Ha vinto un premio Oscar come miglior attrice non protagonista per un film epocale come Boyhood e ha dato prova di non temere la narrazione televisiva eccellendo nella miniserie Escape At Dannemora, ora Patricia Arquette continua a dimostrare il suo talento anche nell'ultimo lavoro, la serie TV distribuita da Hulu: The Act, disponibile in Italia su StarzPlay.
Al Filming Italy Sardegna Festival dove è stata ospite, l'attrice ha ricevuto il Filming Italy TV Award e si è concessa ad un lungo incontro dove, partendo da The Act, ha attraversato parte della sua carriera e vita privata, dal lavoro con David Lynch fino al dopo #Metoo, per parlare poi dei suoi progetti futuri tra beneficenza e aspirazioni da regista.
The Act: una serie ispirata ad una storia vera
The Act si ispira ad una storia vera, la cui eco è arrivata anche nel nostro paese e lascia increduli: Dee Dee Blanchard ha fatto credere per anni a sua figlia di essere affetta da distrofia muscolare e innumerevoli altre malattie e allergie, facendole violenza psicologica e anche fisica, costringendola a letto per mesi. La giovane Gipsy Blanchard (nella serie interpretata da Joey King), che ora ha 27 anni, resasi conto dell'inganno, ha ucciso la madre nel giugno 2015 e sta scontando una pena detentiva di 10 anni.
Dell'interpretare questa madre controversa, affetta dalla Sindrome di Munchausen per procura (in cui la figura di accudimento, madre o padre, arreca un danno fisico al figlio/a per attirare l'attenzione su di sé), Patricia Arquette dice: "Conoscevo la sindrome di Munchausen ma non conoscevo questa storia nello specifico. Ho detto ai miei figli che stavo pensando di fare questo questa serie e loro sapevano già tutto della storia e mi hanno detto: 'no mamma non lo fare non interpretare quel ruolo'". La Arquette sottolinea poi la difficoltà incontrata nel "capire" Dee Dee Blanchard: " Ho cercato di capire cosa motivava questa donna ad essere così. Ho capito che era affetta da una combinazione di co-dipendenze, uno degli aspetti più negativi della codipendenza è che devi provare al mondo che hai dei valori. Non è abbastanza per te essere te stessa, devi aiutare tutti così che tu possa avere un'identità". Su Dee Dee Blanchard e sul suo modo di manipolare gli altri, non solo la figlia, la premio Oscar aggiunge: "Io penso anche che avesse ansia da separazione, una delle cose che la terrorizzava di più era essere abbandonata dalla figlia e rimanere sola. Penso che a volte pensasse addirittura di essere più intelligente dei medici che curavano la figlia così lei provava anche a manipolare i dottori per provare loro che si stavano sbagliando"
Nel corso della serie, vedremo Patricia Arquette trasformarsi fisicamente per rappresentare i vari momenti del percorso di questa donna durante tutta l'infanzia e l'adolescenza della figlia: "Ci sono tre fasi differenti della vita di questa donna e quindi tre fasi di trucco, parrucco e costumi differenti" chiarisce Patricia Arquette e prosegue: "nella seconda fase ho pensato che avesse sempre freddo, nella terza fase invece aveva il diabete quindi mentre nella seconda indossavo anche delle magliette sotto i vestiti, nell'ultima addirittura avevo degli indumenti legati a delle caviglie per ingrossare delle parti del corpo"
David Lynch e Richard Linklater
La carriera di Patricia Arquette è costellata di grandi ruoli e collaborazioni con registi luminari e visionari per il loro impatto sulla cinematografia mondiale. Due di questi sono Richard Linklater al quale dobbiamo quel riuscitissimo esperimento di Boyhood, film girato in 12 anni e David Lynch con il quale l'attrice ha girato Strade Perdute nel 1997. Di Richard Linklater e Boyhood - grazie al quale ha vinto l'Oscar e che è considerato uno spartiacque nella carriera dell'attrice - Patricia Arquette racconta: "Quando Richard mi chiamò e mi chiese se volevo partecipare ad un film per cui avremmo girato per una settimana ogni anno per dodici anni, dissi immediatamente di sì, lo volevo fare!".
È la libertà creativa nel dirigere i suoi attori che invece l'attrice sottolinea di più di David Lynch: "David Lynch è diverso dagli altri, è fuori dal comune, da una parte è un regista molto strutturato sul modo in cui le cose devono apparire, dai costumi al suono, ma dall'altro lato invece è estremamente aperto" racconta del set Patricia Arquette. Fece una domanda in particolare al regista di Twin Peaks: "Ad un certo punto gli chiesi: che personaggio sto interpretando, sono una persona, sono due? Sono un fantasma, un'allucinazione? Lui mi rispose: 'mah, non lo so, che ne pensi tu?'. Ecco, questo per farvi capire la grande libertà che ci dava".
Pari opportunità ed equità di salario
Al ricevere l'Oscar nel 2015 per Boyhood, Patricia Arquette fece un discorso molto coraggioso che invitava l'industria a rimediare alla disparità di trattamento economico tra attori e attrici, ben due anni prima che scoppiasse la bomba Harvey Weinstein, la lotta contro le molestie e gli abusi ad Hollywood e il movimento Time's Up per le pari opportunità e l'equità di salario. A quattro anni da quel discorso, in che situazione siamo? Risponde prontamente l'attrice: "Sicuramente dopo il mio discorso qualcosa è cambiato e questo mi ha aiutato, ma da quando è arrivato Trump non è successo più nulla. Penso che non esista nessun paese al mondo in cui c'è parità di salario tra uomini e donne, ma in America dove conosco le statistiche abbiamo milioni di mamme single che vivono in povertà. Se invece le donne venissero pagate allo stesso modo degli uomini metà della fame e della povertà in America verrebbe eliminata."
Il Training anti-molestie post #Metoo
Sui risultati del dopo #Metoo Patricia Arquette da una notizia curiosa e sorprendente:"Mia sorella è stata una delle prime a parlare a denunciare e quest'anno, per la prima volta in tutta la mia carriera, hanno fatto addirittura un training rispetto all'educazione e alla violenza sessuale a tutti, attori e produttori compresi". Sembra che un training fosse già previsto da anni ma i movimenti e le denunce hanno fatto in modo che fossero coinvolti anche "i piani alti" dell'industria cinematografica: "Le compagnie cinematografiche fanno questi training perché hanno paura di essere citati in giudizio. Per stare sicuri organizzano queste sessioni per favorire un ambiente civile". Cosa manca per raggiungere veramente dei risultati soddisfacenti? Per Patricia Arquette la partecipazione degli uomini è la chiave di tutto: "Quello che manca sono gli uomini che supportano le donne e scientificamente si sa che quando gli uomini supportano le donne ai cambiamenti si arriva 10 volte più velocemente".
Un libro di memorie
Patricia Arquette è un'attrice che è riuscita a rinnovarsi sempre. Dal cinema è approdata alla TV dove per anni è stata seguitissima in Medium. Dopo aver vinto un Oscar poi è passata velocemente a ruoli più impegnati in TV in miniserie come Escape at Dannemora arrivando anche all'esperienza di doppiaggio in Toy Story 4. L'attrice descrive le prossime sfide artistiche che si prepara ad affrontare: "In questo momento sto scrivendo un libro di memorie che è difficilissimo, ho già scritto una bozza dell'incipit ma il capitolo più duro è quello che riguarda la morte di mia sorella Alexis. Probabilmente avrò due film da dirigere come regista e visto che amo molto i bambini e faccio molta beneficenza sto pensando di iniziare un'attività di produzione di vestiti e giocattoli e dare i proventi in beneficenza".
Nel ricordo di Luke Perry e Alexis Arquette
Fatto il nome di Alexis Arquette, Patricia Arquette racconta la battaglia di sua sorella Alexis, nata Robert, attrice trans che è diventata un simbolo per il movimento LGBTQ+: "Alexis è stato un simbolo nel movimento Lgbt e transgender, era un grande attore e ha avuto una bella carriera ma la scelta che ha fatto di vivere la verità è stata così coraggiosa. Lei era consapevole di aver fatto questa scelta prima che il mondo fosse pronto ad accoglierla ma anche che probabilmente ci voleva qualcuno che operasse questo cambiamento in prima persona, e ne ha pagato il prezzo"
All'epoca della sua transizione, Alexis subì forti discriminazioni anche per via della sua fraterna amicizia con l'attore Luke Perry, recentemente scomparso:"Lei all'improvviso non ha potuto più lavorare. Uno dei suoi amici più cari era Luke Perry, un uomo che rappresentava il tipico cowboy americano, sensibile ma mascolino. In quel periodo incominciarono a scrivere che tra i due c'era una storia e Luke non sostenne mai che non era vero. 'Se io sostengo il contrario', disse, 'affermerei che sono contro gli omosessuali'. Era un uomo molto buono e sensibile".
I ruoli più importanti dopo i 50 anni
Guardando la filmografia della Arquette è inevitabile non notare che i ruoli più significativi della sua carriera li ha ottenuti una volta passati i 50 anni. Sul perché l'attrice da la sua spiegazione: "Una decina di anni fa in America sono nate decine di nuovi canali però programmavano tutti le stesse cose. Mi sono detta che prima o poi avrebbero dovuto creare contenuti originali o la gente avrebbe disdetto l'abbonamento alla pay TV. C'è voluto un bel po' di tempo per iniziare a creare dei contenuti di valore, ma adesso finalmente hanno iniziato e ci sono molte più opportunità per noi attori."