Con il tempo necessario dovuto all'uscita settimanale degli episodi, anche la seconda stagione di The Boys si è conclusa. E l'ha fatto con un episodio davvero memorabile (qui trovate la nostra recensione senza spoiler) capace di chiudere al meglio tutte le tematiche principali che si sono sviluppate nell'arco degli otto episodi e lasciando, ovviamente, qualche spiraglio in attesa della terza stagione già confermata. Un finale che, comunque, ha l'aria della fine di un ciclo narrativo e dove i nostri protagonisti sembrano aver raggiunto un nuovo punto di partenza, un nuovo status quo. Certo, già possiamo immaginare la durata esigua di questa calma apparente (d'altronde chi può fermare il nostro caro Billy Butcher?), ma la sensazione generale è che gran parte delle linee narrative che accompagnavano questa nuova serie dei record, vera e proprio gallina dalle uova d'oro di Prime Video, siano giunte alla loro naturale conclusione. E nel frattempo, The Boys si è dimostrata molto attenta non solo all'approfondimento psicologico dei personaggi (questa volta concentrandosi anche sui Super e non solo sui nostri Boys), ma anche su tutto il mondo in cui vivono i personaggi dell'opera. Perché crediamo fermamente in tutto quello che succede? Perché questa serie merita tutto il nostro entusiasmo e il suo successo? Ve lo diciamo subito in questa nostra spiegazione del finale di The Boys 2: il tempo di invitarvi a mettervi comodi con un bel bicchiere di Fresca e di ricordarvi di proseguire la lettura solo se avete già visto il finale di stagione e non temete gli spoiler.
Cosa è successo nel finale
È arrivata la resa dei conti tra i ragazzacci di Billy Butcher e la Vought International. Dopo gli eventi "esplosivi" che hanno concluso il settimo episodio, Hughie e Annie riescono, con l'aiuto di A-Train deciso a ritornare nei Sette, a leakare e divulgare i segreti del passato nazista di Stormfront. Nel frattempo, Billy cerca di salvare Becca e Ryan, il figlio di Patriota, e chiudere una volta per tutte questa storia che lo tormenta. Non andrà come pianificato e assisteremo, dopo uno scontro violentissimo (ma, ammettiamolo, davvero molto gratificante quando Annie, Kimiko e Maeve pestano brutalmente Stormfront) a una serie di morti eccellenti. Muore Stormfront, per mano di Ryan che usa così i suoi poteri ereditati dal padre, ma muore anche Becca lasciando ormai Billy totalmente solo e ancora dilaniato dall'odio verso i Super. Patriota, dal canto suo, dovrà cedere ai ricatti di Maeve che è intenzionata a divulgare un video che inchioderebbe definitivamente il supereroe simbolo dei Sette. Gli altri Boys, scagionati da ogni accusa, potranno finalmente cominciare una nuova vita: tra chi torna dalla propria famiglia (LM), chi ne trova una nuova (Frenchie e Kimiko) e chi vuole ricominciare da zero (Annie e Hughie). Proprio Hughie troverà lavoro alle dipendenze della governatrice Neuman che scopriremo, in un ultimo colpo di scena finale, essere una Super. È lei che fa esplodere le teste con la forza psichica e, molto probabilmente, sarà lei il nuovo villain della terza stagione.
Non solo una parodia
Sarebbe troppo facile etichettare The Boys come una parodia dei supereroi e del loro successo mediale dell'ultimo decennio. Certo, quando arrivò la prima stagione la sensazione fu quella di trovarsi di fronte a un prodotto seriale che capovolgeva gli stilemi del film supereroistico, dava voce a quanti chiedevano qualcosa di nuovo e diverso dal genere e soddisfaceva chi dei supereroi proprio non ne poteva più. D'altronde, anche in questa seconda stagione, la presa in giro dei supereroi e dell'industria cinematografica - o televisiva - che li "sfrutta" e li "usa" (non usiamo questi termini a caso) è stata parecchio dominante: pensiamo al film L'alba dei Sette che dal logo, dal titolo (in originale "Dawn of the Seven"), dal look visivo e dai problemi produttivi (vero, Joss?) ricorda molto i film DC di Zack Snyder, ma anche la maniera in cui ogni supereroe presente nella serie sia il corrispettivo di celebri personaggi, sia Marvel che DC. Ma appunto, sarebbe troppo semplice relegare il tutto a semplice presa in giro, perché The Boys utilizza proprio i supereroi per parlare del nostro presente. E lo fa con un'acidità, una schiettezza e una cattiveria di fondo che ha pochi eguali. Fa ridere, certo, ma in mezzo alle risate e alle esplosioni splatter, tra film porno e balene sventrate, The Boys affronta la politica, il senso del potere, l'estremizzazione del pensiero collettivo, la forza dei mass media sui cittadini e le stesse problematiche che stanno affliggendo questo periodo storico. Non è un caso, infatti, che dalle dichiarazioni dello showrunner Eric Kripke veniamo a sapere che la terza stagione affronterà il tema del Covid. Più che una necessità produttiva sembra proprio un'ennesima conferma dell'attualità e della contemporaneità come elementi indispensabili alla riuscita della serie. È proprio per questo che non è la solita serie sui supereroi.
Superuomo, oltreuomo
Il supereroe: molto più di un uomo, più potente, più forte, più eroico. Figura mitologica, modello da seguire, quasi una divinità. È per questo che i Super sono amati nel mondo di The Boys, che poi è un po' anche il nostro mondo. Ed è su questo che la Vought International crea le sue fortune: creando un racconto adatto al momento, usando quel mito così primordiale come motore economico, costruendo un impero culturale seguendo il gusto del pubblico. I Sette sono (o dovrebbero essere, solo a noi spettatori è concesso guardare oltre l'apparenza) i valori dell'America, non a caso Patriota ne porta i colori, la bandiera e il nome. Alto, muscoloso, biondo, occhi chiari, divo e divino, a poco a poco Patriota diventa, però, immagine di un altro tipo di superuomo: l'oltreuomo nietzschiano che in epoca nazista veniva erroneamente considerato superiore per razza rispetto agli altri uomini. Desideroso di essere costantemente amato, ben voluto, Patriota fa coppia con la nuova supereroina dei Sette, Stormfront, che invece di quelle idee naziste se ne fa senza problemi portavoce. Razzista, violenta, falsa, capace di usare i social per stimolare idee e pensieri perversi e nocivi, ma che in qualche modo viene giustificata proprio per l'essere compagna a fianco di Patriota. Ci va giù pesante la seconda stagione di The Boys e i richiami all'amministrazione Trump non sono per niente velati. Ma, anche andando oltre i confini nazionali americani, Stormfront raffigura in un'opera di finzione tutta la deriva di estrema destra che ha colpito la politica mondiale negli ultimi tempi. Ne mostra la vera faccia, non ha paura di definirne i principi in cui crede con il loro vero nome ("nazisti") e l'impatto che questi hanno sulla gente una volta che vengono sprigionati attraverso i social parlando alla pancia del popolo (fate caso a quanta importanza viene data ai meme, ai post, al modo in cui sono scritti, alle immagini, alle notizie). Il vero fallimento dei supereroi non è il Composto-V come nella prima stagione, la droga che permette alle persone comuni di mutare e avere dei superpoteri (per quanto si voglia sottolineare in questo modo che i poteri sono mutazioni, abomini, risultati contro natura), ma il pensiero rancoroso, l'odio razziale, l'agire incredibilmente egocentrico e per fini personali ed economici che muove ciò che, sulla carta, dovrebbe essere mitologico. Il ritratto di Patriota è il ritratto della stessa America.
The Boys, Patriota: il volto oscuro dell'America
Il social plasma il sociale
Parlare alla gente, essere un modello da seguire. Ma cosa succede quando si è costantemente bombardati da messaggi rapidi, da notizie che cercano di assomigliare sempre più a uno scoop, da voci che si rincorrono che dicono tutto e, subito dopo, il contrario di tutto? Non è un personaggio ben visibile e principale, ma l'attenzione che la serie pone sulla gente comune, su quelle persone normali che vivono insieme ai Super e che si cibano della loro immagine è uno spaccato amarissimo di come funziona la nostra società. Ci avete fatto caso? Nel corso degli otto episodi di questa seconda stagione, i social sono riusciti a influenzare il popolo in base al momento: ci si scandalizza dopo aver scoperto la verità del Composto-V e poi lo si dimentica in fretta, prima Patriota viene criticato, poi torna a essere amato. La rabbia per qualcosa fa spazio per l'indignazione verso qualcos'altro. Il tutto sempre improvvisamente, con decisione, fino a plasmare completamente la mente delle persone che si ritrovano giustificate ad agire come non sarebbero mai riuscite. Pensiamo al prologo della settima puntata in cui la routine di un incel composta da tappe fisse e un costante "lavaggio del cervello" da parte dei supereroi lo spinge a uccidere a sangue freddo una persona di colore. Ma pensiamo anche a come la popolarità di un supereroe si misura attraverso gli hashtag e il modo in cui se ne parla tra le diverse fasce d'età e a come il suo comportamento varia in base ai punti che deve recuperare. Sono i social i veri motori: i supereroi sono solo un ennesimo tassello umano contro il vero dio (ex machina) degli algoritmi. È tramite i social che Maeve è costretta a distorcere una normale storia d'amore in un "orgoglioso coming out" su cui ci faranno panini da fast food a riguardo. Sono i tweet, le immagini e il loro impatto immediato che formano la società. Siamo così affascinati dal mondo di The Boys, perché è anche il nostro.
Da un estremo all'altro
In un mondo così dominato dalla velocità è innegabile che siano le sfumature a essere sacrificate. O bianco o nero, senza vie di mezzo, un pensiero estremo che colpisce anche il lato dei "buoni". Billy Butcher vive di assoluti: i supereroi sono tutti malvagi, nessuna possibilità di redenzione, nessun ripensamento. Se non cerca di ucciderli è solo perché in quel momento ancora li possono tornare utili. Il tutto per una vendetta personale che continuerà a non essere risolta, ma anzi si complicherà sempre di più. E la stessa cosa succede ad Abisso, che si allontana dalla Vought e trova una nuova casa nella Chiesa della Collettività (che ricorda parecchio Scientology), ma che, al di là delle apparenze, è la stessa cosa. Non c'è spazio per le vie di mezzo, in The Boys: nel modo di comportarsi con gli altri, nel modo di affrontare il lavoro (Ashley che è incapace a provare empatia, divorata da ciò che deve fare e dal pensiero aziendale), nel modo di reagire. Proprio in questa mancanza di sfumature, nel reagire da un estremo all'altro (lo fa anche il popolo in base alle notizie su cui si informano), paradossalmente si crea la più affascinante sfumatura della serie. Quanto ancora possiamo "tifare" per Bill, soprattutto ora che sua moglie è morta? Il rischio che, nel suo personale rancore, il personaggio non riesca più a distinguersi dai Super che tanto odia è elevato. Mentre gli altri componenti del gruppo cercano di costruirsi un nuovo inizio a missione compiuta, il solitario Butcher sembra non aver ancora concluso la sua opera.
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Il futuro è delle nuove generazioni
È Ryan che, proprio dopo aver imparato l'odio e la paura, dà dimostrazione per la prima volta dei suoi superpoteri bruciando, con gli stessi laser dagli occhi di Patriota, Stormfront, l'incarnazione dei vecchi mali che ciclicamente si ripetono nel corso della storia (e infatti è l'unico supereroe che sembra vincere la vecchiaia, a simboleggiare come le idee razziste e suprematiste tornano, con nomi diversi - Liberty - nel corso del tempo). Il fatto che sia proprio l'erede di Patriota, il bambino che fino a quel momento ha vissuto distante dal mondo esterno, di cui ancora non comprende benissimo i meccanismi economici, politici e sociali, a uccidere il villain è un segnale della forza sopita delle nuove generazioni, capaci di dare una svolta e cambiare il futuro. Rompere lo schema, anche in questo caso per una forza emotiva, e cambiare l'ordine delle cose è facile. Lo fa spesso Patriota, per esempio: quando la situazione gli sfugge di mano o non va come aveva previsto è pronto a reagire d'impulso, distruggendo furiosamente e uccidendo freddamente. In questo, Patriota non è diverso da un bambino (e ha la stessa passione per il latte materno). Ciò che gli manca, rispetto a Ryan, è però l'innocenza e l'umiltà. Patriota sa che può fare tutto quello che vuole, è conscio del suo potere, si sente un dio (la sua scena finale di questo episodio è indicativa) e come tale è destinato a cadere. Perché, anche se al momento le nuove generazioni sono costrette a nascondersi e a crescere nell'ombra - non sappiamo dove Ryan verrà portato né se il corso della sua vita lo porterà a diventare più simile a suo padre che a sua madre -, è indubbio che dentro di loro si nasconda un grande potere capace di distruggere in un attimo tutta l'erba cattiva delle generazioni precedenti.