner, ma anche la stessa Claire, che per motivi del tutto incomprensibili (al di là delle mere necessità del copione) concorda un rocambolesco "appuntamento" con l'ex marito Joe e intraprende un duello al femminile con l'eterna "rivale" Emma, che (si spera) con questo episodio esce di scena una volta per tutte, dopo uno scontro talmente prolungato all'estremo da rasentare il ridicolo (ma del resto, con una serie che ci ha abituato a ben altro non c'è poi da stupirsi...).

What's Next?
Un misterioso colpo di pistola conclude bruscamente l'episodio e ci rimanda al "gran finale" di questa stagione: l'ennesimo confronto fra un Joe Carroll sempre più invasato, narciso ed insopportabile e un Ryan Hardy che, nel corso delle ultime puntate, non ha subito la minima evoluzione, restando il consueto super-poliziotto dall'espressione truce e un po' abbacchiata. Nell'attesa che The Following spari le sue ultime cartucce, speriamo perlomeno che i due gemellini-killer Mark e Luke, fortuitamente imbattutisi in Claire (ma in che modo, fra l'altro? Chi li ha condotti fin da lei?), possano contribuire a vivacizzare la situazione, evitando uno sgradevole effetto-fotocopia rispetto all'epilogo della prima stagione.

Movieplayer.it

3.0/5