Grindhouse rappresenta tutt'ora opportunità cinematografiche interessanti. Al di là del flop dei film di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez del 2007, ideati ragionando sul "doppio spettacolo" delle pellicole a basso costo degli anni '70, il progetto ha profondamente attecchito nel cuore degli autori di genere, che più volte si sono ispirati a Grindhouse per sviluppare lungometraggi del tutto particolari, specie guardando ai fake trailer prima del double feature.
Da quei falsi footage di film inventati di sana pianta sono stati infatti sviluppati i due Machete diretti da Rodriguez e il meno conosciuto (forse perché mai distribuito in Italia) Hobo with a Shotgun con Rutger Hauer. A distanza di 16 anni dall'uscita di Grindhouse, però, un altro fake trailer di Grindhouse è sbocciato in un intrigante lungometraggio con questo Thanksgiving di Eli Roth di cui vi parliamo in questa recensione, amico e collega di Tarantino proprio dai tempi di A prova di morte. Come Rodriguez per Machete e Jason Eisner per Hobo, è Roth a prendere in mano le redini dell'adattamento in quanto autore del fake trailer originale, il che dona al prodotto un certo romanticismo di genere nonché visione e audace personalità. Ma come tutti i film nati da Grindhouse, anche Thanksgiving soffre di problemi strutturali che ne inficiano divertimento, concezione e risultato.
Il giorno del grazie
L'usanza ha ormai preso piede da anni in tutto il mondo grazie alla globalizzazione, ma il Black Friday negli Stati Uniti d'America resta una follia capitalista senza eguali. Se negli altri paesi i super sconti delle grandi aziende invogliano le persone a spese non preventivate, negli States è diverso. Il Black Friday è un evento da vivere in prima persona scendendo direttamente in campo, appostandosi davanti ai negozi pronti ad aprire alla mezzanotte del venerdì post-Ringraziamento per accaparrarsi inutili oggetti a prezzi stracciati "solo per i primi 200 clienti".
Televisori, piastre per capelli, pentole, auricolari, telecamere: nominate una cosa a piacimento e la troverete senza dubbio tagliata dell'70% per un centinaio di "fortunati" avventori nel giorno del Black Friday, chiamato "venerdì nero" per una ragione. Il paradosso è che arriva letteralmente il giorno dopo il Ringraziamento, tra le festività più sentite tra gli americani in quanto celebrazione di unione e abbondanza, momento sociale essenziale per ricordare anche i nativi americani e il sacrificio dei primi coloni pellegrini. Non è un caso che il film di Eli Roth si svolga a Playmouth, nel Massachusetts, nota per essere la città del primo banchetto del Ringraziamento.
Il Thanksgiving è molto sentito tra gli abitanti, ma nella mezzanotte del Black Friday accade una tragedia irreparabile nel mega store cittadino: una folla imbestialita di fomentati acquirenti si abbatte come uno tsunami sulle porte del negozio, distruggendo e saccheggiando, calpestando e uccidendo diverse persone senza nemmeno rendersi conto della gravità dei fatti. L'assalto viene ripreso per intero da Evan, adolescente amico della figlia del proprietario dello store, Jessica, entrata di straforo con altri compagni nel negozio e causa del fomento degli avventori in fila da ore.
A nulla serve l'intervento dello sceriffo interpretato da Patrick Dempsey (unico nome altisonante della produzione): il venerdì nero miete decine di vittime. Un anno dopo la tragedia, Playmouth deve fare i conti con l'eventualità che il dramma possa ripetersi, anche se le cose prendono una china molto più grave a causa di un misterioso killer che sembra uccidere delle vittime ben designate. Indossa la maschera di John Carver, uno dei primi pellegrini, sfrutta i social network con intenti terroristici e massacra i malcapitati con un'accetta. Le sue azioni appaiono correlate alla tragedia dell'anno precedente, un modo del tutto sadico e disfunzionale di "rendere grazie" a quel doloroso evento. Ma chi è John Carver? Quali sono le sue vere intenzioni?
Contrappasso
L'intero tessuto narrativo di Thanksigiving ruota intorno al mistero circa la reale identità di John Carver. Non c'è davvero altro se non questa intrigante caccia al colpevole che si esaurisce però troppo in fretta per un occhio allenato e per un cinefilo che ha già passato in rassegna horror e thriller di ogni categoria, dalla serie C al campionato hollywoodiano. C'è poco da fare: la struttura di questa real trasposition del fake trailer di Grindhouse non è particolarmente elaborata e prova a giocare facile con i dettami più classici e convenzionali dello slasher. E infatti si guarda intorno - furbamente - a 360 gradi, tirando in ballo soprattutto le invenzioni craveriane di Screm ma citando anche Non aprite quella porta, non prima di sfruttare l'elemento più moderno e pop "della maschera simbolo" come quella di Guy Fawkes in V per Vendetta o di Salvador Dalì ne La casa di carta. Il senso è il contrappasso insito nella natura stessa del volto indossato, e in questo senso la concezione degli omicidi e del significato insito nelle azioni di Carver sono sinceramente appaganti e centrate.
La cura delle morti ha un gusto old fashioned votato all'artigianale, a sangue finto e protesi, a volte addirittura evidenti a richiamare l'horror anni '70 tra commerciale ed exploitation, gore in modo gustoso e divertente. Ci fossero state idee registiche più virtuose e una direzione degli interpreti più riuscita, Thanksgiving sarebbe potuto essere persino uno dei migliori titoli di genere dell'anno. Si accontenta invece di una sufficiente misura per intrattenere dove emerge comunque una riflessione critica sulla deriva del Sogno Americano (se non addirittura sulla sua scomparsa) e sulla distruzione attiva del senso stesso del Giorno del Ringraziamento, tanto che secondo la visione di Roth è direttamente il passato a vendicarsi del presente.
Conclusioni
Eli Roth torna al suo cinema ideale con uno slasher derivativo e convenzionale ma non per questo meno divertente e centrato. Rispetta tutti i tropi del genere e si guarda intorno a 360 gradi con fare citazionista tra cult commerciali e autoriali, ispirato e guidato dal suo stesso fake trailer in quell'esperimento non proprio riuscito che era Grindhouse. In fase traspositiva ri-elabora e va sul sicuro, confezionando in conclusione un titolo che intrattiene con gusto artigianale e appaganti sequenze gore.
Perché ci piace
- C'è concetto e visione dietro la creazione di John Carver.
- La critica diretta e in sottotesto alla ferocia del capitalismo.
- Le uccisioni: inventive e sanguinose.
Cosa non va
- La regia di Roth non è tra le più ispirate.
- L'intera struttura narrativa di esaurisce velocemente.
- Le interpretazioni del cast.