Occhi intelligenti, sorriso sempre pronto, codino e camicie dalle fantasie improbabili: Terry Gilliam è rimasto fedele a se stesso e alla sua arte, tanto da inseguire un sogno per quasi trent'anni. Finalmente, dopo imprevisti di ogni tipo, il suo L'uomo che uccise Don Chisciotte è arrivato al cinema, dal 27 settembre in Italia. Presentato fuori concorso all'ultimo Festival di Cannes, nel bel mezzo di una battaglia legale e mediatica con il produttore Paulo Branco, il Don Chisciotte di Gilliam ha preso forma, anche se molto diversa da quella originale.
In L'uomo che uccise Don Chisciotte, considerato tra i film maledetti di Hollywood, a causa degli innumerevoli, fantasiosi, improbabili ostacoli che ne hanno rallentato la produzione per più di vent'anni, Adam Driver (che ha preso il posto in origine pensato per Johnny Depp ed Ewan McGregor) interpreta Toby, regista che, come esame di diploma, ha realizzato un film basato sul romanzo Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes, ma poi si è fatto sedurre dai guadagni facili degli spot pubblicitari, calpestando il proprio talento e ignorando le conseguenze che la sua pellicola ha avuto sulle vite degli abitanti del piccolo villaggio spagnolo in cui ha girato.
Ormai disincantato, Toby si trova a dover riesaminare tutta la sua vita: difficile non cogliere diversi elementi autobiografici e, faccia a faccia con Terry Gilliam, arrivato a Roma per presentare il suo Don Chisciotte, il regista ha confermato i nostri sospetti: "Non credo più in nulla: dico cose. Non riesco più a capire cosa sia reale, cosa no, cosa si dovrebbe fare. Quello che faccio di solito è cominciare un progetto, dargli forma, e, fino a che il progetto va avanti, la vita mi sembra avere senso. Poi il film esce e mi rendo conto che mi sbagliavo, quindi comincio di nuovo. Non ho più risposte per nulla ormai. Faccio solo quello che sono in grado di fare e, per quanto riguarda i film, realizzare quello che vuoi fare è molto difficile, perché costano un sacco di soldi! Quindi impari a trovare un modo".
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L'Apocalisse è vicina: parola di Terry Gilliam
Per un regista che, fin dai tempi delle animazioni con i Monthy Python, ha raccontato il mondo e le sue contraddizioni attraverso immagini che sembrano provenire da un altro pianeta, pensare all'Apocalisse è facile: "Non so come affrontare l'Apocalisse, ma sta arrivando: sono preoccupato per quello che sta accadendo al pianeta" ci ha detto, proseguendo: "La vera Apocalisse potrebbe essere l'innalzamento del livello degli oceani, l'aumento della temperatura, l'uccisione di questa bella sfera. In passato ero più apocalittico, poi ho smesso di pensarci, ma sono convinto che ci siamo molto più vicini di quanto non si creda. Potremmo divertirci fino a quel momento, ma dovremmo farlo meglio: dovremmo sbarazzarci della plastica, usare meno le macchine. Il problema è che tutti vogliono vivere bene fino al collasso generale: questo non fa che velocizzare il collasso. Credo che dovremmo prenderci cura di questo mondo che ci è stato donato".
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L'umorismo è un dio che non prende nulla sul serio
Nonostante dica di non credere più a nulla, c'è almeno un dio che Gilliam continua a venerare, quello dell'ironia: "Tutti cercano di trovare un senso al mondo, tutti credono ci sia un piano, ma quello che accade è molto divertente: è una specie di caos, perché quando ti prendi troppo sul serio, puntualmente succede qualcosa che mina le tue certezze. Credo sia opera del dio dell'ironia: tutto ciò in cui credo un giorno mi viene portato via quello dopo. Credo in quel dio, ma non ascolta le mie preghiere. È questo il problema dell'avere fede nel dio dell'ironia: non prende nulla seriamente".
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La follia è l'unica speranza
Facendo un'iperbole, si potrebbe dire che L'uomo che uccise Don Chisciotte è l'equivalente filmico di Il re in giallo, libro scritto da Robert William Chambers, famoso per rendere pazzo chi lo legge: anche il film di Gilliam in un certo senso è così, perché parla dell'arte come follia che è necessario tramandare. Secondo il regista: "Credo che la follia sia molto importante perché è un modo per fuggire dal mondo che ci viene imposto dai media: siamo circondati da talmente tante informazioni che ci dicono come è il mondo, che dobbiamo fare chiarezza. La follia è un modo per venirne a capo: a volte porta a un disastro completo, non ci sono garanzie, ma sono stanco della visione comune della realtà. Credo che le persone folli siano importanti perché scuotono il mondo, possono aprire orizzonti diversi: a volte hanno ragione, a volte si sbagliano, ma rendono la vita più interessante".
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