The Falcon and the Winter Soldier: quando la Marvel diventa “troppo politica” per i fan

Partendo da The Falcon and the Winter Soldier, analizziamo la questione dei sedicenti fan che contestano i contenuti sociopolitici nei grandi franchise.

The Falcon And The Winter Soldier Anthony Mackie Sebastian Stan 2
The Falcon And The Winter Soldier: Anthony Mackie e Sebastian Stan in una scena

Per sei settimane, ogni volta che un nuovo episodio di The Falcon and the Winter Soldier debuttava su Disney+, tra i commenti in rete ne saltavano sempre fuori diversi, a firma di persone autodichiaratesi fan del Marvel Cinematic Universe e/o del materiale cartaceo di partenza, dove si contestava la deriva politica "improvvisa" del franchise. Nel caso specifico della miniserie ha suscitato disappunto l'attenzione prestata a figure come Isaiah Bradley (il primo Captain America afroamericano, ignorato e/o maltrattato dal governo dopo aver portato a termine la propria missione) e Sam Wilson, che nell'episodio finale diventa l'erede ufficiale di Steve Rogers, dopo aver inizialmente esitato proprio perché temeva di fare la fine di Bradley, rigettato da quella stessa nazione che aveva accettato di simboleggiare. Ecco, questo elemento non è andato giù a chi vorrebbe che i film e le serie Marvel fossero esclusivamente a base di azione e ironia, dando la colpa all'epoca troppo "politicamente corretta" in cui viviamo ora. A questo punto sorge spontanea la domanda, che vale per la Marvel ma anche per altri franchise: siamo sicuri che i sedicenti fan che scrivono queste cose sui social abbiano mai veramente capito cosa stessero leggendo/guardando?

Un Capitano di nome America

Avengers: Infinity War, Chris Evans in una scena del film
Avengers: Infinity War, Chris Evans in una scena del film

Partiamo dalla prima, inevitabile considerazione: come si fa a pretendere che venga eliminata la componente politica da una sottocategoria del franchise Marvel che è quella di Captain America, personaggio che già solo per il nome ha una certa connotazione? Un personaggio nato come strumento di propaganda, creato da due autori ebrei, Joe Simon e Jack Kirby, per fare a botte con Hitler quando gli USA non erano ancora ufficialmente entrati in guerra (il primo numero delle avventure di Steve Rogers fu dato alle stampe nella primavera del 1941, mesi prima dell'attacco a Pearl Harbor). Un personaggio che, per espresso volere dei suoi creatori, era l'incarnazione fisica perfetta dell'ideale ariano, ma l'esatto contrario a livello ideologico. Un personaggio che, nei fumetti al cinema, è sempre stato inscindibile dalla politica, in quanto chiamato a rappresentare un governo nel quale non sempre riesce a credere (nell'universo cartaceo, tanto per dirne una, si dimise per la prima volta dopo lo scandalo Watergate).

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Black Panther: Chadwick Boseman in una foto del film
Black Panther: Chadwick Boseman in una foto del film

Come si può, quindi, chiedere che non ci sia contenuto politico nelle sue avventure, quando è presente da sempre, anche nella versione cinematografica? La cosa perplime maggiormente quando a fare affermazioni simili sono persone che dicono di essere fan da una vita, e di essere delusi dalla deriva "politicamente corretta" della Casa delle Idee, che si tratti di Captain Marvel (la cui figura centrale era un'icona femminista già cinque decenni fa) o di Black Panther (il cui protagonista, nelle sue prime apparizioni cartacee, faceva a pugni con il Ku Klux Klan). Ma la reazione più paradossale è stata quella all'accordo Disney-Fox, in base al quale gli X-Men saranno ora parte del Marvel Cinematic Universe. Al di là di considerazioni idiote del tipo "Uffa, Wolverine non potrà più fumare" (cosa che nei fumetti è in vigore dal 2001, prima che la Disney acquistasse la casa editrice), il commento più gettonato è stato questo: "Adesso i film sui mutanti saranno pieni di baggianate sui pari diritti e sulla giustizia sociale". Viene spontaneo rispondere: perché, fino al 2017 di cosa parlavano, considerando che il villain principale è sopravvissuto ad Auschwitz e il regista del primo film affermava di riconoscersi nei personaggi in quanto ebreo e apertamente bisessuale?

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Non solo Marvel

Guerre stellari: una scena con David Prowse
Guerre stellari: una scena con David Prowse

Questa memoria selettiva (che in alcuni casi cela toni neanche tanto velatamente bigotti) non si applica solo alla Casa delle Idee, ma anche ad altri grandi franchise. Basti pensare alla recente terza trilogia di Star Wars, accusata di essere troppo militante nonostante lo stesso George Lucas abbia più volte ricordato che i primi tre film si basavano sulla guerra in Vietnam, omaggiando anche Taxi Driver dell'amico Martin Scorsese (il nome dell'Imperatore, Palpatine, deriva da Palatine, il politico con cui interagisce Travis Bickle). E in caso la natura totalitaria dell'Impero fosse stata troppo sottile, il creatore della saga sottolineò la casa tramite gli Stormtrooper, il cui nome non fu scelto a caso. E poi c'è l'altro grande franchise cosmico: nel 2017 sedicenti fan si lamentarono del politicamente corretto perché la protagonista di Star Trek: Discovery è una donna, per giunta afroamericana (evidentemente avevano dimenticato l'esistenza di Star Trek - Deep Space Nine e Star Trek Voyager), e più recentemente c'è chi si è chiesto se fosse necessario trasformare Star Trek: Picard in un pistolotto sui diritti dei rifugiati, nonostante argomenti simili abbiano sempre fatto parte del franchise. Basti pensare alla scelta, all'epoca radicale, di avere nell'equipaggio originale personaggi afroamericani, asiatici e russi, simboleggiando l'utopia pacifica in cui credeva Gene Roddenberry.

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Chris Evans in tenuta da battaglia in Captain America: il primo vendicatore
Chris Evans in tenuta da battaglia in Captain America: il primo vendicatore

A questi fan con la memoria corta viene voglia di rispondere così: no, non sono questi franchise a essere cambiati, siete voi che adesso, a seconda di quando avete cominciato a seguirli, siete in grado di coglierne tutte le sfumature. E se trovate fuori luogo che Picard si batta per i diritti di tutti, quando trent'anni fa lo stesso Patrick Stewart chiese che si facesse un episodio sul tema spinoso della tortura, o che nei film degli X-Men o nella miniserie su Falcon e Winter Soldier si parli di discriminazione, un argomento che fa parte delle storie su quei personaggi da diversi decenni, c'è da chiedersi se avete mai veramente capito o apprezzato ciò che vedevate. Perché è utile ribadirlo: non ha senso pretendere che nell'universo di Captain America si accantoni il discorso politico, snaturando del tutto il personaggio e le sue varie incarnazioni, quando la primissima immagine che abbiamo avuto di lui era la copertina in cui stendeva Adolf Hitler con un bel gancio destro. Da allora sono passati ottant'anni, ma a leggere certi commenti verrebbe da pensare che quel momento sia una creazione dell'ultimo decennio, per stare al passo coi tempi. Tempi che, purtroppo, non sono tanto diversi da quando Simon e Kirby decisero di mandare a quel paese, a modo loro, il leader del Terzo Reich.

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